oligarchi pronti a sganciarsi: sono le donne a rompere gli indugi

oligarchi pronti a sganciarsi: sono le donne a rompere gli indugi

oligarchi pronti a sganciarsi: sono le donne a rompere gli indugi.

Tra gli oligarchi russi monta il malcontento contro Putin e la guerra voluta dallo “zar 4.0”, sta toccando seriamente i loro interessi economici, ma soprattutto sono i patrimoni ad essere aggrediti ed erosi.

Deripaska e Fridman lo sfidano, e strizzano l’occhio alle proteste di piazza, mentre Roman Abramovich media con Kiev per arrivare al cessate il fuoco.

È Mordashov il primo oligarca colpito dall’Italia Sequestrato ad Imperia il maxi yacht «Lady M» Già congelati beni di lusso per 140 milioni.

L’Europa con le mani legate

Perchè non può intervenire con i militari, punta sulle sanzioni economiche per cercare di fermare Vladimir Putin e la guerra in Ucraina.

Gli oligarchi, inseriti nella black list europea vedono aggredito e non solo dall’europa il loro patrimonio e potrebbero a loro volta rivoltarsi contro il presidente russo.

Al momento, però, quasi tutti tacciono.

Chi non tace sono le figlie dei ricchissimi di Mosca e dintorni. Le chiamano rich kids (o rich girls), si schierano apertamente contro la guerra in Ucraina attraverso i social forti dei milioni di follower precisano che non tutti i Russi sono d’accordo con Putin, molte avvertono sulla pericolosa disinformazione in Russia e si pongono così molto più avanti dei loro stessi padri.

Gli oligarchi sono da tempo attenzionati anche in Italia.

Ad occuparsene proprio oggi è stato il Ministero dell’Economia e delle Finanze che per questo ha riunito il Comitato di Sicurezza Finanziaria. Tenuto conto della pubblicazione

A strettissimo giro è infatti arrivata anche la richiesta della Uif di Bankitalia a banche e operatori finanziari di comunicare «non appena possibile» considerate le difficoltà che si incontrano per notificare atti agli oligarchi le misure di congelamento di fondi e risorse economiche» dei soggetti russi colpiti dalle sanzioni europee.

Il Csf, fondato nel 2001

Presieduto dal Direttore Generale del Tesoro, è composto da rappresentanti del Mef, dell’Interno, della Giustizia, degli Affari Esteri, della Banca d’Italia, della Consob, dell’Isvap, dell’Unità di informazione finanziaria, della GdF, della DiA, dei Carabinieri e della Direzione Nazionale Antimafia.

«Il Comitato – spiega il Mef – ha condotto una ricognizione delle misure di congelamento di fondi, risorse economiche mobili e immobili, sinora adottate nei confronti delle persone ed entità russe individuate nelle liste allegate ai suddetti regolamenti, e degli scambi informativi in corso». Quindi ora: «Il Comitato continuerà a garantire il massimo raccordo delle iniziative e azioni amministrative e investigative necessarie ad assicurare l’efficacia delle sanzioni».

Il rischio per l’Italia

Tutti sanno che gli oligarchi hanno una serie di cittadinanze ciascuno, Malta in particolare per attrarre investitori negli anni ha concretato una vera e propria svendita.

Gli oligarchi con cittadinanza maltese possono decidere di venire a svernare da noi.

La Banca Centrale Russa, intanto, annuncia misure per «supportare il settore finanziario» sotto pressione a causa delle sanzioni.

Oligarchi pronti a sganciarsi: sono le donne a rompere gli indugi.

Guerra Ucraina: oligarchi russi i primi dissociati

Guerra Ucraina: oligarchi russi i primi dissociati

Guerra Ucraina: oligarchi russi i primi dissociati.

Nella serata di lunedì 28 febbraio la Ue ha pubblicato una lista nera contenente i nomi degli uomini d’affari legati strettamente al presidente russo Vladimir Putin.

Si tratta dei famigerati oligarchi, diventati miliardari alla fine degli anni ’90 con le privatizzazioni delle ex aziende di Stato, nei settori delle telecomunicazioni del petrolio, dell’acciaio, delle materie prime, e che poi nel corso degli anni duemila fino ai giorni nostri hanno investito le loro fortune nei mercati occidentali comprando palazzi nelle città, ville nelle località più prestigiose e yacht di dimensioni enormi.

Nelle acque turchesi della Costa Smeralda

La scorsa estate ha fatto capolino proveniente da Gibilterra il “Nord”, nuovo megayacht di 142 metri di Alexei Mordashov, 56 anni, principale azionista del gruppo metallurgico Severstal e titolare di un patrimonio oltre i 25 miliardi di dollari.

Mordashov nel 2013 aveva rilevato dalla famiglia Lucchini le acciaierie di Piombino ma non è riuscito a rilanciarle e dopo un breve periodo le ha lasciate in mano alle banche creditrici.

In quell’anno ha anche acquistato la villa Parodi a Portisco, a sud di Porto Cervo, per 66 milioni, ed è stato accusato di evasione fiscale per 6 milioni.

Mossi dall’intenzione di ostentare ricchezza e acquisire territori, non pochi danni sono stati creati anche nella nostra economia.

Finora questi signori del denaro russo, quasi sempre veicolato attraverso paradisi fiscali ed il sistema bancario di Cipro, avevano giurato fedeltà a Putin, promettendo di assecondare tutte le mosse del presidente in cambio del mantenimento delle loro ricchezze.

Chi non ha obbedito a questo patto occulto

Come Mikhail Khodorkovsky, è stato spogliato delle proprietà e mandato in carcere con accuse false, oppure costretti all’esilio, c’è anche chi ha deciso di suicidarsi.

Mikhail Khodorkovsky nel 2003 era l’uomo più ricco della Russia, con un patrimonio stimato di 15 miliardi. Negli anni ’90 si impadronì delle principali aziende del Paese, specialmente quelle nel campo dell’estrazione delle materie prime, come la Yukos Oil.

Feroce oppositore di Putin, nel 2003 venne arrestato per frode fiscale e scontò dieci anni di carcere. Rilasciato nel 2013, Khodorkovsky lasciò la Russia costretto all’esilio. Attualmente vive a Londra.

Boris Berezovskij invece faceva parte della cerchia di oligarchi che approfittò dell’ondata di privatizzazioni dell’era Eltsin negli anni ’90.

Dopo aver sostenuto economicamente la campagna che portò all’elezione di Putin nel 2000, Berezovskij ne diventò oppositore.

Accusato di frode ed evasione fiscale, lasciò la Russia per la Gran Bretagna, dove fu trovato morto suicida nel 2013 a 67 anni, nello stupore di parenti ed amici i quali lo vedevano in pieno godimento della vita e delle sue fortune.

Qualche incrinatura nel sistema rosso di potere e denaro sembra però manifestarsi.

A supportare l’humus negativo le stime di Forbes, secondo la quale l’invasione dell’Ucraina è costata finora 128 miliardi di dollari solo agli oligarchi russi più ricchi.

I pacchetti di sanzioni finanziarie messi a punto dall’Occidente vanno a colpire i loro interessi economici causando perdite nei loro patrimoni miliardari.

Guerra Ucraina: oligarchi russi i primi dissociati

Ma vediamo chi sono gli uomini d’affari più in vista del Paese.

Negli ultimi giorni due degli oligarchi più vicini a Putin, cioé Mikhail Fridman Oleg Deripaska, hanno espresso opinioni contrarie alla guerra in Ucraina.

  • Mikhail Fridmanha inviato una lettera al suo staff alla sede londinese della sua società di private equity LetterOne. “Non faccio dichiarazioni politiche, sono un uomo d’affari con responsabilità nei confronti delle mie migliaia di dipendenti in Russia e Ucraina. Sono convinto che la guerra non potrà mai essere la risposta.

Vive tra Mosca e Londra. Forbes stima il patrimonio di Fridman in 15,5 miliardi di dollari. Ha 57 anni, ha creato e controlla Alpha Bank, la più grande banca privata russa, ed è tra gli ultimi a essersi arricchito con le privatizzazioni di fine millennio

È il primo oligarca russo  con una significativa presenza patrimoniale nei Paesi occidentali a criticare apertamente il conflitto, dopo le sanzioni che di fatto sono rivolte proprio agli oligarchi.

  • Oleg Deripaska, molto vicino a Putin, ha dichiarato che è arrivato il momento di porre fine al “capitalismo di stato” in Russia.

Deripaska è il fondatore di Basic Element

Uno dei più grandi gruppi industriali della Russia. “Re” dell’acciaio, possiede energia, metalmeccanica e aeroporti. Nel 2008 il suo patrimonio era di 28 miliardi.

  • Roman Abramovich, classe 1966, iniziò a fare fortuna nell’imprenditoria a fine anni ’80. Ha fondato diverse aziende di import/export, specializzandosi nel settore del commercio di petrolio e derivati. 

Secondo Forbes, nel 2020 il suo patrimonio era di 13,8 miliardi di dollari, cifra che lo ha reso il 113° uomo più ricco al mondo.

Dal 2003 è proprietario della squadra di calcio inglese del Chelsea. A causa dei rapporti tra Abramovich e Putin, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina l’oligarca ha affidato la gestione del club alla Chelsea Charitable Foundation, nonostante ne rimanga il proprietario.

  • Gennady Timchenko, ha fondato e possiede il gruppo di investimento privato Volga Group, specializzato in investimenti in asset energetici, trasporti e infrastrutture.

Il suo patrimonio stimato è di quasi 20 miliardi. Timchenko è già stato colpito dalle sanzioni internazionali dopo la guerra in Crimea del 2014.

  • Yuri Kovalchuk, noto per essere il banchiere personale di Vladimir Putin è tra gli oligarchi più vicini al presidente russo.

Possiede molti mezzi d’informazione del Paese. Nel 2008 Forbes lo inseriva tra i 100 uomini più ricchi della Russia, ma dopo le sanzioni imposte a Kovalchuk nel 2014 il suo patrimonio si è notevolmente ridotto.

  • Viktor Vekselberg è il proprietario e presidente della Renova Group, conglomerata che si occupa di materie prime, energia e telecomunicazioni. Possiede 15 uova Fabergé. 

Nel 2021 è tra le persone più ricche del mondo con un patrimonio stimato in 12,5 miliardi di dollari. Molto vicino al Cremlino, Vekselberg sta sovraintendendo i progetti per modernizzare l’economia russa.

Nel 2018

Finisce nella “black list” Usa per cui ne ha subito le imposte sanzioni.

  • Mikhail Prokhorov si è arricchito nel settore finanziario, è il 193° uomo più ricco del mondo. È presidente di Polyus Gold e del gruppo Pnexim e controlla la maggior parte della produzione di minerali preziosi nel Paese.

Prochorov è stato anche proprietario dei Brooklyn Nets della Nba fino a settembre 2019.

  • Alisher Usmanov ha un patrimonio netto stimato di 22,6 miliardi di dollari.

Imprenditore e dirigente sportivo, proprietario del quotidiano Kommersant, del secondo operatore di telefonia mobile del Paese e della più grande grande società internet del mondo russo. 

Già azionista di maggioranza di Metalloinvest, conglomerato industriale, è il direttore generale di Gazprom Invest. Dal 2019 il suo gruppo è lo sponsor dell’Everton Football Club.

Igor Bidilo. Petroliere kazako con un patrimonio personale stimato tra i cinquecento milioni e il miliardo di euro ha a disposizione una ricca collezione di passaporti in tasca è diventato il re di Siena comprando bar, ristoranti, immobili, la storica pasticceria Nannini, una tenuta alle porte della città. Con proprietà e interessi anche a Firenze, è suo lo storico caffè Giubbe Rosse, Milano e Roma, Bidilo è la dimostrazione di come i soldi (tanti) e gli amici giusti possano aprire tutte le porte. Specialmente in Italia.

La storia di Igor Bidilo, dei legami con Luigi Di Maio e con il Movimento di Grillo ora raccontata in un libro che tratta della conquista che gli oligarchi stanno facendo di Siena e non solo. In sintonia con gli accordi recentemente firmati da Conte con Putin per rilanciare il turismo in Italia, tenuto conto delle iniziative relative all’applicazione della direttiva Bolkestein, sulle concessioni balneari, ultimo esproprio ai danni di circa 30mila aziende italiane.

Guerra Ucraina: oligarchi russi i primi dissociati

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Bonus e Superbonus: come utilizzarli senza rischi

Bonus e Superbonus: come utilizzarli senza rischi

Bonus e Superbonus: come utilizzarli senza rischi.

Nasce la necessità di valutare con attenzione sia le imprese che i professionisti operanti nel settore dei bonus fiscali. Dal 110% a tutte le altre agevolazioni.

Pur di aggiungere il credito nel cassetto fiscale del committente. Per la successiva cessione all’impresa fino al pro soluto verso la banca, spesso si utilizzano fatture gonfiate, certificazioni non veritiere e requisiti non rispettati.

Questi aspetti sono suscettibili di controlli da parte dell’AdE. Possono portare lo Stato a pretendere dal cittadino il rimborso delle spese chieste in detrazione e gli importi inesorabilmente saranno gravati da sanzioni (30%ca). Oltre interessi (al tasso legale).

Vediamo insieme i possibili rischi cui si va incontro quando non vengono rispettate tutte le regole e cosa si può fare per limitarli.

È pacifico che il committente dei lavori è sempre il primo responsabile della detrazione, eventualmente indebitamente percepita.

In pratica. La prima cosa che viene verificata da parte dell’AdE è che il soggetto richiedente la detrazione d’imposta. A prescindere dal fatto che poi l’abbia ceduta o meno, possieda tutti i requisiti necessari e abbia adempiuto a ogni obbligo di legge.

Particolare importante che condomini autorizzati ed proprietari di beni immobili siano informati in maniera dettagliata su cosa stanno chiedendo allo Stato. E quali sono i passaggi chiave suscettibili di controllo in maniera da poter autonomamente eseguire detti controlli. Prima di avviare qualsiasi lavorazione, durante ed a lavori completati.

In questo articolo cerchiamo quindi di spiegare quali possono essere gli elementi critici. Che rischiano di far scattare sanzioni e penali a carico del contribuente, oltre che a mettere a rischio l’intera agevolazione.  

Decreto antifrodi: regole più stringenti

I bonus sulla casa. Soprattutto dopo l’introduzione del superbonus del 110% e della possibilità di cedere la detrazione sotto forma di credito d’imposta,. Hanno incrementato in modo esponenziale i tentativi di frode ai danni dello Stato.

Per questa ragione lo Stato è da poco corso ai ripari emanando il cosiddetto decreto Antifrodi. Che pone regole più stringenti per accedere a queste agevolazioni.

Ma quali sono in concreto gli elementi che fanno scattare la normativa antifrode, e cosa si può fare?

I controlli del SUE

Il primo degli enti preposti al controllo sarà, proprio il SUE. Considerato che non valgono più le cause di decadenza dei benefici fiscali previste all’art. 49 del d.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia), la presenza di eventuali abusi edilizi non inficerà la fruizione del superbonus 110%.

Ma attenzione, il comma 13-ter non dice che non ci sono più cause di decadenza, ma ne definisce di nuove, ovvero:

  • mancata presentazione della CILA;
  • interventi realizzati in difformità dalla CILA;
  • assenza dell’attestazione degli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto d’intervento o del provvedimento. Che ne ha consentito la legittimazione ovvero dell’attestazione che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967;
  • non corrispondenza al vero delle attestazioni previste per eco e sismabonus (art. 119, comma 14 del Decreto Rilancio).

Il SUE, una volta verificata la presenza di una delle cause di decadenza, ai sensi dell’art. 49, comma 2 del Testo Unico Edilizia, la comunicherà all’amministrazione finanziaria l’Agenzia delle Entrate.

Il controllo sui prezzi dei materiali

Uno degli elementi sotto la lente del decreto Antifrodi è certamente il prezzo di tutto ciò che serve per i lavori di ristrutturazione. (materiali, manodopera, attrezzi ecc.)

Da quando introdotto il Superbonus. A causa anche del forte aumento della domanda e della minor reperibilità di materie prime. Abbiamo assistito a un incremento dei prezzi di materiali e strumenti necessari allo svolgimento di tutti gli interventi di ristrutturazione.

I prezzi però sono stati, in molti casi, gonfiati grazie alla prospettiva allettante del “tanto paga lo Stato”. Con totale noncuranza dell’effetto che queste pratiche fraudolente hanno avuto sul mercato e sulle tasche degli italiani.

Per questo motivo, sono stati introdotti diversi limiti sui prezzi dei materiali che possano essere considerati congrui per il tipo di intervento di ristrutturazione. E per questo rientrare nella detraibilità fiscale.

La congruità richiesta deve essere asseverata da un tecnico abilitato per ogni tipo di intervento che riguardi:

  • il Superbonus del 110%;
  • il sismabonus;
  • il bonus facciate;
  • l’ecobonus;
  • il bonus casa.

Al termine dei lavori ovvero per ogni stato di avanzamento da liquidare il tecnico deve rilasciare un’asseverazione (una certificazione). Che attesti i requisiti tecnici degli interventi realizzati sulla base del progetto iniziale e la congruità delle spese sostenute. In riferimento ai prezzari individuati dal decreto del 6 agosto 2020 emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Ed ai valori massimi, che verranno stabiliti per alcune categorie di beni con un decreto del Ministero della Transizione Ecologica. Si spera emanato entro il prossimo 9 febbraio.

Gli unici lavori che non devono essere asseverati sono quelli classificati come “attività di edilizia libera” (articolo 6 del TU dell’edilizia, del DM 2 marzo 2018 e della specifica normativa regionale), come ad esempio il rifacimento del pavimento o delle grondaie, e per gli interventi di importo fino a massimo 10.000 euro complessivi, a esclusione di quelli per i quali si chiede il bonus facciate.

Certificazione non vera? Paga il tecnico

Il rilascio di asseverazioni o attestazioni infedeli art 119 comma 13 comporta una sanzione a carico del tecnico abilitato che va da 2 mila e 15 mila euro per ciascun documento non veritiero rilasciato.

Per questo motivo questi professionisti sono obbligati a sottoscrivere una polizza assicurativa di responsabilità civile con un massimale di almeno 500 mila euro e comunque adeguato al numero di asseverazioni e attestazioni rilasciate, in questo modo possono garantire il risarcimento ai propri clienti e allo Stato in caso di eventuali danni derivanti dalla loro attività.

In casi estremi, il reato commesso dal tecnico può avere anche implicazioni penali, commisurate al reato perpetrato.

I rischi per il contribuente

Oltre ai tecnici che certificano i lavori, anche condomini e proprietari dell’immobile possono avere problemi in caso di attestazioni infedeli. Lavorazioni non conformi per quantità e qualità del materiale impiegato dall’impresa.

L’Agenzia delle Entrate, proprio per questo, potrebbe accertare la non spettanza della detrazione al contribuente e disporre il recupero delle somme chieste in detrazione attraverso il credito di imposta. 

Che cosa si può fare in questo caso?

Il contribuente  può rivalersi intentando un’azione civile contro il tecnico oppure verso l’impresa esecutrice, qualora ritenuto che la perdita dei benefici fiscali sia imputabile appunto al tecnico od all’impresa. A nulla rilevando se compiuta con dolo o per negligenza.

Il giudice civile può stabilire anche un indennizzo che però non ha alcun legame con il valore della detrazione persa o dei lavori malamente asseverati.

Per il risarcimento del danno bisogna far intervenire l’assicurazione obbligatoria stipulata sia dal tecnico che dall’impresa esecutrice (attenzione quindi alle eventuali imprese sub appaltatrici).

È sempre dal contribuente che si parte per recuperare la detrazione che, non spettante, non poteva essere ceduta.

Tuttavia, se viene accertato il concorso nella violazione, cioè in qualche modo viene dimostrato che ci sia stato un accordo tra tecnico e committente dei lavori ovvero tra lo stesso e l’impresa oppure ancora tra l’impresa ed ilo tecnico, il recupero delle somme può esser richiesto dall’Agenzia delle Entrate in modo “solidale”: in pratica, chi prima paga libera anche l’altro ovvero gli altri.

Come capire se una fattura è gonfiata

Purtroppo di solito il committente, se non è un esperto del settore edilizio, ha ben poche possibilità di controllare un preventivo, certi anche qualche ricerca su internet potrebbe dare dei risultati di massima e comunque sempre e solo di prezzi per materia prima o beni da installare, è impossibile reperire veri e propri preventivi già predisposti, che possono essere specularmente confrontati con quello da verificare.

Un controllo in prima persona risulterebbe eccessivamente difficoltoso vista la complessità tecnica dei prezziari ministeriali, la cosa migliore che resta da fare è quella di scegliere in partenza un tecnico certificatore terzo, non legato all’impresa che ha presentato il preventivo, è anche possibile riferirsi ad un general contractor (ovvero quelle aziende che offrono tutto il servizio, dai lavori agli incartamenti).

In questa seconda ipotesi se pur si paga qualcosa di più rispetto al fatto di affidarsi a una sola impresa che faccia tutto, ma si abbassano le probabilità che il tecnico sia disposto a certificare come veritieri prezzi in realtà gonfiati.

Va detto ancora che un parametro capace di far suonare il famoso campanello di allarme, ci suggerisce l’ENEA è rappresentato dai totali dei costi per i lavori il cui ammontare totale risultasse essere molto vicino al tetto massimo di detraibilità (o che addirittura lo supera), meritano certamente maggiore attenzione e forse l’intervento di un occhio esperto super partes che aiuti a vederci chiaro.

Visto di conformità: tutti i casi in cui serve

Un altro documento che aiuta certamente a evitare rischi di vedersi richiedere indietro la detrazione per una qualche irregolarità è il Visto di Conformità.

Si tratta di un documento che viene erogato da chi trasmette le dichiarazioni telematicamente: dottori commercialisti, centri CAF autorizzati, consulenti del lavoro e così via.

Il visto contiene tutte le informazioni che riguardano da vicino i soggetti coinvolti, i lavori svolti e la congruità degli stessi e dovrebbe garantire un maggior controllo sull’accesso ai bonus edilizi.

L’obbligo di apporre il visto di conformità riguarda tutti gli interventi edilizi a eccezione di quelli classificati come “attività di edilizia libera” (articolo 6 del TU dell’edilizia, del DM 2 marzo 2018 e della normativa regionale) e per gli interventi di importo fino a massimo 10.000 euro complessivi, con l’esclusione di quelli per i quali si chiede il bonus facciate i quali necessitano sempre del visto di Conformità.

Il visto di conformità è necessario quando si opta per la cessione del credito o lo sconto in fattura e quando si decide di tenere la detrazione per indicarla nella dichiarazione dei redditi presentandola tramite un intermediario abilitato (Professionista o CAF).

Infatti, se si dovesse decidere di conservare la detrazione spettante per se stessi nei tempi previsti dalle singole agevolazioni, attraverso la dichiarazione dei redditi precompilata online sul sito dell’Agenzia delle entrate, non sarà richiesta l’apposizione del visto di conformità.

I controlli di Enea 

Per quanto riguarda i requisiti tecnici, Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) si occupa di controllare che gli interventi che sono stati realizzati rispettino tutti i requisiti prescritti dalla legge per l’accesso alla specifica agevolazione fiscale.

In particolare, Enea svolge controlli a campione sulla regolarità delle asseverazioni e l’accertamento della sussistenza delle condizioni per la fruizione delle detrazioni fiscali, riesce a verificare il 5% delle istanze presentate ogni anno sul suo sito.

Nella scelta dei lavori da controllare, Enea tiene conto di quelli che soddisfano uno o più dei seguenti criteri:

  • istanze relative agli interventi che hanno diritto a una maggiore aliquota, (Superbonus);
  • istanze che presentano la spesa più elevata;
  • istanze che presentano criticità in relazione ai requisiti di accesso alla detrazione fiscale e ai massimali dei costi unitari.

Come avvengono i controlli di Enea

In caso di controllo documentale Enea comunica l’avvio del procedimento di controllo tramite raccomandata A/R o PEC al beneficiario della detrazione ovvero all’amministratore per i lavori condominiali.

Entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, si dovrà trasmettere via PEC all’indirizzo Enea@cert.Enea.it, in formato PDF, tutta la documentazione tecnica necessaria per la fruizione della detrazione fiscale e quella attestante il pagamento delle somme.

Per i controlli da svolgersi con sopralluogo

Enea almeno 15 giorni prima, comunica tramite raccomandata A/R o PEC, il luogo, data, ora e nominativo dell’incaricato del controllo.

A fronte di motivata richiesta, il sopralluogo può essere rinviato, per 1 sola volta, fermo restando che andrà comunque effettuato entro 60 giorni dalla comunicazione di Enea.

Il sopralluogo deve avvenire in presenza del committente beneficiario, ovvero dell’amministratore di condominio o del tecnico che ha firmato la relazione di fine lavori e, durante la visita, i tecnici Enea possono richiedere ed acquisire atti, documenti, schemi tecnici e ogni altra informazione, misurazione ritenuta utile ai fini del loro ufficio, gli stessi funzionari possono eseguire tutti i rilievi anche fotografici a loro discrezione.

Al termine del controllo, viene redatto un  verbale con l’indicazione delle operazioni effettuate, della documentazione esaminata anche se non acquisita, delle informazioni acquisite e delle dichiarazioni rese dai presenti, rilasciandone una copia.

L’esito del controllo viene comunicato dall’Enea entro 90 giorni e: se vengono riscontrate irregolarità, parte subito la segnalazione del beneficiario della detrazione all’AdE e al ministero dello Sviluppo Economico per la revoca dell’agevolazione, con importo maggiorato di sanzioni ed interessi.

Tuttavia, se viene accertato il concorso di uno o più fornitori nelle violazioni, si rileva la responsabilità in solido di questi ultimi.

Se emergono profili di condotte penalmente rilevanti, il fascicolo viene inoltrato alle autorità giudiziarie competenti ovvero per il tramite dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro alla procura della Repubblica presso il tribunale della Provincia ove eseguito il lavoro accertato.

I controlli dell’Agenzia delle Entrate

I controlli dell’AdE sono di due tipi: successivo e preventivo.

Il controllo successivo alla fruizione è quello che permette all’AdE di verificare entro il quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi, contenente il bonus utilizzato che documenti e procedure prescritti dalla legge siano corretti. Va detto che per effetto delle sospensioni dovute alle sospensioni per COVID-19 che il quinto anno diventa ottavo anno.

Nei casi di accertamento di riduzione o di non spettanza della detrazione fiscale, anche nel caso in cui fosse stata a suo tempo ceduta. Il Fisco potrà recuperare il valore della illegittima fruizione stessa, maggiorata di interessi e sanzione pari al 30% della detrazione revocata.

I controlli preventivi, avvengono solo in caso di cessione del credito o sconto in fattura. Infatti, l’Agenzia delle entrate, entro cinque giorni lavorativi dall’invio della comunicazione della cessione del credito, se rileva profili di rischio, può sospendere per un massimo di 30 giorni gli effetti della cessione del credito ed effettuare i relativi e più mirati controlli.

Quali sono i profili a rischio controllo

I profili di rischio sono individuati utilizzando criteri riferiti a:

  • coerenza e regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni con i dati presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria;
  • dati relativi ai crediti ceduti e ai soggetti che intervengono nella cessione, sulla base delle informazioni presenti nell’Anagrafe Tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione Finanziaria;
  • analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni di cessione.

Se dal controllo risultano confermati i rischi.

Viene notificato a chi ha effettuato la comunicazione della cessione che questa non si considera valida.

Se, invece, i rischi non risultano confermati, o si superano i 30 giorni di sospensione, la comunicazione di cessione del credito prosegue il suo iter naturale.

Se durante i controlli dell’AdE o di Enea viene accertato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, chi ha ottenuto il credito d’imposta in buona fede non perde il diritto di utilizzarlo.

Significa che se anche il proprietario dell’immobile non aveva diritto alla detrazione, l’impresa che in buona fede ha rilevato il credito di imposta può comunque usufruirne.

Quanto fin qui esposto rappresenta la sintesi procedurale e non una consulenza vera e propria, sulla congruità della spesa oppure sulla apposizione del visto di conformità.

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Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS)

Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS)

Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS).

Lo slittamento del termine, si è reso necessario per le difficoltà incontrate dagli enti, nella stesura di uno Stato Patrimoniale coerente con l’attività sociale e soprattutto che tenga conto di una eventuale devoluzione allo stato in caso di scioglimento.
Pensato anche per facilitare gli enti che ancora devono provvedere ad apportare le modifiche allo statuto con l’assemblea ordinaria, successivamente ricordiamo non sarà più possibile modificare gli statuti con l’assemblea ordinaria, ma necessiterà l’intervento del notaio in assemblea straordinaria per superare i controlli da parte degli uffici del Runts.
Il 23 novembre 2021
Avrebbe dovuto quindi iniziare la fase di trasmigrazione dei dati degli enti iscritti alla data del 22 novembre 2021 nei registri delle:
organizzazioni di volontariato (ODV) e delle
associazioni di promozione sociale (APS) verso il nuovo RUNTS.
Al trasferimento, seguirà la verifica delle singole posizioni da parte degli uffici statali e regionali.
Per le ONLUS, l’Agenzia delle Entrate concorderà con il Ministero le modalità di  comunicazione al RUNTS dei dati e delle informazioni degli enti iscritti alla relativa anagrafe alla data d’iscrizione.
Sempre dal momento in cui partirà effettivamente il RUNTS ricordiamo che non sarà più possibile richiedere l’iscrizione ai registri delle ODV e delle APS o all’anagrafe delle Onlus.

Gli enti di nuova iscrizione

Potranno richiedere l’iscrizione al RUNTS esclusivamente in via telematica sul portale dedicato, realizzato in collaborazione con UNIONCAMERE, raggiungibile dalla pagina www.lavoro.gov.it, oppure potranno rivolgersi ad un  Commercialista Iscritto all’Ordine Provinciale, per eseguire correttamente tutte le procedure in relazione alle caratteristiche soggettive dell’ente da iscrivere.

Abbiamo già avuto modo di approfondire il nuovo testo dello Statuto da Adottare per gli enti del terzo settore, nel precedente articolo in questa occasione vogliamo concentrarci sulla necessita di redigere uno Stato Patrimoniale dell’ente, redatto alla data di iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.

A tutela della governance dell’ente,

Sarà necessaria anche la nostra attività di Revisione Legale, per convalidare i requisiti ed attestare la congruità dello Stato Patrimoniale.

Ricordiamo che in caso di scioglimento dell’ente, il patrimonio andrà devoluto allo Stato per scopi sociali.

Per ogni approfondimento su forme e modalità di iscrizione al RUNTS fate riferimento a questo interessante articolo dal sito cantiereterzosettore.it.


Nome e Cognome
eMail

Pagina web a norma

Pagina web a norma

Avere una pagina web oggi è cosa comune.

Molto spesso purtroppo ci ritroviamo di fronte a pagine web che mancano dei requisiti legali per poter essere online.

Vediamoli allora; Quali sono i requisiti richiesti dalla legge per poter avere una pagina web a norma.

Dato che vi sono molti requisiti, molti di questi hanno bisogno di ulteriori spiegazioni, ci limiteremo in questa sede ad effettuare una panoramica generale di quali sono quelli più importanti richiesti della legge, per poi addentrarci in profondità in altre sedi.

Indicare le generalità del titolare

Come per ogni altra attività, anche la pagina internet dovrà indicare le generalità del titolare della stessa. In base alla nuova formula dell’articolo 2250 Codice Civile, se il titolare di una pagina web è una Società questa dovrà pubblicare nella pagina i seguenti elementi:

  • Ragione sociale, sede legale, Codice Fiscale e Partita IVA;
  • Posta elettronica certificata (PEC);
  • Ufficio del Registro dove si è iscritti;
  • Numero Repertorio economico amministrativo (Rea);
  • Eventuale liquidazione in seguito a scioglimento;
  • Eventuale stato Unipersonale della Società, ossia se vi è un unico socio;
  • Società o ente alla cui attività di direzione e di coordinamento la società è soggetta (art. 2497-bis c.c.), ossia se vi è un gruppo di società.
  • Se la Società è una Società di capitali (S.p.a., S.r.l., S.a.p.a.) dovrà indicare anche il capitale sociale.

Nel caso in cui invece il titolare della pagina web sia un soggetto autonomo ditta individuale con Partita Iva, si applicherà l’art. 2199 c.c., e si dovrà indicare:

  • La stessa Partita Iva e Codice Fiscale;
  • Numero registro imprese presso il quale è iscritto.

Nel caso, infine, in cui il titolare sia un’Associazione o un Ente del terzo settore, si dovrà indicare l’eventuale Partita Iva e il nome per esteso dell’Associazione o dell’Ente.

E’ molto importante indicare quanto previsto dalla legge, in quanto le sanzioni vanno da 100 € a 10.000 € per omessa comunicazione.

Le note di cui sopra non rappresentano una consulenza specifica, ma lo stato attuale della norma, per eventuale approfondimento gratuito via internet potrete usare la form di contatto che segue.

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Piano Transizione 4.0 – 2021

Piano Transizione 4.0 – 2021

Che cos’è il Piano Transizione 4.0

Il Piano Transizione 4.0 sostituisce i precedenti Impresa 4.0 e Industry 4.0 e rappresenta l’indirizzo di politica industriale dell’Italia, quantomeno per il prossimo triennio.

Ormai non si torna indietro bisogna a tutti i costi digitalizzare l’Italia.

La pandemia ha dato un impulso non indifferente infatti ha reso possibile l’informatizzazione e la digitalizzazione di ulteriori settori della P.A. i più recrudescenti. Indubbiamente la digitalizzazione della vita quotidiana dei cittadini interfacciata alla P.A. renderà risultati stupefacenti sul recupero delle imposte da evasione e del riciclaggio del danaro sporco, sicuramente darà ulteriori risultati stupefacenti in termini di  antiterrorismo e prevenzione degli infami attacchi terroristici.

Interfacciare telecamere e microfoni anche per strada ed i flussi di cassa di ciascuno di noi; Ci costerà la libertà, per la quale sono morti molti dei nostri nonni.

Adesso la stiamo cedendo per partecipare ad un organismo europeo nato per snellire gli scambi commerciali ed oggi incide sulla nostra politica interna, in maniera lesionista.

Perché ? Non si spreca occasione per dimostrarlo.

L’Europa dimostra di essere contro l’Italia e gli Italiani.

Il governo di turno per ingraziarsi favori da non concedere, infatti sappiamo che agli Italiani basta promettere.

Nell’ottica quindi di generare credito, che rappresenta l’attuale moneta elettronica voluta dall’Europa, nasce il Piano di Transizione 4.0 il quale consiste in un’unica misura, con aliquote differenti per incentivare l’acquisto di  diverse categorie di beni.

Il nuovo credito di imposta previsto dal Piano Transizione 4.0 sostituisce dal 2020 le misure disponibili fino all’anno scorso, tra le quali l’ iperammortamento e superammortamento. Nello specifico sono disponibili per gli imprenditori:

  • In sostituzione dell’iperammortamento è disponibile il credito di imposta per beni 4.0:
  • 40% per investire fino a 2,5 milioni di euro
  • 20% per investire tra 2,5 milioni e 10 milioni di euro.

Oltre i dieci milioni di euro non sono previste misure.

Crediti d’imposta sui beni strumentali

  • In sostituzione del superammortamento, è stata pensata la misura del credito di imposta per beni strumentali al 6% per investire fino a 2 milioni di euro;
  • Prevista anche una misura specifica per i beni immateriali, in particolare i software: credito di imposta al 15% per investimenti con tetto fino a mezzo milione di euro.

Crediti per ricerca e sviluppo

Le nuove regole prevedono anche ulteriori crediti di imposta per altre categorie:

  • 12% fino a 3 milioni di euro di investimento per R&S – Ricerca e sviluppo;
  • 10% con investimenti fino un milione e mezzo di euro per progetti green e trasformazione digitale;
  • 6% per investimenti fino a un milione e mezzo di euro in design.

Transizione 4.0 le risorse disponibili per il 2021 in Italia

Il piano Transizione 4.0 scadrebbe quest’anno, ma i nuovi incentivi pensati per il prossimo triennio copriranno anche gli investimenti fatti a partire da novembre 2020, ma è possibile che si estendano per tutto il 2021 e 22 con consegna dei beni sicuramente fino a giugno 2023 in caso di pagamento anticipato dell’acconto.

Le risorse secondo il Ministro Patuanelli ammontano a 23,8 miliardi di euro.

Si prevede anche la fruizione dei crediti in tre anni e non in cinque anni. Le novità relative alle aliquote, come emerso a novembre, sarebbero:

  • l’ex iperammortamento, ora credito di imposta per beni 4.0, vedrebbe un ritocco delle fasce di investimento:
    • l’aliquota del 40% per la prima fascia vede un rialzo del tetto da 2,5 milioni a 4 milioni di euro, come confermato dal ministro Patuanelli a novembre 2020, con ritorno alle cifre attualmente in vigore nel 2022.
    • La seconda fascia dovrebbe avere tetto fissato ancora a 10 milioni, con aliquota dal 20 al 30%.
    • La terza fascia per investimenti dai 10 ai 20 milioni di euro, con aliquota del 10%.
  • l’ex superammortamento, diventa credito di imposta per beni strumentali materiali, nel 2021 dovrebbe vedere il rialzo dell’aliquota dal 6 al 10%. Se si tratta di beni utili per lo smart working, l’aliquota salirà fino al 15%, come confermato dal ministro, almeno per il primo anno.

Transizione 4.0 quali aiuti ci sono per le Pmi

L’idea emersa a novembre 2020 era quella di permettere alle PMI con ricavi fino a 5 milioni di usufruire del credito di imposta per beni strumentali in un anno invece che in tre anni.

Dopo il coronavirus: la proposta di utilizzo dei fondi europei

Durante l’audizione al Senato sul Recovery Plan, riguardo alla percentuale relativa agli investimenti in Ricerca & Sviluppo, a ottobre 2020 il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli ha annunciato che sarebbe necessario passare dal 12% al 20%. Inoltre, ha affermato che per sostenere il piano di rafforzamento delle misure 4.0 al fine di favorire l’innovazione e lo sviluppo, sarebbe necessario mettere sul piatto circa 25 miliardi di euro. Non una parola su come investire dette risorse.

Credito di imposta: le regole dell’Agenzia delle entrate

A gennaio 2021, comincerà la diatriba delle incomprensioni con l’Agenzia delle entrate la quale tenterà di recuperare tutti i crediti non riconoscibili, val bene la pena di ricordare ai furbetti che la costruzione di un credito d’imposta fasullo secondo la finanziaria 2021 può essere fatale, infatti oltre a prevedere una recrudescenza sanzionatoria, ma è  stata reintrodotta la misura cautelare dell’arresto.

A tal proposito segnaliamo anche che a gennaio 2020 l’Agenzia delle Entrate ha già pubblicato una comunicazione in cui precisa alcune regole per usufruire dei crediti di imposta del  Piano Transizione 4.0.

Innanzitutto, l’ente precisa che gli investimenti devono essere fatti da aziende che si trovano in Italia, tra il primo gennaio e il 31 dicembre del 2020, oppure fino al 30 giugno 2021 ma solo se entro il 31 dicembre 2020 è stato accettato l’ordine e sia stato pagato almeno il 20% del costo.

L’Agenzia delle entrate spiega

“il credito di imposta concretamente sarà fruibile tramite compensazione con il modello F24”

L’Agenzia delle entrate presenta anche una lista di beni esclusi dalle misure previste:

  • mezzi di trasporto motorizzati
  • i beni per i quali, spiega la nota, “il decreto ministeriale del 31 dicembre 1988 stabilisce coefficienti di ammortamento ai fini fiscali inferiori al 6,5%”
  • costruzioni e fabbricati
  • condutture delle industrie di imbottigliamento di acque minerali, stabilimenti balneari e termali oppure condutture per la produzione e distribuzione di gas naturale, aerei, materiale rotabile
  • i beni descritti come “gratuitamente devolvibili delle imprese operanti, in concessione e a tariffa, nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti”, come riporta la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate.

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