NFT Opera d’arte; fiscalità adempimenti

NFT Opera d’arte; fiscalità adempimenti

NFT Opera d’arte; fiscalità ed adempimenti fiscali, In questo articolo vediamo i passi fondamentali da seguire per essere in regola con i tuoi Non Fungible Token (o NFT); a non commettere errori che potrebbe procurarti parecchi problemi.

Per fare questo vi racconterò la mia esperienza nel mondo delle criptovalute come investitore, spesso parlo ai clienti di come stare in regola, ma pochissimi conoscono la mia storia, iniziata nell’ottobre del 2017.

I Non Fungible Token (di seguito anche NFT), possono essere definiti come “rappresentazione digitale di valore che incorpora un diritto su un bene, fisico o digitale, che utilizza la crittografia, archiviato su una blockchain.

NFT Opera d’arte; fiscalità adempimenti

Spesso abbiamo visto utilizzare gli NFT come bene che incorpora un diritto su un opera d’arte.

In questo articolo proverò a fare chiarezza sulla disciplina fiscale degli NFT, sugli adempimenti connessi alla loro detenzione, acquisto e vendita.

Gli NFT che incorporano un diritto su un opera d’arte, sono considerati beni digitali, sono trattati, fiscalmente, per assimilazione , alla relativa disciplina.

Il trattamento fiscale della cessione di opere d’arte non trova specifica disciplina nel Tuir ed è oggetto di un ampio contenzioso, che si incentra sull’eventuale rilevanza impositiva delle cessioni e sull’individuazione della più appropriata categoria di reddito.

La prima distinzione da fare è quella che considera il soggetto che pone in essere le operazioni, se lo fa in maniera professionale oppure non professionale ed, in questo ultimo caso, se capire se questo sia un commerciante occasionale ovvero un collezionista.

Il mercante d’arte

In base all’articolo 55 del Tuir, sono produttive di reddito d’impresa le attività indicate nell’articolo 2195 del Codice civile (tra cui l’intermediazione dei beni), se esercitate in modo professionale e abituale, ancorché non esclusivo, e anche se non organizzate in forma d’impresa.

Si può quindi affermare che produce reddito d’impresa l’intermediazione di non fungible token esercitata in modo professionale e non occasionale, indipendentemente dall’esistenza di un’organizzazione (necessaria solo per le attività diverse da quelle di cui all’articolo 2195 del Codice, sicché non appare corretto escludere l’attività imprenditoriale in quanto non è “organizzata”, come si legge ad esempio nella Ctr Toscana 826/31/2016).

Ciò può verificarsi, per consolidata giurisprudenza (si veda, ad esempio, la Cassazione 15931/2021 in materia di costruzione di unità abitative), anche in occasione della conclusione di un unico affare, qualora esso presenti una notevole rilevanza economica e, soprattutto, implichi il compimento di più atti prodromici.

Il collezionista

A differenza del mercante d’arte, il collezionista di NON FUNGIBLE TOKEN, acquista le opere per soddisfare il bisogno personale di appagamento estetico, e non per finalità di lucro.

Il collezionista non opera per fine di lucro, non è organizzato e non fa operazioni ripetitive nel tempo.

Lo speculatore occasionale

Figura intermedia tra le due precedenti è quella dello speculatore occasionale: colui che, in maniera episodica, magari come forma di autofinanziamento del proprio hobby, decide di acquistare e cedere un’opera d’arte per trarne profitto. Tale operazione, che come detto richiede una (anche soltanto limitata) serie di attività, può costituire un reddito diverso ex articolo 67, lettera i), del Tuir, come attività commerciale non abituale.

NFT Opera d’arte; fiscalità adempimenti

Gli indici di attività commerciale

La distinzione tra le tre figure non può che dipendere da un approccio casistico, che consideri (come chiarito dalla dottrina e dalla Cassazione 21776/2011) le modalità oggettive in cui si estrinseca l’attività di vendita e, solo su un piano indiziario, l’animus del cedente.

La peculiarità degli NFT

Un aspetto di estrema attualità legato alle opere d’arte riguarda il “fenomeno” degli Nft (non fungible token), che crea numerosi interrogativi ai fini dell’Iva.

l’Nft è una sorta di certificato digitale inserito in una blockchain che consente di dimostrare il proprio diritto (di utilizzo, di proprietà, eccetera) su un bene, che sia digitale o meno, o su dei particolari servizi (in particolare, rivolti agli aderenti di certe community)

NFT ed iva

Ci sono diversi tipi di NFT. Un primo tipo è quello che ti consente di partecipare ad una community.

Quello che rileva qui è la prestazione di servizio che sottostà al NFT, che diventa rilevante nel momento della esecuzione della stessa.

Quando l’NFT incorpora un bene fisico, se viene trasferito il bene fisico insieme al NFT, si ha una vendita di un bene attraverso un certificato, rappresentato dal non fungible Token.

NFT Opera d’arte; fiscalità adempimenti

NFT e quadro RW

Gli NFT, rappresentativi di un opera d’arte, quindi di un diritto sulla stessa, deve essere indicato nel quadro RW al pari di un opera d’arte. Se detengo un NFT che rappresenta il diritto su un opera di arte, che sia digitale o fisica, a mio parere sarebbe da indicare.

Esempio di compilazione RW per gli NFT

Il sig. Rossi il giorno 18 agosto 2021 ha comprato su OpenSea un NFT “cryptopunks” pagandolo 3 eth.

Il cambio a quella data era 1 eth = 2.567,24€. Al 31/12/21 lo stesso NFT ha un valore di vendita pari a 7 eth.

Il cambio a fine anno è €/eth = 3.235,98.

Vediamo di seguito come si compilano le varie celle:

  • cella 1: indicare il VALORE 1 (indica la proprietà degli eth)
  • cella 2: lasciare in bianco
  • cella 3: indicare il VALORE 17 (indica opere d’arte, specifico nel caso di NFT)
  • cella 4: lasciare in bianco
  • cella 5: indicare il VALORE 100 (per indicare la quota di possesso)
  • cella 6: indicare il VALORE 1 (valore di mercato)
  • cella 7: indicare il VALORE INIZIALE (costo di acquisto)
  • cella 8: indicare il VALORE FINALE al 31/12
  • cella 20: BARRARE CASELLA (indica che si presenta il quadro solo per il monitoraggio, senza la presenza di tassazione)

Cessione crediti: Tra privati?

Cessione crediti: Tra privati?

Cessione crediti: Tra privati? C’è ancora la possibilità di optare per la cessione del credito tra privati per bonus edilizi? Questa la domanda che si pongono molti contribuenti con i crediti incagliati.

Sul blog ci siamo occupati in varie occasioni dei bonus fiscali legati alla casa.

La normativa inerente il Superbonus e altri bonus edilizi con cessione del credito sta destando dubbi e perplessità a causa del costante mutamento delle norme. La confusione non viene meno nonostante l’Agenzia delle Entrate pubblichi costantemente nuovi documenti miranti a chiarire perplessità.

Molti si chiedono se ad oggi è possibile cedere le quote delle proprie detrazioni fiscali derivanti dall’esecuzione dei lavori previsti dall’articolo 121 del decreto Rilancio a privati, ad esempio a un amico che ha sufficiente capienza fiscale.
Diciamo fin da subito che le possibilità residue sono davvero poche, ma vediamo in quali casi si può optare per la cessione del credito tra privati.

Cessione dei crediti tra privati

Cessione del credito tra privati conviventi e familiari

Le strade percorribili per riuscire a liquidare i crediti maturati sono diverse, ma tutte abbastanza strette.
Chi ha effettuato lavori e si ritrova con i crediti incagliati, non ha sufficiente capienza fiscale per sfruttare in autonomia le detrazioni fiscali, può provare a far utilizzare la detrazione da altro soggetto titolato, cioè da un soggetto che fin dall’inizio avrebbe potuto eseguire i lavori e utilizzare il credito di imposta in detrazione.

Si tratta di:

  • proprietari, anche solo di una quota, di diritti reali di proprietà sull’immobile, ad esempio nel caso di immobile che risulta essere di proprietà di due o più soggetti (un fratello e una sorella, genitore/ figlio, marito/moglie);
  • detentori dell’immobile, come gli inquilini, ma rientrano in questa categoria anche i comodatari, in questo caso è necessario che il contratto di locazione sia antecedente rispetto all’avvio dei lavori.

Possono sfruttare il credito di imposta maturato con i bonus edilizi anche i familiari conviventi.

Come chiarito nella circolare 28/E/2022 dell’Agenzia delle Entrate, possono ottenere la detrazione non solo i familiari del proprietario, ma anche i familiari del detentore, ad esempio l’inquilino.

Sono considerati familiari che possono quindi portare in detrazione le spese sostenute per il Superbonus e altri bonus edilizi, i soggetti elencati nell’articolo 5 del Tuir, cioè il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.

Questi devono però essere conviventi con il “beneficiario principale” per potersi avvalere delle detrazioni, in compenso non hanno bisogno di un contratto di comodato per poter ottenere i vantaggi fiscali.
La convivenza può essere anche autocertificata, ma deve sussistere al momento dell’avvio dei lavori.

Cessione dei crediti tra privati; c’è ancora spazio?

Abbiamo parlato della possibilità per alcune categorie di persone che hanno capienza fiscale di approfittare delle detrazioni al posto dell’originario beneficiario. C’è da chiedersi se è possibile praticare la cessione del credito tra privati vera e propria, ad esempio cedere il credito a un amico che ha capienza fiscale.

Ci sono poche, residue, possibilità.

In particolare la normativa prevede l’opportunità di un’unica cessione tra privati e quindi non nei confronti di banche o altri intermediari, ma solo nel caso in cui non si sia incappati già nel blocco previsto dal Dl 11/2023.
La cessione doveva inoltre essere effettuata entro il 31 marzo 2023 per le spese del 2022 ed essere per intero.
L’acquirente può utilizzare il credito per compensare le proprie imposte con il modello F24 oppure potrà, a sua volta, cederlo, ma in questo caso, trattandosi di ulteriore cessione, l’operazione potrà essere effettuata solo in ambiente controllato, cioè nei confronti di banche o altri intermediari finanziari e assicurativi.

In questo campo non c’è spazio per la remissione in bonis, questa prevede la possibilità con una sanatoria di 250 euro di effettuare la cessione del credito entro la fine del mese di novembre, ma questa possibilità può essere sfruttata solo nel caso in cui la cessione avvenga in ambiente controllato.

Come nascono i crediti incagliati?

Le difficoltà di coloro che hanno effettuato lavori edili pensando di poter sfruttare la cessione del credito e lo sconto in fattura iniziano nel momento in cui aumentano i controlli.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate 23 del giugno 2022 prevedeva la responsabilità in solido tra il beneficiario del Superbonus e il cessionario in caso di anomalie nell’uso delle detrazioni fiscali.

La circolare, poi attenuata nei suoi effetti, prevedeva che se in sede di controllo fossero emersi crediti eccessivi rispetto ai lavori o non fossero sufficientemente provati i lavori dichiarati, trovasse applicazione la responsabilità in solido tra coloro che avevano partecipato alla cessione del credito.

Di conseguenza le banche potevano ritrovarsi in mano crediti fiscali che in realtà erano carta straccia. La circolare ha portato molti potenziali cessionari del credito a valutare con particolare attenzione le pratiche da portare avanti chiedendo anche asseverazioni dei lavori eseguiti attraverso video e rifiutando numerose operazioni per evitare rischi.

Questo è uno dei motivi per i quali poche banche riaprono ancora ad oggi alla cessione del credito.

Il successivo atto che va a creare un vero imbuto di crediti incagliati è il decreto Cessioni che crea una vera e propria barriera tra il prima e il dopo rispetto all’entrata in vigore il 16 febbraio 2023.
Il risultato è che molte persone si ritrovano con crediti nei cassetti fiscali che non riescono a smaltire e si chiedono verso quali soggetti è possibile praticare la cessione per i crediti maturati prima del blocco delle cessioni del credito.

Molti si chiedono se è possibile cederli a familiari. Ragion per cui sicuramente l’Agenzia delle Entrate dovrà provvedere a pubblicare nuove circolari esemplificative.

Business Intelligence Analyst

Commercialista OnLine prenota una consulenza, ovunque tu sia in totale mobilità anche da telefono o tablet.

Business Intelligence Analyst sempre più organigrammi aziendali si arricchiscono di figure altamente specializzate. Non perdiamo l’occasione di rimanere al passo con i tempi.

Tenuto conto che un’azienda sana genera attività sana la BI quindi sarà inficiata dalla governance e la sua moralità.

Scopri il lavoro e le nuove sfide in azienda

  • Chi è il Business Intelligence Analyst e la sua routine;
  • Comunicare con l’utente/cliente per comprendere la sua richiesta;
  • Identificare le origini ed elaborare dati e metadati;
  • Visualizzare l’informazione.

La quotidianità della Business Intelligence

Quali sono i compiti, le sfide, le routine che incontra sul lavoro chi si occupa di Business Intelligence. Scoprilo con con il nostro studio l’organizzazione da BI, che ottimizza e semplifica le procedure del “BI Analyst“.

In questo contest parliamo di:

  • Chi è il Business Intelligence Analyst;
  • La routine operativa del BI Analyst;
  • Fase zero: comunicare con l’utente/cliente;
  • Fase uno: comprendere la richiesta ed i sui contenuti;
  • Fase due: identificare l’origine dei dati e metadati;
  • Fase tre: elaborare i dati
  • Fase quattro: fornire l’informazione verificata.

Cosa fa il Business Intelligence Analyst?

L’analista o consulente Business Intelligence è una figura tecnica che si occupa di rielaborare i dati provenienti dai vari reparti di un’azienda per estrarre nuove informazioni utili alla guida operativa, direzionale e strategica dell’azienda stessa.

Queste informazioni sono estrapolate dai dati del sistema informativo aziendale, per poi essere utilizzate dal management per prendere le decisioni o prevenire e verificare senza costi le mosse più opportune relative all’azienda.

Il BI Analyst è la persona con competenze tecniche incaricata di elaborare i metadati nella maniera più corretta e funzionale alle esigenze di qualsiasi core business.

In materia fiscale anche l’AdE ha avviato l’uso della IA attraverso l’analisi dei metadati già in suo possesso con i quali promette di scovare fino all’ultimo evasore attraverso l’allegato tecnico, che riporta un esempio di applicazione della logica degli algoritmi fiscali, utili al BI Analyst, per non confondere l’AdE e rimanere intrappolati in assurdi contenziosi o richieste fiscali non dovute.

In particolare, questi algoritmi sono stati sviluppati al fine di supportare gli Uffici preposti al controllo, con lo scopo di effettuare efficaci selezioni delle posizioni dei contribuenti verso cui avviare l’attività istruttoria.

Approfondimenti e consigli

Ci occupiamo ogni giorno di Business Intelligence, dalla programmazione dell’utilizzo delle soluzioni più competitive presenti e possibili nel mercato di riferimento.

Siamo a disposizione per consigliare la soluzione più adatta alle esigenze dell’azienda, contattaci per consulenza senza impegno.

Compro un motoscafo; Rischio l’accertamento fiscale?

Compro un motoscafo; Rischio l'accertamento fiscale?

Compro un motoscafo; Rischio l’accertamento fiscale? Il possesso di una barca non fa scattare il redditometro: purché inferiore a 10 metri.

L’Agenzia delle Entrate non può basare un accertamento fiscale con Redditometro se esso si basa solo sul possesso di una barchetta di ridotte dimensioni fino a 10 metri “un natante”.

È quanto chiarito dalla Cassazione con la sentenza n. 23794/16 del 23.11.2016.

Infatti, si legge nella pronuncia in commento, il solo possesso di un natante non è indice di una maggiore capacità contributiva. Ed ha escluso in modo convincente I ‘efficacia probatoria dei suddetti elementi quali indici rivelatori di una maggiore capacità contributiva. 

Cosa significa piccolo natante?

Il termine «natante» è stato correttamente considerato alla stregua dell’art. 3 lett. d) del d.lgs. 171/2005, che definisce le unità da diporto «scafi di lunghezza compresa fra 2,5 e 24 metri, distinte in natanti se inferiori a mt. 10; imbarcazioni se superiori a mt. 10»

All’interno della categoria si parla di:

  • natante da diporto con riferimento a ogni unità a remi ovvero con qualsiasi propulsore, con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri.
  • imbarcazioni con riferimento a ogni unità con qualsiasi propulsore se superiori a mt 10. Per tutte le unità da diporto (imbarcazioni e navi) di lunghezza superiori a 10 metri si deve versare una tassa annuale, specificando che il tipo di unità ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto.

Quanto incide una barca sul redditometro e sull’accertamento del reddito del contribuente?

Il redditometro serve per riassumere la capacità di spesa del contribuente e valutarne la compatibilità con il reddito dichiarato al fisco, se la capacità di spesa dichiarata appare più bassa di oltre il 20% rispetto al precedente valore dichiarato per l’acquisto di un bene mobile od immobile oppure per la sua gestione comporta ad esempio bolli, tasse, assicurazione, manutenzione, ecc. il contribuente viene chiamato a “chiarimenti” in ufficio, per spiegare come si è procurato i soldi.

La circostanza se rimane ingiustificata fa convalidare l’accertamento fiscale.

Di norma finiscono nel redditometro gli acquisti di beni di lusso come automobili, case, appartamenti, terreni e imbarcazioni.

Nella sentenza in commento, però, la Cassazione chiarisce che il possesso di una barca di limitate dimensioni non rientrante tra le imbarcazioni da diporto che giustificano l’applicazione indiscriminata del redditometro.

Il natante da diporto, ossia l’imbarcazione inferiore a 10 metri non incide sul reddito di una persona, nel senso che non è indice di una maggiore capacità contributiva.

Pertanto, va annullato l’accertamento fiscale, effettuato tramite redditometro, nei confronti del contribuente che abbia acquistato una piccola imbarcazione (fino a 10 metri).

Agenzia delle Entrate: Ve.Ra.

L’Agenzia delle Entrate lancia Ve.Ra., il nuovo algoritmo anti-evasione.

L’Agenzia delle Entrate lancia Ve.Ra. il nuovo algoritmo anti-evasione.

Nell’evoluzione del sistema informativo tributario e delle tecniche di contrasto all’evasione fiscale, l’efficace utilizzo delle banche dati assume un ruolo sempre più determinante. Il processo evolutivo si dirige ormai veloce verso il ricorso alla cosiddetta “intelligenza artificiale” per combattere l’evasione fiscale.

Tuttavia, l’utilizzo di forme di intelligenza artificiale per il contrasto all’evasione fiscale implica una valutazione, anche sul piano giuridico, circa lo “scontro” tra interesse fiscale e interesse alla tutela dei diritti del contribuente.

Dopo redditometro e spesometro arriva Vera

Il nuovo software anti evasione messo a punto dall’Agenzia delle Entrate realizzato per scovare i furbetti del Fisco.

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del ministro dell’Economia con il nulla osta del garante della Privacy, che mette a disposizione del Fisco uno strumento di ultima generazione basato sull’intelligenza artificiale, applicata al contenuto dei data base più diversificati.

Con cui sarà possibile orientare i controlli ed ottenere le liste selettive impiegate nell’attività dell’Agenzia delle Entrate.

Come funziona il nuovo algoritmo dell’Agenzia delle Entrate

Saranno creati due dataset, ovvero due liste di contribuenti.

  1. Nella prima verranno individuate platee di contribuenti che potrebbero essere a rischio di evasione ben più alto rispetto agli altri.
  2. Nella seconda lista, invece, finiranno i contribuenti che presentano uno o più rischi fiscali.

Non saranno utilizzati i nomi reali dei contribuenti ma solo degli pseudonimi.

Solo nel momento in cui verrà inviata la lettera (di compliance con l’invito a saldare oppure il vero e proprio accertamento), allora verrà reso noto il nome.

Ve. Ra. è l’acronimo di Verifica dei Rapporti

È un software che osserva i dati contenuti nelle dichiarazioni dei redditi, relativi al patrimonio mobiliare e immobiliare, nonché tutte le informazioni ritenute a contenuto finanziario e permettere così di scovare il maggior numero di evasori.

A fare il lavoro “sporco” è l’algoritmo, che potrà mettere in connessione i dati presenti su web, sulle banche dati digitali più disparate, realizzato il profilo del contribuente acquisendone elementi che emergono dalla dichiarazione dei redditi, dal conto corrente, dalle app di acquisto e pagamento online dal numero di accessi alle cassette di sicurezza, da tutti i movimenti con moneta elettronica, i registri immobiliari e gli acquisti registrati in qualsiasi banca dati digitale.

Nello specifico, i controlli di Ve.Ra.

Si concentreranno nei confronti dei comportamenti fraudolenti più lesivi e riguarderanno: frodi, abuso del diritto, false compensazioni, e fruizione indebita dei sostegni erogati durante la pandemia di Covid-19. 

Sotto la lente del Fisco anche i soggetti italiani che nutrono debiti con l’Agenzia delle Entrate limitatamente a multe, bolli non pagati, evasione dalle tasse, e altri comportamenti lesivi a livello erariale.

In caso di evidenti discostamenti, Ve.Ra.

Segnalerà il caso all’Agenzia delle Entrate. Segnalati al contribuente in maniera soft attraverso le lettere di compliance, ormai largamente impiegate.

Attraverso l’istituto il contribuente ha la possibilità di far rettificare i dati personali inesatti. Ovvero aderire alla presunzione erariale risparmiando sulle sanzioni e sulle penalità.

Sino a detta acquiescenza, tutto sarà garantito dall’anonimato, visto che nella prima fase i dati saranno coperti da un codice che creerà una sorta di pseudonimo e soltanto in caso di segnalazione si potrà accedere al nominativo reale.

L’Agenzia delle Entrate lancia Ve.Ra. il nuovo algoritmo anti-evasione.

I redditi da capitale derivano da rendite finanziarie

I redditi da capitale sono tutti quei redditi che derivano da rendite finanziarie di varia natura e dai dividendi da partecipazione.

I redditi da capitale derivano da rendite finanziarie

Unica tassazione al 26%

Anche se non sai distinguere il tipo di partecipazione in tuo possesso non hai alcun problema.

Infatti, per gli utili maturati nel 2021. Che tu sia in possesso di una partecipazione qualificata o non qualificata, viene applicata una ritenuta a titolo d’imposta pari al 26%. In capo alla società.

La ritenuta, come detto, è in capo alla società, e tu socio non devi assolutamente fare nulla. Perché questi dividendi, essendo già tassati, non li devi indicare nemmeno nella dichiarazione dei redditi.

I dividendi essendo sottoposti a ritenuta a titolo d’imposta, come tale, viene pagata direttamente da chi effettua l’erogazione e va a rappresentare tutta l’imposta dovuta.

In questo caso, essendo la società ad erogare gli utili, è lei a versare la ritenuta del 26%.

Se i dividendi sono distribuiti a persona fisica?

Quanto detto succede solo se la tassazione riguarda i dividendi distribuiti nei confronti dei soci persona fisica.

La tassazione dei dividendi varia ancora quando questi vengono distribuiti nei confronti di soggetti che agiscono in regime d’impresa.

In questo caso, non solo cambia la tassazione, ma è necessario che vengono indicati in dichiarazione.

Agire in regime d’impresa significa che chi riceve i dividendi è una ditta individuale. Una società di persona o una società di capitali: sostanzialmente è una partita IVA.

In questo caso è bene fare una distinzione, perché, tra i vari soggetti appena detti, la tassazione varia e di molto.

Infatti:

– se i dividendi vengono erogati dalla Srl ad una Società di persona (Sas o Snc) o una ditta individuale, viene applicata la tassazione progressiva IRPEF.

La tassazione non andrà a colpire il 100% del dividendo ma solo il 58,14% è imponibile il restante 41,86% è esentato da imposte.

Quindi sulla base imponibile verrà applicata l’aliquota IRPEF di appartenenza del percettore perché, non è stabile ma varia a seconda del reddito da lui prodotto.

Se i dividendi sono distribuiti a soggetti IRES? Tassazione più conveniente

Se, i dividendi vengono erogati da una Srl ad un’altra società di capitali, quindi avviene uno scambio tra soggetti IRES,

– il 24% lo andrai a pagare solo sul 5%, mentre il 95% restante è totalmente esentato da tasse.

Una cosa molto importante, nel caso cui i soci sono solo persone fisiche non operanti in regime d’impresa, è consigliabile verificare se adottare o meno la tassazione del reddito per trasparenza, che consiste nel tassare il reddito prodotto dalla società non più in capo ad essa, ma in capo ai soci stessi (come avviene per la società di persona).

La tassazione dei dividendi erogati dalla Srl, dipende da come li prelevi e da come ci si inquadra, se sei solo socio persona fisica oppure si agisce in regime d’impresa.

La tassazione, infatti, può andare dallo 0% a oltre il 45%.

L’articolo pubblicato rappresenta l’esposizione sterile della normativa fiscale in vigore, non le nostre strategie di pianificazione fiscale, strumento importante per ridurre il carico fiscale e far crescere il proprio business.

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