ECA. abrogata ma i comuni la riscuotono;

ECA. abrogata ma i comuni la riscuotono;

L’ECA é contenuta in migliaia di avvisi di accertamento nonostante abrogata, i comuni continuano a riscuoterla a mezzo ruoli contenenti importi relativi alla locuzione “addizionale ex Eca”. 

La ex Tarsu rinominata TARI dal 2013 fa nutrire forti dubbi sul fondamento della pretesa per gli abituali rilievi che ne compromettono l’efficacia.

Cos’è L’ECA

ECA è la sigla degli ex “Enti comunali di assistenza”, istituiti con la legge n. 837 del 3 giugno 1937 in sostituzione delle preesistenti “Congregazioni di carità”. Gli enti ECA furono soppressi di fatto già nel 1978, con il passaggio delle funzioni assistenziali e sanitarie alle Regioni.

La storia dell’ECA

L’addizionale  fu istituita con il R.D.L. 2145 del 30 novembre 1937, convertito con la L. n° 614 del 1938, nella misura del 2% sui tributi erariali. Dopo la soppressione degli ECA, l’addizionale nel frattempo elevata sino al 10 % infatti è stata devoluta dalla legge n° 549 del 28 dicembre 1995 ai Comuni, i quali potevano riscuoterla sul prelievo della tassa sui rifiuti.

Federalismo Impositivo

Il Regio Decreto consentiva il prelievo sui tributi riscossi tramite concessionario e ruolo, in questi termini hanno continuato le disposizioni che nel tempo si sono succedute, in particolare la L. 549/1995 e il D.M. delle Finanze del 2 maggio 1996.

Con il D.Lgs. n. 446 del 1997 il legislatore attribuì ai Comuni una specifica potestà regolamentare in materia di accertamento e di riscossione dei tributi locali e delle altre entrate proprie, introducendo la formula della riscossione diretta, che consente agli enti comunali di procedere in autonomia.

Stabilito che l’addizionale è consentito riscuoterla tramite il Concessionario (ex Esattorie) e ruolo (titolo esecutivo), ci si domanda se l’addizionale ECA sia dovuta anche per quei Comuni che procedono direttamente all’accertamento e riscossione dei tributi locali come il caso di Salerno. A giudicare dalla scomparsa dell’addizionale dal calcolo sembra proprio scomparsa definitivamente.

Tutto è possibile

Intanto sono intervenuti anche autorevoli pareri, fino alla Corte dei conti (cfr Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia, deliberazione n. 146/2009/PAR del 24 aprile 2009 e nr 274/2011 della sezione regionale di controllo della Campania) che ne stabiliscono la non applicabilità dell’addizionale ECA.

Stante ciò, in base a quale legge e regolamento il Comune di Salerno continuava ad applicare tale addizionale nonostante la sua intervenuta abrogazione con la gestione diretta del servizio di riscossione omettendo di emettere il ruolo presupposto fondamentale per la sua riscossione.

Più nel profondo della sua inapplicabilità

Non è da escludere, altresì, la presumibile violazione costituzionale posta in essere dallo stesso Comune in quanto la reiterata applicazione dell’addizionale ex ECA senza alcuna altra specificazione, di per sé vìola l’art. 53 della Costituzione perché il prelievo addizionale non è correlato ad alcun servizio.

Mai fidarsi degli addebiti alla cieca

Non indirizzandosi a finanziare direttamente alcunché, ovvero supportare alcuna spesa comunale, il criptico prelievo quando presente in dettaglio, assume i chiari tratti dell’imposta più che della tassa, violando apertamente il principio costituzionale della capacità contributiva di ciascuno.

Per ricevere maggiori dettagli e spiegazioni sulle voci di addebito indicati nelle richieste di pagamento ricevute, potete fare riferimento al form che segue.

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ECA. abrogata ma i comuni la riscuotono;

Z-score: NUOVO CODICE DELLA CRISI E DELL’INSOLVENZA

Z-score: & NUOVO CODICE DELLA CRISI E DELL’INSOLVENZA

Z-score: NUOVO CODICE DELLA CRISI E DELL’INSOLVENZA

Non di rado studiamo temi di Economia Aziendale e contabilità. Cercando con perizia di interfacciare le esigenze dei clienti con la Pubblica Amministrazione interessata ai fatti aziendali, quali ad esempio:

Check up aziendale;
Valutiamo le PMI;
Calcoliamo i Rating ;
Calcoliamo le probabilità di default aziendale delle PMI;
Preveniamo il rischio di credito e di liquidità;
Valutiamo le performance della Governance stabilendo un grado di adeguatezza;
Valutiamo i piani strategici da attuare in azienda;
le attività di gestione del passaggio generazionale;
Coordiniamo la gestione della Crisi d’impresa;
Coordiniamo la gestione del Risanamento e Turnaround, più conosciuto come il piano di risanamento e di ristrutturazione profonda di una azienda in crisi;
Cooperiamo alla attuazione delle strategie di sostenibilità dell’impresa;
Assistiamo per la redazione del Bilancio compressi i report periodici ed annuali o di Sostenibilità;
Cerchiamo di proporre i correttivi giusti per gestire i momenti critici dell’attività aziendale. Le strategie ottimali per migliorare le performance aziendali in situazioni anche di non normale attività.

L’argomento che maggiormente interessa gli operatori del diritto e della finanza dopo l’introduzione del codice della crisi d’impresa. È il risanamento d’impresa o il suo mantenimento in solvenza:

Quali sono quindi effettivamente, gli indici per la rilevazione della crisi e le tecniche di risanamento di bilancio.

A supportare la soluzione sembra intervenire l’articolo 16 primo comma proprio del nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza. Ove testualmente si legge: “Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario. Rapportati alle specifiche caratteristiche dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore e rilevabili attraverso appositi indici, con particolare riguardo alla sostenibilità dei debiti nei successivi sei mesi ed alle prospettive di continuità aziendale, nonché l’esistenza di significativi e reiterati ritardi nei pagamenti, tenuto conto anche di quanto previsto nell’articolo 27…”

Tali indici erano già indicati nella Legge 155/2017 con la seguente espressione. “…prevedere che il requisito della tempestività ricorra esclusivamente. Quando il debitore abbia proposto una delle predette istanze, entro il termine di sei mesi dal verificarsi di determinati indici di natura finanziaria da individuare considerando, in particolare:

  • il rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi,
  • l’indice di rotazione dei crediti,
  • l’indice di rotazione del magazzino
  • l’indice di liquidità corrente…

La circostanza secondo la quale il momento coincidente all’avvio della crisi viene individuato dalla Legge Delega mediante l’applicazione di tali indici. Comporta l’inevitabile considerazione secondo la quale. Gli indici descritti a cui la norma si riferisce sono da tempo superati nella dottrina aziendalistica per il controllo ordinario della gestione.

Infatti. Sappiamo che l’espressione  “analisi di bilancio per indici“. Identifica una tecnica di indagine, la quale attraverso la rielaborazione e lo studio critico dei valori e delle informazioni di bilancio. Si prefigge gli scopi di :

  • comprendere la dinamica della gestione trascorsa, esaminata nella sua interezza ovvero mirata ad alcuni suoi aspetti o settori;
  • esprimere un giudizio fondato in merito allo stato di salute dell’unità produttiva analizzata;
  • formulare stime il più possibile fondate, circa la presumibile evoluzione futura della dinamica aziendale.

Gli indici indicati dalla norma non essendo in grado di pervenire a tali conclusioni. Secondo unanime dottrina aziendalistica. Se fossero presi quale indicatore preventivo di stato di crisi d’impresa, probabilmente più del 70% delle imprese italiane. Dovrebbero essere considerate in fase di crisi quantomeno avviata.

Nella attuale stesura dell’articolo 16, tali indici sono stati rimossi a favore di più mirati indici definiti “appositi indici”. Ma come di consueto in Italia; Senza indicare quali specificatamente:

Non resta che cercare di capire quali possano essere gli appositi indici. In grado di evidenziare e far emergere lo stato coincidente o precedente la crisi dell’impresa.

L’elaborazione di modelli in grado di rilevare lo stato di crisi di un’impresa. È sempre stato in pratica ed in dottrina un tema di forte interesse.

Da sempre è ricercata la possibilità di avere strumenti atti a diagnosticare preventivamente i primi sintomi di uno stato di crisi di un’impresa per consentire ai vari stakeholders la ricerca e l’attuazione dei comportamenti correttivi necessari alla sua soluzione o prevenzione. Oppure per evitare di far desistere eventuali partner investitori o compratori. La dottrina aziendalistica, in tema di audit interno, si basa su modelli divisibili nelle due macro categorie dei:

  • modelli qualitativi,
  • modelli quantitativi.

I modelli qualitativi si basano sul presupposto che un’analisi fondata meramente su dati numerici in generale e su indici di bilancio in particolare, presenti dei limiti piuttosto evidenti ed elevati sulla possibilità di poter avere un giudizio di merito sullo stato di salute dell’impresa analizzata.

Un modello qualitativo molto diffuso è l’A-score model, elaborato da J. Argenti nel 1976, il quale si basa sulla seguente logica:

Le debolezze del management e le carenze a livello di sistema contabile (prima variabile) sono causa di errori (seconda variabile) che conducono ai sintomi del fallimento (terza variabile).

Attribuendo un punteggio ad ogni singolo elemento che compone le tre variabili indicate è possibile calcolare l’indice A score; se il valore che ne risulta è inferiore a 25 dal momento della rilevazione si ha una elevata probabilità di insolvenza (default) nei sei mesi successivi.

La validità di questo modello, come detto, presenta forti limiti di attendibilità e non è mai stata testata in modo scientifico in quanto ha il difetto di essere influenzata in maniera troppo “soggettiva” nell’attribuzione dei punteggi posti alla base dell’indice.

  • I modelli quantitativi sono invece basati sull’applicazione di indici di bilancio che possono essere suddivisi in:
  • 1) modelli “teorici”;
  • 2) modelli “empirici”.

I “modelli teorici” sono modelli che non sono mai stati utilizzati nelle analisi d’impresa in quanto riguardano l’applicazione allo schema che può essere descritto come quello “dell’impresa perfetta od ideale” ovvero l’impresa teorica ed immaginaria ovvero totalmente inesistente in quanto astratta e priva delle particolarità e peculiarità dei casi concreti; Sono quindi indici che seguono una logica mai concretizzata e sicuramente mai rilevabile nella realtà, e spesso troppo semplicistica, secondo cui un patrimonio netto, inferiore alle passività, conduce inevitabilmente al default, senza tener conto di alcuna delle variabili patrimoniali legate alle disponibilità fuori dal bilancio, ma indicate solo in Nota Integrativa

I “modelli empirici” utilizzano invece l’approccio induttivo e statistico su un campione di aziende significativo, per trarre delle regole che possano essere anche se non proprio applicate, ma quantomeno confrontate, con l’impresa concreta in osservazione, per cui applicarne i correttivi individuali, in maniera sufficientemente comparabile al caso in esame.

Tra i modelli empirici si possono citare quelli elaborati da:

Beavel nel 1966, Altman nel 1968, Taffler e Tishaw nel 1977, Ezzamel, Brodie e Mar-Molinero nel 1987.

È opportuno nel presente approfondimento, menzionare il Modello Alberici del 1975 e Argenti del 1983 i quali hanno trattato le tematiche delle analisi con campioni di imprese quantomeno italiane.

Fra tutti quelli indicati o considerati in dottrina, è certamente condivisibile la tesi secondo la quale il modello diagnostico più adeguato o verosimile è quello elaborato da Altman, anch’esso poi omologato alle PMI Italiane.

Lo “Z score model” di Altman ha la caratteristica di possedere un elevato tasso di affidabilità infatti la percentuale di errore di norma è compresa tra il 15% ed il 25%, anche in situazioni contraddistinte da anomalie contabili ovvero quando società prossime al dissesto inquinano i risultati di bilancio introducendo dati non veritieri per dissimulare il proprio status di dissesto anche se già deflagrato; a volte questo modello si presta anche, per capire se le scritture contabili sono attendibili od inesorabilmente alterate.

Il principale punto di forza del modello di Altman riguarda la semplicità d’uso: è sufficiente, infatti, risolvere un’equazione di primo grado ed ottenere il valore “Z score”, il quale comparato con gli altri parametri restituisce il cut off  con il quale è possibile determinare con apprezzabile certezza, se è possibile inserire la società nell’area di :

  • presumibile insolvenza;
  • potenziale solvibilità;
  • zona grigia.

In relazione alla Grey Zone o zona grigia non è possibile esprimere un giudizio definitivo, ma denota uno stato di salute economico-finanziario sicuramente precario.

Il modello dello Z-score, come la maggior parte dei modelli classificatori nell’ambito della diagnosi precoce e preventiva del rischio di insolvenza aziendale, si basa sulla analisi statistica discriminante.

Grazie alle molteplici applicazioni e forme di comparabilità oggi anche storiche è possibile dire che, il modello Z-score, permette di classificare col minimo errore un insieme di unità statistiche in due o più gruppi individuati a priori ad esempio i due gruppi di società selezionate distinte tra insolventi e non insolventi, tenuto conto dell’insieme di caratteristiche note e funzionali alla ricerca dell’indice o Z-score, si ottengono così dei risultati che possono essere traslati sulla singola impresa verificata. Raffrontando i valori che statisticamente si sono dimostrati essere discriminanti.

Per elaborare valori significativi, area per area di norma si identifica un variegato campione di imprese che devono poi essere assegnate a uno dei due previsti gruppi sulla base di una serie di variabili, definite appunto discriminanti e rappresentate da indici di bilancio.

Analisi Discriminante Lineare :

O = società insolventi; X = società insolventi.

Per ottenerla si devono preliminarmente analizzare i seguenti aspetti:

1. Aspetto descrittivo: si esplica nel costruire una regola di classificazione che permetta di individuare le caratteristiche delle unità statistiche che meglio discriminano le imprese tra i due gruppi;

2. Aspetto predittivo: la classificazione di una nuova unità statistica, di cui non si conosce la provenienza, in uno dei gruppi individuati a priori;

3. Errore di classificazione: l’aspetto è legato alla prevaricazione del gruppo. Infatti la probabilità che l’unità sia classificata in un gruppo diverso da quello di effettiva appartenenza, non può essere nulla.

La funzione statistica discriminante è quindi rappresentata con la seguente equazione :

Y = A1X1+A2X2+ …. + ANXN

dove A1, A2, …, AN rappresentano i coefficienti discriminanti della funzione e gli X1, X2, …, XN le variabili discriminanti determinate dall’esecutore del modello.

Una volta effettuata la selezione delle aziende, la raccolta dei bilanci per gli esercizi da considerare, si provvede ad analizzare la funzione discriminante originariamente elaborata da Altman per il suo indice lo “Z-score” appunto.

Tale funzione classifica le variabili nei seguenti indici di bilancio relativi all’analisi:

  • della liquidità,
  • della redditività,
  • della leva finanziaria,
  • della solvibilità,
  • dell’attività caratteristica.

Pertanto le variabili scelte sono dispari, divise in cinque indici, ciascuna rappresenta l’area dell’economia della specifica azienda osservata.

Di norma si usa la seguente procedura :

1. osservazione del significato statistico di ciascuna variabile in funzione di altri possibili indici, incluso il contributo alla analisi discriminante che ciascuna indipendente variabile, apporta ;

2. valutazione della correlazione di ciascuna variabile con le altre ;

3. valutazione dei test di significatività e analisi dei risultati.

Le variabili discriminanti individuate da Altman nel suo studio a modello originario; Ma rielaborate ed aggiornate per la realtà italiana delle PMI sono le seguenti :

X1 = (AC PC)/(AM+AI+RF+AC+DL)

X2 = (RL+RS)/TA

X3 = UON/(AM+AI+RF+AC)

X4 = PN/TP

X5 = RV/(AM+AI+RF+AC+DL)

Con l’espressione s’intende:

AC = Attività Correnti;

PC = Passività Correnti;

AM = Immobilizzazioni Materiali;

AI = Immobilizzazioni Immateriali;

RF = Rimanenze Finali;

DL = Disponibilità Liquide;

RL = Riserva Legale;

RS = Riserva Straordinaria;

TA = Totale Attività;

UON = Utile Operativo Netto;

PN = Patrimonio Netto;

TP = Totale Passività;

RV = Ricavi di Vendita;

X1 = esprime il valore delle attività liquide dell’azienda rispetto alla capitalizzazione totale.

Risulta evidente che una società che va incontro a perdite operative consistenti avrà una forte riduzione delle attività correnti in relazione al totale delle attività possibili.

Tale indice è sicuramente il migliore fra gli indici di liquidità, fra i quali si ricordano il current ratio ed il quick ratio.

X2 = esprime la capacità dell’impresa di reinvestire i propri utili.

Un’impresa neo varata avrà certamente un indice minore rispetto ad un azienda in navigazione già da tempo; questo perché la prima, non ha avuto materialmente il tempo di costituire proprie riserve:

Conseguentemente; Nella valutazione del rischio di insolvenza l’impresa giovane è sicuramente penalizzata in quanto questa sua caratteristica costituisce una probabilità di insolvenza maggiore dell’altra.

X3 = misura la vera produttività delle attività di un’impresa depurate da qualsiasi fattore di leva finanziaria o fiscale.

Per tale motivo l’indice risulta particolarmente appropriato nella definizione della probabilità di insolvenza e successivo fallimento; Oggi crisi aziendale.

X4 = mostra di quanto le attività di un azienda si possono ridurre prima che le passività totali eccedano le attività e si creino le condizioni per l’apertura della crisi d’impresa.

X5 = evidenzia la capacità di un azienda di generare ricavi con un determinato valore dell’attivo patrimoniale.

Esso misura la capacità dell’imprenditore di rapportarsi con la competitività del mercato di riferimento.

La funzione discriminante che se ne ricava (considerando A, B, C, D, E i risultati delle variabili indicate) è:

Z = aX1+bX2+cX3+dX4+eX5 da cui si desumono i valori del cut off e della grey area.

Tali valori sono utili sia alle banche che al fisco perché ritenuti i più rispondenti possibile per valutare lo stato di salute dell’impresa, ma anche l’atteggiamento del suo management nei confronti del mercato di riferimento;

Infatti se l’impresa ottiene un risultato :

Z superiore al valore massimo è strutturalmente sana ;
se lo Z risulta inferiore al valore minimo è destinata all’insolvenza e se non corretta alla crisi d’impresa, a meno di non modificare pesantemente la sua struttura economico-finanziaria ;
se lo Z risulta compreso tra i valori minimo e massimo, la gestione necessita di cautela .

Come si è visto, tutti i dati necessari per il calcolo dello “Z score” possono essere desunti dal bilancio d’esercizio; i principali pregi dello Z score model sono la semplicità di rilevazione e l’elevata capacità di comparazione nel tempo attraverso le variazioni anno per anno della stessa impresa, non solo ma anche nello spazio attraverso il raffronto tra imprese diverse ovviamente purché ricomprese nello stesso comparto.

Nonostante i numerosi vantaggi attribuiti allo Z-score è possiede anche che manifesti dei limiti, identificabili in:

– non valuta gli Intangible asset di una impresa;

– è asettico rispetto alla ormai imprescindibile congiuntura economica;

– non tiene conto dell’eventuale capacità di una società di ottenere finanza da soggetti diversi o terzi.

La circostanza non è di poco conto per quanti sono costretti a difendersi in Commissione Tributaria per l’applicazione ottusa degli indici ai redditi eventualmente non dichiarati utilizzati dai funzionari dirigenti dell’ Agenzie delle Entrate in caso di accertamento fiscale.

Concludendo si può dire quindi da una parte, attraverso una visione sostanzialmente aziendalistica, che lo Z-score pur non rappresentando l’unica possibilità di valutazione dello stato dell’impresa anche se non precedente alla crisi, è comunque un primo approccio per la verifica prevista dall’articolo 16, 1 comma del Codice della Crisi e dell’Insolvenza;

Lo Z-score sicuramente é sempre più applicato ed utilizzato quale riferimento procedurale, nelle more di una più stringata elencazione degli indici di bilancio da utilizzare per rilevare lo stato precedente la crisi aziendale che dovrà essere dettata dal Legislatore e come previsto nella legge delega di concerto con l’ODCEC nazionale.

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i magnifici sette del CCII

i magnifici sette del CCII

i magnifici sette del CCII

Ci rivolgiamo agli imprenditori ed i manager i quali pensano che l’aumento della pressione fiscale sia il peggior male per le imprese, ma a ben vedere con la scomparsa del fallimento e delle procedure concorsuali per come intese prima della istituzione del nuovo Codice Unico, non già del fallimento essendo passato proprio in disuso, anche il termine, saranno le attenzioni agli indici di bilancio da parte oltre che del fisco per le sue valutazioni, ma anche dalle banche ad esempio, le quali possono estrarre un RATING della vostra impresa e valutare eventuali rientri di affidamento, idem i fornitori, particolari clienti invece ricercano aziende in difficoltà alle quali dare la spallata finale,  grazie a questi indici di bilancio possono valutare la salute dell’impresa.

Bisogna quindi ben conoscere il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza quantomeno per non trovarsi impreparati, correggere le deficienze di bilancio attraverso l’analisi e la riclassificazione specifica secondo il tipo di attività.

Il nuovo codice sappiamo che prevede, la verifica di sette indici di bilancio i quali consentiranno di definire se l’impresa è insolvente o meno.

L’argomento non è di poco conto infatti il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, in sigla CNDCEC ha predisposto, ai sensi dell’art. 13 co. 2 del D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – CCII), il documento per la corretta elaborazione degli indici di allerta, trasmesso al Ministero dello Sviluppo Economico per l’approvazione definitiva e l’emanazione mediante apposito decreto.

Per i non addetti o meglio per la maggioranza degli imprenditori sarà utile segnare le fondamenta stabilite dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.

il comma 1 dell’art. 13 del CCII testualmente recita:

“Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi.

A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi.

Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base di quanto previsto nell’articolo 24”.

Dalla lettura della norma secondo il documento emanato dal CNDEC emerge il seguente assunto fondamentale:

  • gli indici hanno carattere strumentale rispetto agli indicatori di crisi definiti come “squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario”.
  • gli indici elaborati costituiscono segnali di crisi, ma non assumono da soli rilevanza sufficiente a fare ritenere sussistente uno stato di crisi.

Il legislatore stabilisce che gli indici “diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale” e che “sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi”.

Inoltre, il legislatore stabilisce che “costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi”.

Riassumendo, i fondamentali per l’impresa intenta a valutare la sua solvibilità sono:

  • gli Indicatori di crisi (indici i bilancio);
  • i Ritardi nei pagamenti reiterati e significativi.

Occorrerà in futuro tenere ben presente che non sarà più possibile discriminare i pagamenti tra fornitori o dipendenti a discapito delle imposte o degli enti previdenziali.

Le situazioni di crisi individuate dal CNDCEC

Tenuto conto quindi degli individuati fondamenti di diritto sull’insolvenza delle imprese, il CNDCEC individua una sola discriminante tra le situazioni di crisi e precisamente :

  1. quelle che possono essere gestite ancora internamente all’impresa
  2. e quelle situazioni di crisi rilevante che comportano l’obbligo di segnalazione all’OCRI (organismo di composizione della crisi d’impresa).

I commercialisti tenutari delle scritture contabili per conto terzi a questo punto hanno delle responsabilità in seno alla segnalazione considerato il palese auto riciclaggio dell’impresa cliente nel solo caso di pagamenti in assenza di cassa i quali normalmente si coprono con le rimesse dei soci o dell’amministratore.

I casi di rilevante crisi che comportano la segnalazione all’OCRI sono i seguenti:

  1. l’assenza della sostenibilità del debito nei successivi sei mesi;
  2. il pregiudizio per la continuità aziendale nell’esercizio in corso o quanto meno per sei mesi;
  3. la presenza di reiterati e significativi ritardi nei pagamenti.

Gli indici di allerta dello stato di crisi individuati dal CNDCEC

Il CNDCEC ha elaborato gli indici che facciano presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa da analizzare attraverso la precisa sequenza gerarchica e progressiva che segue:

  1. patrimonio netto negativo; Per le società di capitali è sufficiente che il patrimonio netto sia rilevato al di sotto del limite di legge;
  2. Rilevazione dell’indice da riclassificazione di bilancio DSCR (Debt Service Coverage Ratio), a sei mesi se inferiore a 1;

Qualora non sia disponibile il DSCR, sarà necessaria la coincidenza del superamento congiunto delle soglie previste per i seguenti cinque indici:

    1. sostenibilità degli oneri finanziari in termini di rapporto tra gli oneri finanziari ed il fatturato;
    2. adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali;
    3. ritorno liquido dell’attivo, in termini di rapporto da cash flow e attivo;
    4. liquidità immediata, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine;
    5. indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l’indebitamento previdenziale e tributario e l’attivo.

Il CNDEC precisa inoltre che:

gli ultimi 5 indici hanno significato solo se contemporaneamente utilizzati, fornendo ciascuno, ove isolatamente considerato, solo viste parziali di eventuali indizi di crisi.

La valutazione unitaria richiesta dal Legislatore richiede perciò il contestuale superamento di tutte le 5 soglie stabilite per tali indici.

Gerarchia e progressione di rilevamento degli indici di allerta

Il sistema di indici applicato in sequenza gerarchica progressiva sarà correttamente eseguito partendo dalla rilevazione del patrimonio netto infatti il superamento del valore soglia del primo indice (patrimonio netto negativo) rende ipotizzabile la presenza della crisi.

In presenza di patrimonio netto positivo, si passa alla verifica del superamento del valore soglia del secondo indice il (DSCR).

L’indice è uno strumento che consente di valutare la sostenibilità dell’indebitamento il Debt Service Coverage Ratio, rapporta il cash flow prodotto dall’impresa, con gli impegni finanziari assunti in termini di quota capitale ed interesse oggetto di rimborso nell’orizzonte temporale considerato.

Se tale indice non è disponibile o attendibile, si passa all’analisi congiunta dei valori soglia dei successivi 5 indici.

Nel caso in cui gli ultimi 5 indici superino i valori soglia, si rende ipotizzabile lo stato di crisi.

Sarà a questo punto naturale valutare :

  1. l’origine della crisi;
  2. lo stato della crisi;
  3. la sua soluzione;
  4. i correttivi da intraprendere;
  5. i correttivi intrapresi
  6. possibilità della soluzione;
  7. conseguenze della soluzione.

Ove tutte le circostanze fossero di difficile applicazione se non impossibili allora l’unica attività possibile è la segnalazione all’OCRI.

in Conclusione

Anche nel caso in cui il risultato della suddetta analisi dia l’assenza di una ragionevole presunzione di stato di crisi, non si può escluderne la presenza viceversa anche quando gli indicatori evidenziano una situazione critica non è foriera di circostanze critiche per insolvenza .

Il documento del CNDCEC in argomento benché definitivo resta una bozza sino a che il MISE non lo avrà approvato, come prevede la legge (art. 13, co. 2 CCII).


ANTICIPIAMO IL LAVORO

basta verificare tempestivamente e costantemente i 7 indicatori di crisi del CNDCEC ed ottemperare alle nuove norme sulla prevenzione dell’insolvenza e della crisi d’impresa, attraverso l’impiego di tool semplici ed intuitivi capaci di evidenziare i risultati utili alla discriminazione per eseguire correttivi o comunicazioni.

– inserisci le voci di bilancio liberamente o mediante del file Excel rilasciato dalla Camera di Commercio;

– per ogni periodo inserito ottieni: il giudizio sulla ragionevole presenza o assenza dello stato di crisi d’impresa e il superamento delle soglie settoriali secondo i parametri CNDCEC.

Per ottenere maggiori informazioni basta compilare la form.

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Revocabili i revisori; Ma non i sindaci nelle SrL

Revocabili i revisori; Ma non i sindaci nelle SrL

Il raddoppio dei parametri per la nomina del revisore rende revocabili quelli nominati in società per le quali i parametri al confronto si pongano al di sotto dei nuovi limiti dimensionali per la nomina dell’organo di controllo o del revisore unico.

Sono i principali effetti delle novellato art. 2477 del codice civile, con emendamento introdotto dal decreto legge c.d. sblocca cantieri (art. 2 bis), rispetto alle disposizioni in vigore dal 16 marzo, a seguito della vigenza della parte societaria del codice della crisi.

I nuovi limiti lasciano inalterati i termini per la nomina.

Come noto, l’articolo 2477 codice civile. È stato modificato dal d.lgs. n. 13/2019 recante il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

In pratica, entro il prossimo 15 dicembre le srl che nei bilanci relativi agli esercizi 2017 e 2018 avessero superato anche solo uno dei seguenti parametri:

1) Totale attivo dello stato patrimoniale 2 milioni di euro;

2) Ricavi delle vendite e delle prestazioni 2 milioni di euro;

3) Dipendenti occupati in media durante l’esercizio, 10 unità;

Erano tenute alla nomina di un organo di controllo (sindaco unico o collegio sindacale con annesse funzioni di revisione legale) o un revisore Legale.

Ebbene, ora in pratica, l’obbligo di tale nomina scatterà quando, nei due bilanci in commento, la società superi uno dei seguenti nuovi parametri:

1) Totale attivo dello stato patrimoniale 4 milioni di euro;

2) Ricavi delle vendite e delle prestazioni 4 milioni di euro;

3) Dipendenti occupati in media durante l’esercizio 20 unità;

È sufficiente quindi superare uno su tre per due esercizi consecutivi per essere onerati alla nomina; Il termine per nominare l’organo di controllo resta quello del 15 dicembre 2019.

Per contro la naturale cessazione dell’incarico si avrà quando i parametri non sono superati per tre anni consecutivi.

I revisori già nominati ?

Essendo le soglie, in via di superamento vigenti dallo scorso 16 marzo, molte srl potrebbero aver utilizzato l’assemblea per l’approvazione del bilancio 2018 di norma da tenersi nei mesi di aprile o maggio per nominare il revisore esterno.

In tal senso, peraltro, consigliavano anche alcune conservatorie dei registri delle imprese.

Ma dette nomine, possono essere revocate dalla stessa assemblea di nomina, in quelle società che superavano i vecchi parametri ma risultano al di sotto dei nuovi.

Per le società che abbiano provveduto alla nomina del revisore legale, tale possibilità appare espressamente prevista dalla legge . L’art. 4 del dm. 261/2012 infatti, ritiene (alla lett. 1), giusta causa di revoca del revisore «la sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di revisione legale per l’intervenuta carenza dei requisiti previsti dalla legge».

Ed è questa l’espressa fattispecie generale, dato che con i nuovi parametri per molte società potrebbero essere venuti meno i presupposti che hanno determinato l’obbligo di nomina.

Più complessa appare la possibilità di revocare il sindaco unico o il collegio sindacale.

In questi casi, infatti, la revoca ai sensi dell’art. 2400 codice civile da parte dell’assemblea, dovrà essere approvata con decreto del tribunale, di norma la giurisprudenza riconosce la giusta causa in negligenze del sindaco (Trib. Milano 11/7/86 Trib. Napoli 16/3/89) o in situazioni di salute personali, più che il mero venir meno dell’obbligo di legge.

In ogni caso la revoca del sindaco dall’ufficio diverrebbe operativa solo alla data del decreto del tribunale di autorizzazione o nulla osta alla esecuzione della relativa delibera dell’assemblea.


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Revocabili i revisori; Ma non i sindaci nelle SrL

Nomina organo di controllo e revisore legale nelle Srl

Nomina organo di controllo e revisore legale nelle Srl ancora nuovi limiti

Sindaco e Revisione Legale dei Conti, nelle SrL.

Con questo titolo ad aprile abbiamo già parlato dell’attenzione governativa sulla governance delle società.-

Sembra che la governance delle società private sia una vera e propria spina nel fianco anche di questo Governo. Infatti; di recente è nuovamente all’opera con la Legge 55/2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 17 giugno 2019 n. 140, per la conversione del Decreto sblocca cantieri (D.L. 32/2019), il quale ha ridefinito i limiti per la nomina dell’organo di controllo e del revisore nelle Srl.

Ricordiamo che l’articolo 379 del D.Lgs. 14/2019, contenente il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2019, aveva già riscritto integralmente il secondo e terzo comma dell’articolo 2477 Codice Civile, il quale quindi, prevedeva che la nomina dell’organo di controllo o del revisore legale, fosse obbligatoria se la società a responsabilità limitata:

  1. è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
  2. controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
  3. ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti:
    • totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro;
    • ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro;
    • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità.

L’obbligo dell’organo di controllo o del revisore veniva meno se, per tre esercizi consecutivi non viene superato alcuno dei tre nuovi limiti. Notiamo che per due esercizi consecutivi si entra nei regimi di controllo per uscirne necessitano tre esercizi.

Orbene !

Con l’introduzione dell’articolo 2-bis nel D.L. 32/2019, per il naturale tramite della Legge 55/2019, il legislatore rivede quei limiti che rendono obbligatorie le nomine.

Mentre sono confermate le prime due ipotesi:

– obbligo di redazione del bilancio consolidato

– controllo di una società obbligata alla revisione legale dei conti

Le soglie relative alla terza condizione risultano raddoppiate. Pertanto, oggi, l’obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore sussiste per le Srl che per due esercizi consecutivi hanno superato almeno uno dei seguenti limiti:

  • totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro;
  • ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro;
  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 unità.
Obbligo nomina organo di controllo a confronto
Parametri Ante modifiche D.Lgs. 14/2019 abrogato Post L. 55/2019 in vigore
2 esercizi consecutivi superamento 2 dei 3 limiti 2 esercizi consecutivi superamento 1 dei 3 limiti 2 esercizi consecutivi superamento 1 dei 3 limiti
Attivo stato patrimoniale 4.400.000 2.000.000 4.000.000
Ricavi conto economico 8.800.000 2.000.000 4.000.000
Media dipendenti occupati nell’esercizio 50 unità 10 unità 20 unità

Siamo quindi concordi che l’obbligo dell’organo di controllo o del revisore cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è superato alcuno dei limiti.

Evidentemente, con riferimento alle società aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare, in sede di prima applicazione delle nuove disposizioni, per la verifica del superamento delle soglie, si dovrà avere riguardo agli esercizi 2017 e 2018. Immediatamente quindi.

Le Srl le quali; Superati i limiti precedenti, abbiano provveduto a nominare l’organo di controllo o il revisore, dopo le modifiche della Legge 55/2019, adesso si dovessero trovare sotto soglia, e quindi non più obbligate alla nomina, potrebbero procedere alla revoca dell’organo.

Però;

  • mentre per il revisore è sufficiente la sola delibera assembleare, atteso che, ai sensi dell’articolo 4 D.M. 28.12.2012 costituisce giusta causa di revoca “la sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di revisione legale per l’intervenuta carenza dei requisiti previsti dalla legge”,
  • in caso di nomina del collegio sindacale o del sindaco unico, l’articolo 2400 cod. civ. prevede che “I sindaci possono essere revocati solo per giusta causa. La deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal tribunale, sentito l’interessato”. Il Ministero della Giustizia, con la nota n. 4865/2015, allegata alla circolare MiSE 6100/2015, ritiene imprescindibile il decreto di approvazione del Tribunale al fine della revoca per giusta causa dei sindaci; di parere opposto, invece, il Notariato, con lo Studio n. 1129/2014/I, ritiene bastevole la delibera dei soci nella quale è, e deve essere esplicitata la giusta causa.

Il  buon senso inoltre; Impone a tutti i sindaci o revisori legali nominati di recente, circostanza che ci coinvolge direttamente.

A valutare l’abbandono della carica a seguito della novella del Legislatore.

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Nomina organo di controllo e revisore legale nelle Srl ancora nuovi limiti

La legge che estingue i debiti utilizzata da pochi!

La legge che estingue i debiti utilizzata da pochi!

In Italia esiste la legge (sul sovra indebitamento) La legge 27 gennaio 2012 n. 3 sul Sovra indebitamento  La quale dispone in materia di usura e di estorsione, nonché’ di composizione delle crisi da sovra indebitamento. Vigente dal: 18-1-2013, grazie alla quale qualsiasi debitore, può estinguere i propri debiti una volta per tutte, senza entrare o per uscire definitivamente dalla lista dei cosiddetti “cattivi pagatori”.

Accedendo a questa procedura infatti ci si potrà liberare da tutti quei debiti che sono da considerarsi impagabili in quanto il proprio reddito ovvero l’intero patrimonio se c’è posto a garanzia del debito è insufficiente a pagarlo secondo le normali disponibilità finanziarie del debitore.

Una volta accolta l’istanza (da presentare presso un organismo OCC, il riferimento può essere anche l’Ordine dei Dottori Commercialisti di Salerno ed effettuate le procedure previste dalla legge e dal Regolamento  il richiedente potrà :

  • Ristrutturare i debiti ed avere una rata consona alle proprie entrate.
  • Accedere all’esdebitazione.
  • Bloccare atti esecutivi.
  • Evitare il pignoramento dei propri beni.
  • Uscire dalla lista dei cattivi pagatori.

Una manna dal cielo per chi ha debiti con ex Equitalia, Agenzia delle Entrare o con le banche!

Eppure dal 2017 ad oggi solo pochissimi italiani in difficoltà hanno approfittato di questa legge, nonostante la norma sia finita anche in tv (se ne erano occupati Report,  Le Iene e Tagadà). Come Mai ?

I motivi principali sono 2:

  • Disinformazione
  • Complessità della disciplina che non può essere attivata in modo autonomo

Al contrario, sono numerosi i casi di successo di gente riuscita ad ottenere in breve tempo un piano di ristrutturazione del debito rivolgendosi ad un team di professionisti esperti in difesa da sovra indebitamento.

La normativa consente ai debitori (in termini molto spiccioli) di presentare un piano di rientro del debito a misura del proprio reddito.
Il beneficio immediato è che , una volta presentata la domanda, ogni atto esecutivo viene bloccato e vengono sospesi gli interessi convenzionali o legali.

Chi può sanare i debiti?

Se ti trovi in questa particolare situazione, il primo passo è fare una valutazione preliminare compilando una semplice richiesta tramite un form online è possibile così ottenere una consulenza gratuita e scoprire la fattibilità dell’applicazione della legge.

Cosa fare?

Segui questi semplici passaggi:

  1. Collegati al sito corporate  e compila il form di contatto;
  2. Inserisci i tuoi dati non personali;
  3. In poco tempo otterrai una consulenza sulla debitoria.

La legge che estingue i debiti, utilizzata da pochi!