Pegno Mobiliare NON Possessorio

credito su pegno non possessorio

Il pegno mobiliare diventa non possessorio.

Una delle forme più antiche di finanziamento privato è il cosiddetto credito su pegno. Tornato in auge, negli ultimi tempi, a causa delle tante difficoltà economiche vissute da molte imprese. Oltre alle sempre maggiori difficoltà per l’accesso al credito bancario.

Vediamo come funziona il sistema per dare in garanzia qualsiasi bene mobile e/o immobile riservandosi l’uso ed il godimento. E comunque, ottenere un prestito ovvero una apertura straordinaria di credito bancario.

Ci occuperemo della normativa che disciplina il settore del credito bancario, quali sono le conseguenze se non si ripaga il debito contratto. Il meccanismo delle aste.

Quindi, valuteremo l’opportunità del credito su pegno, anche alla luce delle nuove tecnologie sugli smart contract ed il loro contenuto di patti ed immagini. I famigerati NFT (Non Fongible Token).

In fine segnaliamo le banche e le finanziarie che permettono di ottenere un piccolo prestito con il credito su pegno, almeno quelle principali. Le quali nonostante impieghino sempre più massicciamente la tecnologia in block chain non si prestano ancora alla realizzazione dei NFT.


SOMMARIO: Pegno Mobiliare NON Possessorio.

Come funziona il credito su pegno e che cos’è;

Il pegno non possessorio: quali le caratteristiche del contratto;

Il registro dei pegni non possessori;

La garanzia del prestito è il bene dato in pegno;

Quali oggetti si possono impegnare;

Valutazione del bene impegnato;

Nessuna istruttoria e tempi veloci;

Durata e riscatto;

A chi conviene;

Normativa e legge del credito su pegno;

Divieto del patto commissorio;

Lista istituti bancari che fanno credito su pegno.


Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Come funziona il credito su pegno e che cos’è

Chi cerca una soluzione di questo tipo è ovviamente un soggetto in gravi difficoltà economiche, costretto ad impegnare un bene posseduto, in genere oro. Per ottenere un piccolo prestito da restituire in un secondo momento.

Il funzionamento del credito su pegno è semplice, si dà in garanzia un bene di norma mobile, si ottiene un finanziamento. E se non si restituisce il prestito, il bene impegnato viene venduto all’asta dalla banca o altro soggetto finanziatore.

In particolare all’articolo 1 del DL 59/2016, approvato dal parlamento il 29 giugno 2016 (Pubblicato in Gazzetta Ufficiale). Sono definite tutte le caratteristiche di questo che appare come nuovo contratto.

In questo approfondimento vediamo chi può farlo, su quali beni, quali caratteristiche ha il contratto. In cosa consiste la nuova formalità del “registro dei pegni non possessori”.

Cercheremo anche di tracciare un profilo contrattuale per la block chain.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Quali le caratteristiche del contratto

Il contratto costitutivo, che può essere generato come NFT su block chain, a pena di nullità. Deve risultare da atto scritto e registrato con le seguenti caratteristiche:

  • data di stipula indicazione del creditore;
  • indicazione del debitore e dell’eventuale terzo concedente il pegno;
  • descrizione del bene dato in garanzia;
  • indicazione del valore di commercio ed ammontare del prestito;
  • indicazione del credito garantito;
  • indicazione dell’importo massimo garantito;
  • modalità di pagamento degli interessi;
  • scadenza del rimborso del credito.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Il registro dei pegni non possessori

Il contratto così redatto è opponibile ai terzi solo se iscritto nel registro informatizzato (“registro dei pegni non possessori”) tenuto dall’Agenzia delle entrate: l’iscrizione determina il grado della garanzia e consente l’opposizione del pegno ai terzi e nelle procedure concorsuali.

Attenzione: il pegno non possessorio non si costituisce con l’iscrizione nel registro. Essendo sufficiente la conclusione del contratto. L’iscrizione consente però di rendere la garanzia sul bene pubblica e opponibile ai terzi.

A seguito di tale adempimento, inoltre, il contratto sarà opponibile anche nelle procedure esecutive, oltre che in quelle concorsuali.

Il pegno non possessorio, anche se anteriormente costituito ed iscritto, non è opponibile a chi abbia acquistato con un precedente finanziamento. Un bene determinato che sia destinato all’esercizio dell’impresa e sia garantito da riserva della proprietà sul bene medesimo. Oppure da un pegno anche non possessorio, a condizione che il pegno non possessorio sia iscritto nel registro. E che al momento della sua iscrizione il creditore, informi i titolari della esistenza del precedente pegno non possessorio iscritto.

L’iscrizione deve indicare il creditore, il debitore, se presente il terzo datore del pegno, la descrizione del bene dato in garanzia e del credito garantito. Secondo quanto previsto dal comma 1 e. Per il pegno non possessorio che garantisce il finanziamento per l’acquisto di un bene determinato, la specifica individuazione del medesimo bene. L’iscrizione ha una durata di dieci anni, rinnovabile per mezzo di un’iscrizione nel registro effettuata prima della scadenza del decimo anno. 

Tutte le specifiche del registro sono rimesse a un decreto del MEF da pubblicare entro i 30 giorni dalla conversione in legge del decreto legge.

Al registro dell’ AdE si affianca la block chain, la quale come sappiamo si presta a rendere univoca qualsiasi transazione e/o accordo, ogni transazione/accordo è rappresentata da un NFT.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

La garanzia del prestito è il bene dato in pegno

Il richiedente un prestito consegna alla banca, ma anche alcune finanziarie fanno credito su pegno. Un bene in garanzia il cui valore è sufficiente a coprire la richiesta di credito effettuata.

In cambio otterrà il prestito. Corrispondente ad un valore di stima, che andrà restituito in una certa data con in più gli interessi stabiliti ed eventuali spese dovute. Se vogliamo, il credito su pegno è una particolare forma di prestiti senza garanzie. Se per queste ultime intendiamo una busta paga od un reddito che sia.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Quali oggetti si possono impegnare

Naturalmente, le banche e le finanziarie che offrono credito su pegno tendono ad accettare in garanzia beni facilmente valutabili e vendibili. Se non si ripaga il prestito ottenuto.

Viene da sè che, soprattutto, si possono impegnare oggetti in metalli preziosi, monete, argenteria di casa, orologi di lusso e gioielli. Ovviamente, si possono impegnare anche i diamanti, ma aspettatevi una valutazione certo non a vostro favore.

Sono accettati anche altri beni di valore, come i tappeti, quadri, soprammobili e così via. L’importante è che abbiano un valore sufficiente a coprire il credito richiesto (vedremo più avanti come funziona la normativa del credito su pegno al riguardo).

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Valutazione del bene impegnato

È bene precisare che l’ammontare del prestito che concede una banca che fa servizio di credito su pegno. Non sarà mai equivalente al valore stimato del bene che andrete ad impegnare.

Vedremo poi come funziona la normativa del settore. Comunque la legge stabilisce un valore massimo del prestito che non può superare la soglia dei 4/5 del valore di stima dell’oggetto impegnato. Per quanto riguarda i beni preziosi, ed i 2/3 nel caso di altre tipologie di beni.

Quindi, se decidiamo di impegnare un’anello d’oro che il perito della banca stima con un valore di 1.000 euro. Il prestito che ci verrà concesso corrisponderà ad un massimo di 800 euro. Nel caso di una autovettura, per esempio, valutata 6.000 euro, otterremo un finanziamento fino a 4.000 euro.

La ragione di questi limiti per legge è data dal fatto che in mancanza di riscatto del bene da parte del proprietario. La banca, o finanziaria che sia, può recuperare dalla vendita del bene all’asta sia il capitale equivalente al prestito concesso che gli interessi previsti.

Per evitare di accettare una valutazione troppo bassa, se decidete di impegnare un oggetto in oro. Dovete farvi un’idea più precisa nel momento in cui decidete di impegnare un oggetto di tipo equivalente. Valutando se il valore stabilito dal perito della banca, o della finanziaria, rispecchia il reale valore del vostro bene.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Nessuna istruttoria e tempi veloci

Normalmente, quando si richiede un prestito presso una banca o una finanziaria. Viene svolta la cosiddetta istruttoria creditizia, con cui si valuta l’affidabilità del futuro debitore.

Nel caso del credito su pegno il bene consegnato fa da garanzia e quindi non è necessaria un’istruttoria o indagine patrimoniale, come la vogliamo chiamare. Questa caratteristica rende il prestito ottenuto con il credito su pegno particolarmente veloce, quasi istantaneo nella sostanza. I documenti necessari alla richiesta del finanziamento sono semplicemente un documento di identità ed il codice fiscale.

Una volta valutato il valore del pegno la banca rilascia una polizza al portatore. Con la data del riscatto del bene impegnato e l’indicazione degli interessi da pagare, vale a dire del costo del prestito. Il credito su pegno, dal punto di vista della velocità di erogazione del capitale richiesto, è l’alternativa principale ai prestiti cambializzati.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Durata e riscatto

Per legge il credito su pegno può avere una durata che va da un minimo di 3 mesi ad un massimo di un anno. In media, le banche che erogano questo servizio stabiliscono una durata di 6 mesi. Che si può successivamente anche rinnovare pagando gli interessi maturati e il diritto fisso di custodia.

Scaduto il termine del prestito, stabilito nella polizza al portatore. Il cliente debitore ha le due possibilità, seguono:

  • Riscatto del bene e restituzione del prestito;
  • Messa all’asta dell’oggetto impegnato.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

A chi conviene

Se per convenienza si intendono gli interessi, allora ci sentiamo di dire a nessuno! La verità è che il credito su pegno è considerato rischioso e quindi è costoso e non certo conveniente in genere. Ma può essere una soluzione per chi non può accedere al normale settore creditizio. Quindi è possibile superare i limiti di banche e finanziarie. Per chi non passerebbe la fase dell’istruttoria creditizia, perché non ha una busta paga, un reddito dimostrabile. Oppure ha avuto problemi nella restituzione di un precedente prestito ed è inserito in una lista di cattivi pagatori.

A questo proposito, vi consigliamo la nostra guida alle centrali di rischio. Dove troverete tutte le informazioni su quali sono e come funzionano le banche dati dei cattivi pagatori. Dalla Centrale rischi di Banca d’Italia ai vari SIC, come CRIF, il più diffuso nel nostro paese. Chi si trova in questa situazione, oltre ai prestiti cambializzati. può provare la strada del prestito tra privati. Oppure anche del Social Lending, il prestito tra privati online che sta prendendo piede sempre di più anche in Italia. In quest’ultimo caso qualche garanzia può essere richiesta, ma non è una regola fissa.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Normativa e legge del credito su pegno

Il credito su pegno viene disciplinato da una normativa risalente addirittura al 1938 ed ancora in vigore. Parliamo della Legge n° 745 del 10 maggio 1938, rivisitata soltanto con il D.LGS. 1 SETTEMBRE 1993, N. 385. La garanzia di pegno si applica su cose mobili. La normativa stabilisce anche durata minima e massima del prestito ed altre caratteristiche che andiamo ad elencare:

  • Durata;
  • Polizza al portatore;
  • Stima del bene;
  • Vendita all’asta;
  • Diritto di restituzione.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Divieto del patto commissorio

Un aspetto molto importante della normativa del credito su pegno. Riguarda la proprietà del bene nel momento in cui il debitore non restituisce il prestito ricevuto. L’argomento è decisivo, perché va a legiferare la differenza di prezzo tra la stima iniziale del bene. Ed il valore che lo stesso potrebbe avere al momento della vendita all’asta. Pensiamo, per esempio, ad un oggetto in oro o in un altro materiale prezioso, la cui quotazione può variare nel tempo. Come abbiamo detto in precedenza, in questo caso la banca deve versare al cliente l’eventuale differenza di prezzo. Non può incassarla, perché il bene non diventa di sua proprietà se il cliente non lo riscatta. Può solo venderlo per rientrare del capitale finanziato e degli interessi vantati. Il divieto del patto commissorio, che alcune banche potrebbero cercare di imporre al cliente, è normato dall’articolo 2744 del Codice Civile, che recita:

“È nullo il patto (1419) con il quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno (2796 e seguenti del c.c.).”

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Lista istituti bancari che fanno credito su pegno

Non sono poche le banche che effettuano questo servizio. Quindi vedremo la lista di quelle che, a nostro parere, ma anche per ricerche online effettuate da altri siti. Possono essere considerati gli istituti principali a cui è possibile rivolgersi per richiedere un credito su pegno.

Nella tabella seguente indicheremo anche varie caratteristiche del prestito che si può ottenere, compresi durata, interessi e costo totale. Mostreremo anche il Tan e il Taeg, così potrete farvi un’idea della convenienza o meno di questa soluzione rispetto ad altre opportunità. Come vedrete, comunque, il credito su pegno costa, non è certo a buon mercato. La tabella mostra le condizioni di un prestito per un bene impegnato con un valore di stima di 500 euro. Che quindi permette di ottenere un capitale finanziato di massimo 400 euro. Il costo totale viene calcolato, nei vari esempi, sommando il credito ottenuto e gli interessi dovuti. Questi esempi sono solo indicativi. In quanto le banche possono cambiare le condizioni del finanziamento anche con una certa frequenza. Quindi solo recandosi presso una filiale si può venire a conoscenza del costo reale del prestito.

Lista degli istituti bancari che fanno credito su pegno
BancaDurata (mesi)Prestito (euro)Costo totaleTan (%)Taeg (%)
Unicredit6400418,5010,509,46
Intesa San Paolo6400427,5010,7514,22
Ubi Banca6400426,00713,42
Carige4400420,5310,0016,20
Banca Sistema6400426,00713,42
Creval6400418,849,859,64
Banca di Asti6400423,509,0012,10
Banco Bpm6400427,609,8014,28
Carifermo6400418,005,009,20

Rating di legalità: Modello 231/01

Il rating di legalità contiene il modello 231/01 delle imprese.

Rating di legalità: Modello 231/01 delle imprese.

Il rating di legalità è uno strumento importante per valutare la conformità normativa e la reputazione delle aziende anche di quelle pubbliche.

Il modello organizzativo 231/01, noto anche come “Modello 231”, è il sistema di organizzazione e gestione adottato dalle aziende per favorire e valutare l’adeguato assetto organizzativo.

Il Modello 231 è utile anche per limitare la responsabilità amministrativa derivante da reati commessi dai propri dipendenti nell’esercizio delle attività aziendali. Questo modello di condotta è disciplinato dal Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 
Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300
. (G.U. n. 140 del 19 giugno 2001)

Rating di legalità: Modello231/01; Di seguito elenchiamo i punti salienti del Modello 231:

  1. Ambito di applicazione: Il Modello 231 si applica a tutte le aziende, associazioni, enti e società di capitali italiane, sia pubbliche che private, operative.
  2. Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Il Modello 231 stabilisce che le persone giuridiche possono essere ritenute responsabili dei reati commessi dai propri dipendenti o rappresentanti.
  3. Reati previsti. Il Modello 231 elenca una serie di reati per i quali le persone giuridiche possono essere ritenute responsabili. Tra essi la corruzione, frode, riciclaggio di denaro, finanziamento illecito dei partiti politici e altri reati economici.
  4. Sistema di organizzazione e gestione. Il Modello 231 richiede alle aziende di adottare un sistema di organizzazione e gestione che includa misure di prevenzione e controllo finalizzate a evitare reati.
  5. Codice etico e procedure interne. Le aziende devono sviluppare un codice etico che stabilisca i principi e i valori guida dell’azienda e definire procedure interne che disciplinino le attività aziendali. Prevenendo il rischio di commettere reati.
  6. Nomina di un organismo di vigilanza. Le aziende devono nominare un organismo di vigilanza indipendente, incaricato di monitorare l’applicazione del Modello 231, segnalare eventuali violazioni e proporre miglioramenti.
  7. Addestramento del personale. È importante fornire un adeguato addestramento al personale dell’azienda affinché sia consapevole dei rischi di reato e dei meccanismi di prevenzione previsti dal Modello 231.
  8. Sanzioni. Il Modello 231 prevede sanzioni amministrative, quali multe e confisca dei beni, per le persone giuridiche ritenute responsabili di reati commessi nel contesto delle attività.

Questi sono solo alcuni dei punti principali del Modello 231.

È fondamentale che l’imprenditore; s’informi in modo più approfondito sulla normativa e si avvalga di consulenti legali specializzati per adeguare l’organizzazione aziendale a tale modello.

Rating di legalità: modello 231/01.

Il commercialista è abilitato per stilare un modello 231 ?;

No, il commercialista non è abilitato per stilare direttamente un Modello 231. La redazione e l’adeguamento del Modello 231 richiedono competenze specifiche in materia legale e di compliance.

Solitamente, per la stesura e l’implementazione del Modello 231, è necessario coinvolgere una figura professionale specializzata in diritto penale e compliance. Come ad esempio un avvocato esperto in diritto penale o un consulente legale specializzato nella normativa 231/2001.

Il commercialista può essere coinvolto nel processo di redazione e controllo del Modello 231/01 in quanto esperto in materia contabile e fiscale. Contribuisce però alla valutazione degli aspetti economici e finanziari legati all’implementazione del Modello 231 stesso.

Tuttavia, per garantire la corretta applicazione della normativa 231/2001, è consigliabile consultare un esperto legale qualificato. Per essere guidati nella stesura e nell’adeguamento del Modello 231 in base alle specifiche esigenze della azienda.

CCII in concreto: adeguati assetti

Riforma CCII in concreto: obbligo di adeguati assetti organizzativi per tutte le aziende

Il 15 Luglio 2022 è scattata la Riforma CCII in concreto: obbligo adeguati assetti organizzativi per tutte le aziende italiane volti all’emersione precoce della crisi.

La riforma del CCII in concreto: obbligo di adeguati assetti organizzativi per tutte le aziende, nella pratica riguarda la verifica degli adeguati assetti organizzativi per tutte le aziende, il suo naturale indicatore è l’ESG obbligo che deriva dall’entrata in vigore della legge 155/2017 che, di fatto, rivoluziona il diritto fallimentare e si allinea a quelle che sono le direttive europee in materia.

Non c’è più tempo da perdere, le imprese devono necessariamente mettere mano alla verifica degli adeguati assetti organizzativi.

Le nuove disposizioni in materia impattano notevolmente sull’amministratore inadempiente che, oltre al danno, rischia molto.

L’attività svolta dalle aziende che non sono dotate di adeguato assetto organizzativo è da considerarsi illecita al pari di una attività condotta con patrimonio netto negativo esponendo direttamente gli amministratori i sindaci ed i revisori, alla responsabilità solidale e risarcitoria.

In pratica cosa comportano queste novità? Lo vediamo insieme.

Riforma CCII in concreto: obbligo di adeguati assetti organizzativi

Il D.lgs. n. 14 2019 “Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza”

Nel 2017 la riforma della crisi di impresa introduce procedure di allerta per favorire l’emersione dello stato di crisi in fase precoce e il monitoraggio della salute delle aziende in capo a diversi soggetti, anche per preparare le stesse imprese all’adozione della direttiva EU 1023/2019 vincolante dal 16 Luglio 2016.

La legge, però, rimane in attesa dei decreti attuativi fino a Gennaio 2019.

A partire dal 2019 viene imposto all’imprenditore collettivo di adottare un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato (ai sensi dell’art.  2086 c.c.) alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale.

Simultaneamente a questo, visto il ruolo chiave dell’imprenditore e degli amministratori nel contesto di questa norma, viene introdotta anche la responsabilità solidale ed illimitata degli amministratori.

In altre parole nel momento in cui l’impresa si trova in difficoltà e non riesce a pagare un soggetto terzo, automaticamente il giudice può richiedere il pagamento con il patrimonio personale degli amministratori, nel momento in cui questi non riescono a dimostrare, attraverso un documento con valore legale, di aver provveduto al monitoraggio degli adeguati assetti.

Di fatto però, nell’impostazione della norma, non erano stati definiti i parametri necessari alla definizione degli adeguati assetti.

CCII in concreto: adeguati assetti

Segnali di allarme e allineamento alla legge

Quali sono i segnali di allarme?
Come monitorare la situazione aziendale per rilevare questi segnali?

Il perimetro di ciò che ogni imprenditore è obbligato a fare per adempiere alla legge viene definito da un’esatta elencazione dei segnali di allarme:

  • l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; 
  • l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  • l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni; 
  • l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie nei confronti del Fisco e dell’Inps nelle soglie previste dal nuovo articolo 25-novies, comma 1, del Codice della Crisi.

Riforma CCII in concreto: obbligo di adeguati assetti organizzativi

15 Luglio 2022 – entra in vigore la riforma del CCII: adeguati assetti e composizione negoziata della crisi

Dal 15 Luglio 2022 diventa effettiva la normativa e con essa il D.L. 2022, che contribuisce a:

  1. fornire una chiara e puntuale descrizione degli adeguati assetti previsti dall’art. 2086 c.c. che ogni azienda deve adottare per essere in regola con il dettato della legge
  2. introdurre il nuovo istituto della composizione negoziata della crisi d’impresa

Con “adeguato assetto” si afferma che chiunque eserciti l’attività di impresa deve adottare un assetto organizzativo idoneo al fine di:

  • rilevare squilibri di natura economica, finanziaria e patrimoniale
  • monitorare l’insorgere di segnali di allarme: debito con AdE, INPS, AR, dipendenti, fornitori, bance.
  • Verificare la sostenibilità dei debiti successivi nei 12 mesi
  • Ottenere le informazioni della checklist per la composizione della crisi d’impresa

Di queste attività sarà fondamentale documentarne attraverso report con data certa.

In sostanza, nel caso in cui l’azienda si trovi con una denuncia in tribunale da parte di un portatore d’interesse oppure vi sia una sanzione di responsabilità verso gli amministratori, per provare l’avvenuto monitoraggio degli adeguati assetti e salvaguardare il proprio patrimonio personale:

  • gli amministratori dovranno provare il monitoraggio periodico degli anni precedenti
  • avere data certa sugli elaborati trimestrali tramite marca temporale sul PDF con firma digitale

Composizione negoziata: cos’è, vantaggi (rispetto al concordato fallimentare)

Per gli imprenditori che si trovano in affanno, al posto di procedure aggressive come il concordato fallimentare è possibile accedere, in modo volontario, alla composizione negoziata della crisi che non allontana l’amministratore dal proprio ruolo.

La composizione negoziata è una procedura semplificata volta a ridurre l’indebitamento per mezzo di un esperto indipendente nominato dalla camera di commercio che media tra aziende e creditori.

Attraverso la composizione negoziata:

  • L’imprenditore continua ad amministrare in maniera esclusiva
  • Ha la tutela del patrimonio di impresa/imprenditore
  • Solo su base volontaria
  • La privacy viene garantita
  • Non possono essere fatti decreti ingiuntivi
  • Durata 180gg (rapida)

I compiti degli amministratori dal 15 Luglio 2022 nell’ambito della Riforma CCII in concreto: obbligo di adeguati assetti organizzativi per tutte le aziende

Sulla base delle novità introdotte dalla nuova normativa gli amministratori devono in ogni caso:

  • creare l’adeguato assetto e fare il monitoraggio periodico di prevenzione della crisi d’impresa
  • redigere report infra annuali a data certa per difendere il patrimonio personale di soci e amministratori

Divieti insidie Patti Successori

divieti insidie patti successori

Quali sono i divieti e le insidie nei patti successori ?

Patti successori – indice:


L’ordinamento civile italiano, prevede a chiare lettere il divieto di patti successori, salvo alcune deroghe che vedremo in dettaglio.

Il divieto trova la propria fonte normativa nell’articolo 458 del nostro codice Civile. Infatti vi si legge “Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768 bis e seguenti, è nulla [1418 c.c.] ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi” sembra chiaramente sancita la nullità di ogni patto volto a disporre della propria successione, dei diritti di una successione che si deve ancora aprire.

Che cos’è un patto successorio?

I patti successori sono una categoria di contratti o atti unilaterali che hanno come oggetto la disposizione futura dei beni di una persona non ancora defunta. L’articolo 458 del codice civile sembra suggerire tre categorie di patti successori nulli: quelli istitutivi, quelli dispositivi e quelli abdicativi (o rinunciativi).

Ciascuna di queste categorie ha in realtà caratteristiche diverse. Come vedremo ma prima bisogna anche chiedersi il perchè.

Perché vige il divieto dei patti successori?

La scelta del legislatore italiano deve ricondursi ad una forte tutela della libertà testamentaria. Nell’ordinamento italiano può davvero ritenersi che il testatore possa modificare la propria volontà rispetto alla propria successione fino ad un istante prima della sua morte.

Vincolare la sua successione ad un momento precedente la sua morte stride con la possibilità di liberamente disporre del suo patrimonio fino alla morte.

Per questo motivo il testatore non può essere vincolato contrattualmente a disporre per testamento in un determinato modo piuttosto che in un altro. La sua volontà deve essere tutelata quindi assolutamente libera, fino alla morte.

Un secondo motivo alla base dell’art 458 del codice Civile, al quale va ricondotto il divieto è da ricercarsi nella tipicità della delazione successoria. Nell’ordinamento italiano è possibile succedere per legge (successione legittima) o per testamento (successione testamentaria).

Non è previsto un terzo genere di delazione successoria ad esempio “contrattuale” o “pattizia”.

I patti successori istitutivi

Il patto successorio istitutivo è un contratto attraverso il quale un soggetto viene nominato erede dal proprio futuro dante causa. Gli effetti prodotti da questo tipo di pattuizione sarebbero del tutto simili a quelli di un testamento. Un esempio di patto istitutivo potrebbe essere rappresentato dal contratto in cui “Tizio conviene  con Caio, che Caio sia proprio erede”. La violazione della libertà testamentaria in questo caso è evidente.

I patti successori dispositivi

Sono quelli attraverso i quali un soggetto dispone per atto tra vivi di diritti che potrebbero essergli destinati all’apertura di una futura successione. Hanno generalmente natura contrattuale, ma astrattamente potrebbero anche essere atti unilaterali (ad esempio una donazione obnuziale avente ad oggetto un’eredità di una persona in vita). Un esempio di questa categoria potrebbe essere rappresentato dal contratto con il quale Tizio venda a Caio l’eredità della propria madre ancora in vita.

I patti successori abdicativi

Sono quelli attraverso i quali un soggetto rinuncia ai diritti che gli potrebbero spettare da una successione non ancora aperta. I patti successori rinunziativi possono manifestarsi sia come contratto ma anche come atto unilaterale. Hanno natura di contratto quando la rinuncia ad una futura eredità è oggetto di una pattuizione fra due o più soggetti. Viceversa un patto successorio abdicativo può essere unilaterale quando sia rappresentato dalla rinuncia (che è un atto unilaterale) ad una eredità di una persona ancora in vita. Ai sensi dell’articolo 557 del codice civile, deve ritenersi colpita dal divieto di cui trattasi la rinuncia preventiva dei legittimari all’azione di riduzione.

Gli atti esecutivi di patti successori nulli

La vicenda che ha a riguardo un patto successorio, non è in realtà solita esaurirsi nella nullità dello stesso. A un patto successorio nullo possono infatti seguire uno o più atti esecutivi. Solitamente, ad esempio, ad un patto successorio istitutivo segue un testamento in cui il testatore dà esecuzione al contratto attraverso cui si è obbligato a disporre in un certo modo. Vediamo dunque quali sono le conseguenze caso per caso.

Testamento esecutivo di patto istitutivo

Quando ad un patto successorio istitutivo segua un testamento esecutivo, quest’ultimo potrà essere dichiarato nullo ai sensi dell’articolo 626 del codice civile. Il testamento, ove in esso sia fatta menzione del patto successorio concluso, sarà nullo per illiceità del motivo.

Contratto esecutivo di patto dispositivo

Ad un patto successorio dispositivo può, non necessariamente, seguire un atto od un contratto esecutivo. Quest’ultimo sarà annullabile ai sensi del numero 4) dell’articolo 1429 del codice civile: può trattarsi di un errore di diritto, ragione determinante per il contratto. Secondo un’altra tesi un contratto esecutivo di patto dispositivo potrebbe essere ritenuto nullo ai sensi dell’articolo 1345 del codice civile, per motivo illecito, quando questo sia però comune alle parti del contratto.

Rinuncia all’eredità conseguente a patto abdicativo

La rinuncia all’eredità che faccia seguito a un patto successorio di rinunzia, non potrà invece essere impugnata, se fatta dopo l’apertura della successione. La rinuncia all’eredità può infatti essere impugnata soltanto per dolo o per violenza ai sensi dell’articolo 526 del codice civile, non per errore. Ove invece la rinuncia all’eredità che faccia seguito ad un patto abdicativo sia fatta prima dell’apertura della successione sarà invece colpita da nullità.

La recente ordinanza della Corte di Cassazione sulla nullità dei patti successori

Risulta utile riportare come esempio di valutazione del giudice sulla nullità dei patti successori la lite risolta dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14110/2021.

Tra due figli e un padre si stipulava un accordo sotto forma di scrittura privata in cui si conveniva quanto segue. I figli si impegnavano a corrispondere annualmente al padre una rendita vitalizia dell’importo di 120.000 euro in quattro rate mensili di 30.000 euro l’una. Il padre in cambio si impegnava a custodire una collezione di opere d’arte di sua proprietà conservandola in un caveau e cercando di aumentarne il valore.

La lite tra le parti sorge nel momento in cui i figli non pagano tre restanti rate della rendita pattuita. Il padre si rivolge al tribunale ottenendo i decreti ingiuntivi richiesti per il pagamento delle tre rate. Si oppongono i figli deducendo le ragioni del mancato pagamento derivanti ovvero dall’inadempimento del padre alla propria obbligazione di custodire le opere e non diminuirne il valore e chiedendo la declaratoria di nullità degli accordi presi ex articolo 458 del codice civile. Il tribunale accoglieva l’opposizione. Alla sentenza con cui veniva dichiarata la nullità degli accordi si opponeva il padre con l’appello che veniva accolto e riformava la sentenza impugnata confermando l’efficacia dei decreti ingiuntivi. Propongono ricorso per cassazione i figli.

La massima della pronuncia

La Corte d’appello negava la natura di patto successorio alla scrittura privata redatta fra le parti.

La Corte di Cassazione si conforma a tale statuizione del giudice di merito e ricorda che “ai sensi dell’art. 458, comma 1, seconda parte, c.c., sono patti successori le convenzioni che abbiano per oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta e facciano, così, sorgere un vinculum iuris, di cui la disposizione ereditaria rappresenti l’adempimento”.

“Per stabilire, quindi, – afferma la Corte – se una determinata pattuizione ricada sotto la comminatoria di nullità di cui all’art. 458 c.c. occorre accertare: 1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; 2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità comprese nella futura successione o debbano comunque essere compresi nella stessa; 3) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, così privandosi dello ius poenitendi; 4) se l’acquirente abbia contratto o stipulato come avente diritto alla successione stessa; 5) se il convenuto trasferimento, del promittente al promissario, debba avere luogo mortis causa ossia a titolo di eredità o di legato”.

Deroghe alla nullità dei patti successori

Abbiamo anticipato sopra, che divieto dei patti successori trova in realtà qualche deroga all’interno del codice civile.

La prima deroga, testuale, è rappresentata dagli articoli 768-bis e seguenti del codice civile: il patto di famiglia. Il patto di famiglia, come contratto tipico è previsto dal codice, non incorrerà dunque nel divieto di patti successori.

L’articolo 1920 del codice civile rappresenta un’ulteriore deroga al divieto di patti successori. Tale articolo consente infatti di designare per testamento il beneficiario di un’assicurazione sulla vita stipulata per atto fra vivi.

Ulteriore deroga è rappresentata dalla possibilità riconosciuta dal combinato disposto degli articoli 210 e 179 lettera b) del codice civile. I coniugi in regime di comunione legale, potranno convenire che i beni pervenuti per successione ereditaria siano attribuiti alla comunione legale dei beni.

La dottrina individua diverse deroghe al divieto dei patti successori.

Tali deroghe sono in realtà da ravvisarsi ogni qualvolta il legislatore preveda la possibilità di stipulare contratti o atti astrattamente riconducibili alle categorie di patti successori sopra elencate.

La riforma del Csm è legge: cosa cambia?

La riforma del Csm è legge: cosa cambia?

La riforma del Csm è legge: cosa cambia?

Dalla separazione delle carriere tra giudici e pm alla contestata presunzione di innocenza.

Vediamo i cambiamenti apportati dalla norma.

Dopo aver approvato le riforme del processo penale e civile, il Parlamento trasforma l’ordinamento giudiziario e il Consiglio Superiore della Magistratura.

Dalla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri a un «fascicolo per la valutazione» dei magistrati, dall’assegnazione degli incarichi al sistema del Csm in Commissioni.

E poi il divieto di parlare con i giornalisti, anche solo per smentire una notizia.

Ecco come cambia l’ordinamento giudiziario italiano.
Il futuro Consiglio Superiore della Magistratura sarà composto da 33 membri e soprattutto più quote rosa..

Tre quelli di diritto:

  • il Presidente della Repubblica;
  • il Primo Presidente di Cassazione;
  • il Procuratore Generale presso la Cassazione.

Dieci i laici eletti dal Parlamento.

Venti i togati:

  • due in rappresentanza della Cassazione;
  • cinque dalle Procure
  • tredici per la Magistratura Giudicante.

I Magistrati voteranno in sette collegi :

  • uno per la Cassazione;
  • due per la magistratura inquirente;
  • quattro per la giudicante.

In ciascun collegio si eleggeranno due componenti.

Inoltre per i giudicanti una distribuzione proporzionale di cinque seggi a livello nazionale e per i requirenti il recupero di uno, miglior terzo.

Per candidarsi non sono previste le liste; ciascun candidato presenta liberamente la propria candidatura individuale.

Devono esserci un minimo di 6 candidati.

Se non arrivano candidature spontanee o non si garantisce la parità di genere, si integra con sorteggio.

Le pagelle degli avvocati e lo stop alle nomine pacchetto
Per gli incarichi direttivi e semi direttivi, si decide in base all’ordine cronologico delle scoperture.

Sono introdotti corsi di formazione per tutti, a cura della Scuola Superiore della Magistratura, sia prima di aver accesso alla funzione che dopo.

Si rendono trasparenti le procedure di selezione, con pubblicazione sul sito Intranet del Csm di tutti i dati del procedimento e dei vari curricula, dando modo di partecipare alle scelte su direttivi e semi direttivi anche ai magistrati dell’ufficio del candidato.

Si prevede l’obbligo di audizione di non meno di tre candidati per ciascun incarico.

Nell’ambito del Csm, si dovrà individuare un contenuto minimo di criteri di valutazione, per verificare tra l’altro anche le capacità organizzative. Quanto alle valutazioni di professionalità, nei Consigli giudiziari locali ci sarà anche il voto degli avvocati, ma esclusivamente a seguito di un deliberato del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.

Stop alle porte girevoli
Per quanto riguarda le sovrapposizioni tra mandato politico e funzioni giudiziarie, si prevede innanzitutto che non sarà più possibile esercitarli nello stesso tempo, nemmeno in distretti diversi.

Per assumere l’incarico politico, il magistrato dovrà quindi collocarsi in aspettativa.

Al termine del mandato elettivo, i magistrati non potranno più tornare a svolgere una funzione giurisdizionale pubblica.

Se si sono candidati ma non sono stati eletti, per tre anni non possono tornare a lavorare nella regione dove si sono candidati né in quella dove lavoravano, né potranno avere incarichi direttivi.

Se hanno avuto incarichi apicali in organismi di governo per oltre dodici mesi (tipico il caso di capi di gabinetto), restano per un anno fuori ruolo – ma non in posizioni apicali, poi rientrano nella funzione d’origine, ma per i tre anni successivi non possono ricoprire incarichi direttivi.

Valutazione annuale dei magistrati
Sappiamo che esiste già un fascicolo personale di ogni magistrato, istituito dal 2006.

Attualmente, ad ogni valutazione di professionalità (cioè ogni 4 anni) il magistrato deve presentare al Consiglio giudiziario locale poi al Csm, provvedimenti a campione sulla propria attività svolta, e le statistiche relative alle attività proprie e comparate a quelle dell’ufficio di appartenenza.

Il fascicolo andrà ora aggiornato annualmente, seguendo l’iter dei vari provvedimenti.

Tra gli indicatori da tenere in considerazione da parte del Consiglio, gli eventuali segnali «di grave anomalia».

Limiti territoriali
Arrivano nuovi limiti territoriali per essere eletti: per le cariche elettive nazionali, regionali, province autonome di Trento e Bolzano, Parlamento Europeo, come anche per gli incarichi di assessore e sottosegretario regionale, si prevede che i magistrati non siano eleggibili nella regione in cui è compreso, in tutto o in parte, l’ufficio giudiziario in cui hanno prestato servizio nei precedenti tre anni.

Anche per le cariche di sindaco, consigliere o assessore comunale, il magistrato non potrà più candidarsi se presta servizio o ha prestato servizio nei tre anni precedenti la data di accettazione della candidatura presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente in tutto o in parte nel territorio della provincia in cui è compreso il comune o nelle province limitrofe.

Il principio da tutelare sembra essere che non dev’esserci alcun sospetto di un retroscena politico nell’azione del magistrato sul territorio.

Separazione tra le funzioni
Nel settore penale, sarà possibile un solo passaggio tra la funzione requirente e quella giudicante. Attualmente sono possibili fino a quattro passaggi di funzione.

La scelta andrà fatta entro dieci anni dall’assegnazione della prima sede.

Non ci sarà alcun limite, invece, per il passaggio al settore civile e viceversa, nonché per il passaggio alla Procura Generale presso la Cassazione.

Vietato parlare con la stampa
È una delle norme della riforma più contestate dai giornalisti.

L’articolo 11 estende il rilievo disciplinare delle dichiarazioni agli organi di stampa introducendo un nuovo illecito disciplinare per quei magistrati che informano la stampa dei risultati dell’attività di indagine, anche se solo per smentire una notizia sbagliata.

Gli unici autorizzati a parlare con i giornalisti saranno i Procuratori della Repubblica, solo in conferenza stampa ed esclusivamente in casi di rilevanza pubblica.

Forma scritta per i patti

Forma scritta per i patti

Forma scritta per i patti tra cliente e professionista sul compenso, anche se non digitalizzato con la IA, il professionista previa informativa, deve sempre pattuire il compenso della prestazione.

L’art. 9 del D.L. 1/2012 ha abrogato le tariffe professionali ed ha stabilito che per la liquidazione giudiziale dei compensi il giudice dovrà fare riferimento a parametri ministeriali, fissati con decreto per le diverse categorie professionali.
L’inciso relativo al parere dell’associazione professionale deve ritenersi abrogato in quanto le norme corporative sono state soppresse con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

L’art. 2233 c.c. dispone la nullità dei patti conclusi tra i professionisti e clienti sui compensi professionali non è abrogato, proposta e accettazione, per la validità dell’accordo, devono essere quindi redatte in forma scritta

  • Accordo sui compensi professionali
  • Nessun accordo scritto sul compenso ridotto
  • Proposta e accettazione devono avere la stessa forma, il silenzio non ha valore

Accordo sui compensi professionali

Quando cliente e professionista si accordano per la determinazione del compenso, è necessario stipulare il patto per iscritto. Nel caso in cui infatti a una proposta inviata via email dall’avvocato non segua un’accettazione nella stessa forma scritta, l’accordo non può dirsi concluso, così come se un fax di risposta a una proposta non richiami espressamente un particolare criterio indicato dal cliente per la quantificazione del compenso. Queste le due importanti precisazioni contenute nell’ordinanza di Cassazione n. 15563/2022.

Azione di recupero per i compensi di un avvocato

Un avvocato ricorre in giudizio per ottenere il pagamento dei propri compensi da una società, in relazione a tre giudizi, per un importo complessivo che supera i 122.000,00 euro. La convenuta non contesta le prestazioni eseguite, ma fa presente di aver convenuto con l’avvocato l’applicazione delle tariffe nella misura minima, con ulteriore riduzione e la divisione a metà del corrispettivo, avendo seguito le pratiche con un collega.

Il Tribunale riduce il compenso richiesto dall’Avvocato, rilevando in effetti, in un caso la presenza di un accordo e negli alti due la già avvenuta corresponsione di somme in suo favore.

Nessun accordo scritto sul compenso ridotto

L’avvocato però nel ricorrere in Cassazione solleva i seguenti motivi di doglianza:

  • con il primo motivo contesta la sussistenza di un accordo con la cliente, visto che per la normativa impone la forma scritta per questi patti e il dimezzamento del compenso visto che l’intera pratica è stata svolta dallo stesso;
  • con il secondo deduce l’assenza di accordi sul compenso in relazione a un’altra pratica e lamenta il mancato aumento del 30% del compenso a lui spettante, come previsto dal d.m 55/2014;
  • con il terzo fa presente infine l’errata decorrenza degli interessi dovuti in un caso dalla costituzione in mora e in un altro dalla domanda giudiziale.

Proposta e accettazione devono avere la stessa forma, il silenzio non ha valore

Per la Cassazione devono essere accolti il primo e il secondo motivo del ricorso, assorbito invece il terzo.

In effetti, ha precisato di recente la stessa Cassazione l’art. 2233 c.c. non può ritenersi implicitamente abrogato dall’art. 13, comma 2, della 1. n. 247 del 2012: tale norma stabilisce che il compenso spettante al professionista sia pattuito di regola per iscritto. Infatti, secondo l’interpretazione preferibile, la novità legislativa ha lasciato impregiudicata la prescrizione contenuta nel terzo comma dell’art. 2233 c.c..

In base a questa interpretazione, la norma sopravvenuta non si riferisce alla forma del patto, ma al momento in cui stipularlo: essa, cioè, stabilisce che il patto deve essere stipulato all’atto del conferimento dell’incarico.

Pertanto, poiché la email inviata dall’avv. non è stata seguita dall’accettazione nella stessa forma non è possibile affermare che vi è stato un consenso in quanto “in tema di formazione del contratto, l’accettazione non può essere desunta dal mero silenzio serbato su una proposta, pur quando questa faccia seguito a precedenti trattative intercorse tra le parti, delle quali mostri di aver tenuto conto, assumendo il silenzio valore negoziale soltanto se, in date circostanze, il comune modo di agire o la buona fede, nei rapporti instauratisi tra le parti, impongano l’onere o il dovere di parlare, ovvero se, in un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualità dei contraenti e alle loro relazioni di affari, il tacere di uno possa intendersi come adesione alla volontà dell’altro.