Agenzia delle Entrate: Ve.Ra.

L’Agenzia delle Entrate lancia Ve.Ra., il nuovo algoritmo anti-evasione.

L’Agenzia delle Entrate lancia Ve.Ra. il nuovo algoritmo anti-evasione.

Nell’evoluzione del sistema informativo tributario e delle tecniche di contrasto all’evasione fiscale, l’efficace utilizzo delle banche dati assume un ruolo sempre più determinante. Il processo evolutivo si dirige ormai veloce verso il ricorso alla cosiddetta “intelligenza artificiale” per combattere l’evasione fiscale.

Tuttavia, l’utilizzo di forme di intelligenza artificiale per il contrasto all’evasione fiscale implica una valutazione, anche sul piano giuridico, circa lo “scontro” tra interesse fiscale e interesse alla tutela dei diritti del contribuente.

Dopo redditometro e spesometro arriva Vera

Il nuovo software anti evasione messo a punto dall’Agenzia delle Entrate realizzato per scovare i furbetti del Fisco.

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del ministro dell’Economia con il nulla osta del garante della Privacy, che mette a disposizione del Fisco uno strumento di ultima generazione basato sull’intelligenza artificiale, applicata al contenuto dei data base più diversificati.

Con cui sarà possibile orientare i controlli ed ottenere le liste selettive impiegate nell’attività dell’Agenzia delle Entrate.

Come funziona il nuovo algoritmo dell’Agenzia delle Entrate

Saranno creati due dataset, ovvero due liste di contribuenti.

  1. Nella prima verranno individuate platee di contribuenti che potrebbero essere a rischio di evasione ben più alto rispetto agli altri.
  2. Nella seconda lista, invece, finiranno i contribuenti che presentano uno o più rischi fiscali.

Non saranno utilizzati i nomi reali dei contribuenti ma solo degli pseudonimi.

Solo nel momento in cui verrà inviata la lettera (di compliance con l’invito a saldare oppure il vero e proprio accertamento), allora verrà reso noto il nome.

Ve. Ra. è l’acronimo di Verifica dei Rapporti

È un software che osserva i dati contenuti nelle dichiarazioni dei redditi, relativi al patrimonio mobiliare e immobiliare, nonché tutte le informazioni ritenute a contenuto finanziario e permettere così di scovare il maggior numero di evasori.

A fare il lavoro “sporco” è l’algoritmo, che potrà mettere in connessione i dati presenti su web, sulle banche dati digitali più disparate, realizzato il profilo del contribuente acquisendone elementi che emergono dalla dichiarazione dei redditi, dal conto corrente, dalle app di acquisto e pagamento online dal numero di accessi alle cassette di sicurezza, da tutti i movimenti con moneta elettronica, i registri immobiliari e gli acquisti registrati in qualsiasi banca dati digitale.

Nello specifico, i controlli di Ve.Ra.

Si concentreranno nei confronti dei comportamenti fraudolenti più lesivi e riguarderanno: frodi, abuso del diritto, false compensazioni, e fruizione indebita dei sostegni erogati durante la pandemia di Covid-19. 

Sotto la lente del Fisco anche i soggetti italiani che nutrono debiti con l’Agenzia delle Entrate limitatamente a multe, bolli non pagati, evasione dalle tasse, e altri comportamenti lesivi a livello erariale.

In caso di evidenti discostamenti, Ve.Ra.

Segnalerà il caso all’Agenzia delle Entrate. Segnalati al contribuente in maniera soft attraverso le lettere di compliance, ormai largamente impiegate.

Attraverso l’istituto il contribuente ha la possibilità di far rettificare i dati personali inesatti. Ovvero aderire alla presunzione erariale risparmiando sulle sanzioni e sulle penalità.

Sino a detta acquiescenza, tutto sarà garantito dall’anonimato, visto che nella prima fase i dati saranno coperti da un codice che creerà una sorta di pseudonimo e soltanto in caso di segnalazione si potrà accedere al nominativo reale.

L’Agenzia delle Entrate lancia Ve.Ra. il nuovo algoritmo anti-evasione.

Crisi d’impresa nelle mani del fisco

Crisi d’impresa nelle mani del fisco

Crisi d’impresa nelle mani del fisco

Proprio grazie alla voluntary disclosure la Crisi d’impresa potrebbe essere nelle mani del fisco. Che rappresenta un’autodenuncia da parte dei soggetti che detengono all’estero investimenti e attività di natura finanziaria, anche indirettamente o per interposta persona.

Relativamente ai quali sia stata omessa la dichiarazione. Ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto. Da qui il nome voluntary disclosure, cioè collaborazione volontaria.

Come ha affermato l’Agenzia Entrate[1], la finalità perseguita dal legislatore è quella di:

“… consentire ai contribuenti di riparare alle infedeltà dichiarative passate. E porre le basi per l’avvio di un rapporto col Fisco., improntato alla reciproca fiducia. Secondo le linee guida tracciate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

Se questa è l’attività, la norma ormai abbraccia anche i versamenti d’imposta per i quali si è dichiarato l’ammontare ma non eseguito il versamento.

In tale circostanza si possono rilevare squilibri finanziari che hanno non poca attinenza con la presumibile continuazione dell’attività.

Anche il ritardo nei pagamenti quindi. Rappresenta un indicatore della crisi d’impresa. Da ciò l’Agenzia delle Entrate sta procedendo segnalando agli imprenditori morosi per somme superiori ai 5.000,00 euro, un eventuale stato di crisi.

L’Agenzia delle Entrate quindi invia ad alcuni contribuenti una serie di lettere nelle quali sono riportate delle anomalie rinvenute. Nelle loro dichiarazioni dei redditi, ovvero nelle liquidazioni periodiche IVA, riguardanti omissioni o infedeltà. Riscontrate mettendo a confronto i dati dichiarati con quelli che l’Agenzia ha a disposizione all’interno delle proprie banche dati.

In questo modo, prima che l’Agenzia notifichi un avviso di accertamento, il destinatario della comunicazione potrà regolarizzare l’errore o l’omissione attraverso il ravvedimento operoso.

Al contrario, se il contribuente non ritiene corretti i dati indicati nella sua dichiarazione. Basterà comunicarlo all’Agenzia, inviando eventuali elementi e documenti di cui l’Agenzia non è a conoscenza.

Come detto l’impresa che non ha pagato. Anche solo 5 mila euro di un qualsiasi debito erariale ad esempio l’iva del primo trimestre. Deve adeguarsi e valutare o verificare se è in crisi.

Crisi d’impresa nelle mani del fisco

Compliance

Lo prevedono i nuovi avvisi di compliance che l’Agenzia delle entrate sta recapitando agli imprenditori. Avere un debito Iva dichiarato e non versato, maggiore a 5 mila euro, infatti. Fa presumere l’esistenza di possibili sintomi di crisi d’impresa. Con la conseguente necessità che l’imprenditore debba rivolgersi alla camera di commercio per far nominare l’esperto negoziatore.

È quello che sta succedendo in questi giorni a seguito delle comunicazioni di irregolarità inviate dall’Ade. Ai titolari di partita Iva che non hanno integralmente pagato il debito risultante dalla dichiarazione periodica (lipe) presentata il 31 maggio scorso.

La segnalazione

L’invito-consiglio è conseguente alle novità introdotte dall’art. 30 sexies della legge 33/2021. In corso di recepimento e inserimento nel CCII, come previsto dal dlgs approvato dal Governo lo scorso 15 giugno (si veda espressosud.it). Disposizioni che entreranno in vigore il prossimo 15 luglio e che comporteranno altresì l’obbligo di attuare le nuove misure e assetti organizzativi previsti dall’art. 3 del CCII, con l’ulteriore obbligo di segnalazione. Da parte degli organi di controllo di invitare anch’essi gli amministratori ad attivare la Cnc o uno degli altri strumenti alternativi alla liquidazione giudiziale. Previsti dall’ordinamento.

Quali le conseguenze della Crisi d’impresa nelle mani del fisco

Le nuove segnalazioni sono velocissime. Prima dell’entrata in vigore dell’art. 30 sexies legge 233/21 l’Ade impiegava dai 12 ai 18 mesi per segnalare le irregolarità nei versamenti iva. Normalmente 24 mesi per inviare l’avviso bonario ex art. 54-bis dpr 633/72 (20 rate e sanzioni al 10%).

L’avviso inviato è formulato in maniera tale da indurre a dubitare che ciò sia ancora possibile, ancorché nella comunicazione le disposizioni siano citate.

Che fare. Con l’entrata in vigore del CCII, la segnalazione all’imprenditore e all’organo di controllo comporterà la necessità. Di esaminare con attenzione là situazione economico finanziaria dell’impresa e ciò. Richiederà di attivare il test di risanamento che la Cciaa mette a disposizione su www.composizionenegoziata.camcom.it.

Al fine di ridurre le responsabilità dei controllori. Gli stessi faranno pressione per la nomina dell’esperto della crisi, con i vantaggi e gli svantaggi dell’avvio del procedimento.

Gli amministratori indolenti invece rischieranno di essere segnalati al Tribunale.

La riforma del Csm è legge: cosa cambia?

La riforma del Csm è legge: cosa cambia?

La riforma del Csm è legge: cosa cambia?

Dalla separazione delle carriere tra giudici e pm alla contestata presunzione di innocenza.

Vediamo i cambiamenti apportati dalla norma.

Dopo aver approvato le riforme del processo penale e civile, il Parlamento trasforma l’ordinamento giudiziario e il Consiglio Superiore della Magistratura.

Dalla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri a un «fascicolo per la valutazione» dei magistrati, dall’assegnazione degli incarichi al sistema del Csm in Commissioni.

E poi il divieto di parlare con i giornalisti, anche solo per smentire una notizia.

Ecco come cambia l’ordinamento giudiziario italiano.
Il futuro Consiglio Superiore della Magistratura sarà composto da 33 membri e soprattutto più quote rosa..

Tre quelli di diritto:

  • il Presidente della Repubblica;
  • il Primo Presidente di Cassazione;
  • il Procuratore Generale presso la Cassazione.

Dieci i laici eletti dal Parlamento.

Venti i togati:

  • due in rappresentanza della Cassazione;
  • cinque dalle Procure
  • tredici per la Magistratura Giudicante.

I Magistrati voteranno in sette collegi :

  • uno per la Cassazione;
  • due per la magistratura inquirente;
  • quattro per la giudicante.

In ciascun collegio si eleggeranno due componenti.

Inoltre per i giudicanti una distribuzione proporzionale di cinque seggi a livello nazionale e per i requirenti il recupero di uno, miglior terzo.

Per candidarsi non sono previste le liste; ciascun candidato presenta liberamente la propria candidatura individuale.

Devono esserci un minimo di 6 candidati.

Se non arrivano candidature spontanee o non si garantisce la parità di genere, si integra con sorteggio.

Le pagelle degli avvocati e lo stop alle nomine pacchetto
Per gli incarichi direttivi e semi direttivi, si decide in base all’ordine cronologico delle scoperture.

Sono introdotti corsi di formazione per tutti, a cura della Scuola Superiore della Magistratura, sia prima di aver accesso alla funzione che dopo.

Si rendono trasparenti le procedure di selezione, con pubblicazione sul sito Intranet del Csm di tutti i dati del procedimento e dei vari curricula, dando modo di partecipare alle scelte su direttivi e semi direttivi anche ai magistrati dell’ufficio del candidato.

Si prevede l’obbligo di audizione di non meno di tre candidati per ciascun incarico.

Nell’ambito del Csm, si dovrà individuare un contenuto minimo di criteri di valutazione, per verificare tra l’altro anche le capacità organizzative. Quanto alle valutazioni di professionalità, nei Consigli giudiziari locali ci sarà anche il voto degli avvocati, ma esclusivamente a seguito di un deliberato del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.

Stop alle porte girevoli
Per quanto riguarda le sovrapposizioni tra mandato politico e funzioni giudiziarie, si prevede innanzitutto che non sarà più possibile esercitarli nello stesso tempo, nemmeno in distretti diversi.

Per assumere l’incarico politico, il magistrato dovrà quindi collocarsi in aspettativa.

Al termine del mandato elettivo, i magistrati non potranno più tornare a svolgere una funzione giurisdizionale pubblica.

Se si sono candidati ma non sono stati eletti, per tre anni non possono tornare a lavorare nella regione dove si sono candidati né in quella dove lavoravano, né potranno avere incarichi direttivi.

Se hanno avuto incarichi apicali in organismi di governo per oltre dodici mesi (tipico il caso di capi di gabinetto), restano per un anno fuori ruolo – ma non in posizioni apicali, poi rientrano nella funzione d’origine, ma per i tre anni successivi non possono ricoprire incarichi direttivi.

Valutazione annuale dei magistrati
Sappiamo che esiste già un fascicolo personale di ogni magistrato, istituito dal 2006.

Attualmente, ad ogni valutazione di professionalità (cioè ogni 4 anni) il magistrato deve presentare al Consiglio giudiziario locale poi al Csm, provvedimenti a campione sulla propria attività svolta, e le statistiche relative alle attività proprie e comparate a quelle dell’ufficio di appartenenza.

Il fascicolo andrà ora aggiornato annualmente, seguendo l’iter dei vari provvedimenti.

Tra gli indicatori da tenere in considerazione da parte del Consiglio, gli eventuali segnali «di grave anomalia».

Limiti territoriali
Arrivano nuovi limiti territoriali per essere eletti: per le cariche elettive nazionali, regionali, province autonome di Trento e Bolzano, Parlamento Europeo, come anche per gli incarichi di assessore e sottosegretario regionale, si prevede che i magistrati non siano eleggibili nella regione in cui è compreso, in tutto o in parte, l’ufficio giudiziario in cui hanno prestato servizio nei precedenti tre anni.

Anche per le cariche di sindaco, consigliere o assessore comunale, il magistrato non potrà più candidarsi se presta servizio o ha prestato servizio nei tre anni precedenti la data di accettazione della candidatura presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente in tutto o in parte nel territorio della provincia in cui è compreso il comune o nelle province limitrofe.

Il principio da tutelare sembra essere che non dev’esserci alcun sospetto di un retroscena politico nell’azione del magistrato sul territorio.

Separazione tra le funzioni
Nel settore penale, sarà possibile un solo passaggio tra la funzione requirente e quella giudicante. Attualmente sono possibili fino a quattro passaggi di funzione.

La scelta andrà fatta entro dieci anni dall’assegnazione della prima sede.

Non ci sarà alcun limite, invece, per il passaggio al settore civile e viceversa, nonché per il passaggio alla Procura Generale presso la Cassazione.

Vietato parlare con la stampa
È una delle norme della riforma più contestate dai giornalisti.

L’articolo 11 estende il rilievo disciplinare delle dichiarazioni agli organi di stampa introducendo un nuovo illecito disciplinare per quei magistrati che informano la stampa dei risultati dell’attività di indagine, anche se solo per smentire una notizia sbagliata.

Gli unici autorizzati a parlare con i giornalisti saranno i Procuratori della Repubblica, solo in conferenza stampa ed esclusivamente in casi di rilevanza pubblica.

Poco, addirittura senza carburante

Trasporto e rifornimento … consigli e normativa. Quante volte ci siamo ridotti con poco od addirittura senza, il carburante ?

Quante volte ci siamo ridotti con poco od addirittura senza il carburante

Ciò dipende in gran misura sul costo dei carburanti che ormai grazie ai governi che si susseguono è fuori controllo.

Anche l’incomodo di andare al distributore, caricare il carburate in una o più taniche. Per trasportarlo fino alla barca stando bene attenti alle perdite che lasciano ricordi indelebili in macchina.

Nel momento del rifornimento, quando il gasolio dalla tanica esce verso il foro di imbarco, il mare od il vento cominciano la loro opera distorsiva.

La quale come ben sappiamo, complica anche le attività più semplici. Il movimento della barca rende scoordinato il travaso la circostanza può manifestare il duplice dispiacere:

  • per il mare in cui si sversa ormai non si può tollerare neanche una goccia,
  • per la coperta, le cime di ormeggio, il legno della falchetta, eventualmente la tappezzeria della nostra preziosa barca.

È quindi consigliabile un po’ di cautela che assecondi i movimenti della barca, una erogazione del carburante più lenta, possono risolvere.

Ma!

Per eliminare la possibilità che il carburante impregni il teck la murata i rivestimenti oppure ristagni più del dovuto sulla coperta. Ogni volta che provvediamo al rifornimento in barca possiamo spargere acqua.

Naturalmente, prima di aprire il tappo del serbatoio tutta la zona interessata al rifornimento, sarà irrorata da abbondante acqua dolce.

In questo modo il carburante che dovesse liberarsi senza controllo “scivolerebbe” sullo strato di acqua. Riducendo al minimo il contatto con le parti della barca da proteggere.

Un utile riferimento normativo

Per il trasporto, massimo 60 litri e taniche omologate, solo brevi tragitti massimo 3 km. Salvi i casi eccezionali verificati ed a discrezione dalle forze dell’ordine di volta in volta.
È consentito trasportare carburanti in auto, ma con un limite massimo di 60 litri per poco tempo ed in taniche sigillate, idonee allo scopo.

A stabilire questi limiti non è l’articolo 168 del Codice della strada, bensì l’accordo internazionale “ADR” siglato a Ginevra il 30 settembre 1957.

L’“European Agreement concerning the International Carriage of Dangerous Goods by Road”.

Riguarda l’Accordo europeo per il trasporto internazionale su strada di merci pericolose, ratificato in Italia con la Legge 12 agosto 1962, n. 1839, e successive modificazioni e integrazioni.

Proprio l’ADR stabilisce un regime di esenzione totale (ADR 1.1.3.1) per i trasporti di merci pericolose come i carburanti effettuate da privati.

Quando dette merci siano confezionate per la vendita al dettaglio o “destinate all’uso personale, domestico, ricreativo o sportivo”.

Più difficile è individuare con esattezza la multa per chi sgarra, infatti per il colpevole di trasporto eccessivo, errato o rischioso, dipende da quanto sgarra.

La materia sanzionatoria è regolamentata anche dalla Circolare del Ministero dell’interno 7 ottobre 2003 n.300/A/1/44237/108/1.

La quale chiarisce definitivamente che il trasporto di combustibili nei limiti e con le modalità sopra descritte non comporta:

.a) violazione dei commi 8 e 9 dell’art. 168 del Codice della strada 

.b) La decurtazione dei 10 punti patente previsti per i trasgressori.

Un po’ più difficile è stabilire quali siano i “contenitori portatili” adatti al trasporto. Della benzina, del gasolio, o altri infiammabili.

Considerato che le norme parlano di “taniche omologate” senza specificare il materiale e neanche indicare alcuna forma o modalità di costruzione.

Le taniche possono essere in metallo oppure in plastica. Purché abbiano l’omologazione “CE” con la data di fabbricazione ed il marchio “UN” con impresso il relativo codice di omologazione.

Non disdegnare la tanica con tappo e retina antifiamma, il blocco della chiusura e l’apposito beccuccio travasatore.

TRASPORTO E RIFORNIMENTO … CONSIGLI E NORMATIVA. QUANTE VOLTE CI SIAMO RIDOTTI CON POCO OD ADDIRITTURA SENZA IL CARBURANTE.

Ultime raccomandazioni dettate più dal buon senso che da normative specifiche.

Il riempimento della tanica non deve mai arrivare oltre 2 3 cm dall’orlo. Evitare taniche oltre i 20 o 25 lt che equivalgono a circa 20 25 chili di peso.

I quali con una barca in movimento ed il tempo in sospensione per il travaso. Impegnano la muscolatura aumentando il peso tanica dal 30 al 50%.

Il carburante non deve mai attingere l’esterno della tanica, la pistola della pompa del benzinaio può provocare crepe intorno la saldatura del tappo quindi.

Non deve deformare il collo di chiusura della tanica.

Una volta giunte sul posto del travaso le taniche vanno svuotate rapidamente per evitare lo stoccaggio di sostanze infiammabili.

Attività sottoposta a severe norme della sicurezza e di prevenzione antinfortunistica.

Vogliamo così contribuire alla soluzione di qualche dubbio che ci assale casomai nel traffico cittadino con la macchina piena di taniche che sfocia nel …

Costante ed unico pensiero; “Speriamo che non mi ferma nessuno“.

Forma scritta per i patti

Forma scritta per i patti

Forma scritta per i patti tra cliente e professionista sul compenso, anche se non digitalizzato con la IA, il professionista previa informativa, deve sempre pattuire il compenso della prestazione.

L’art. 9 del D.L. 1/2012 ha abrogato le tariffe professionali ed ha stabilito che per la liquidazione giudiziale dei compensi il giudice dovrà fare riferimento a parametri ministeriali, fissati con decreto per le diverse categorie professionali.
L’inciso relativo al parere dell’associazione professionale deve ritenersi abrogato in quanto le norme corporative sono state soppresse con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721.

L’art. 2233 c.c. dispone la nullità dei patti conclusi tra i professionisti e clienti sui compensi professionali non è abrogato, proposta e accettazione, per la validità dell’accordo, devono essere quindi redatte in forma scritta

  • Accordo sui compensi professionali
  • Nessun accordo scritto sul compenso ridotto
  • Proposta e accettazione devono avere la stessa forma, il silenzio non ha valore

Accordo sui compensi professionali

Quando cliente e professionista si accordano per la determinazione del compenso, è necessario stipulare il patto per iscritto. Nel caso in cui infatti a una proposta inviata via email dall’avvocato non segua un’accettazione nella stessa forma scritta, l’accordo non può dirsi concluso, così come se un fax di risposta a una proposta non richiami espressamente un particolare criterio indicato dal cliente per la quantificazione del compenso. Queste le due importanti precisazioni contenute nell’ordinanza di Cassazione n. 15563/2022.

Azione di recupero per i compensi di un avvocato

Un avvocato ricorre in giudizio per ottenere il pagamento dei propri compensi da una società, in relazione a tre giudizi, per un importo complessivo che supera i 122.000,00 euro. La convenuta non contesta le prestazioni eseguite, ma fa presente di aver convenuto con l’avvocato l’applicazione delle tariffe nella misura minima, con ulteriore riduzione e la divisione a metà del corrispettivo, avendo seguito le pratiche con un collega.

Il Tribunale riduce il compenso richiesto dall’Avvocato, rilevando in effetti, in un caso la presenza di un accordo e negli alti due la già avvenuta corresponsione di somme in suo favore.

Nessun accordo scritto sul compenso ridotto

L’avvocato però nel ricorrere in Cassazione solleva i seguenti motivi di doglianza:

  • con il primo motivo contesta la sussistenza di un accordo con la cliente, visto che per la normativa impone la forma scritta per questi patti e il dimezzamento del compenso visto che l’intera pratica è stata svolta dallo stesso;
  • con il secondo deduce l’assenza di accordi sul compenso in relazione a un’altra pratica e lamenta il mancato aumento del 30% del compenso a lui spettante, come previsto dal d.m 55/2014;
  • con il terzo fa presente infine l’errata decorrenza degli interessi dovuti in un caso dalla costituzione in mora e in un altro dalla domanda giudiziale.

Proposta e accettazione devono avere la stessa forma, il silenzio non ha valore

Per la Cassazione devono essere accolti il primo e il secondo motivo del ricorso, assorbito invece il terzo.

In effetti, ha precisato di recente la stessa Cassazione l’art. 2233 c.c. non può ritenersi implicitamente abrogato dall’art. 13, comma 2, della 1. n. 247 del 2012: tale norma stabilisce che il compenso spettante al professionista sia pattuito di regola per iscritto. Infatti, secondo l’interpretazione preferibile, la novità legislativa ha lasciato impregiudicata la prescrizione contenuta nel terzo comma dell’art. 2233 c.c..

In base a questa interpretazione, la norma sopravvenuta non si riferisce alla forma del patto, ma al momento in cui stipularlo: essa, cioè, stabilisce che il patto deve essere stipulato all’atto del conferimento dell’incarico.

Pertanto, poiché la email inviata dall’avv. non è stata seguita dall’accettazione nella stessa forma non è possibile affermare che vi è stato un consenso in quanto “in tema di formazione del contratto, l’accettazione non può essere desunta dal mero silenzio serbato su una proposta, pur quando questa faccia seguito a precedenti trattative intercorse tra le parti, delle quali mostri di aver tenuto conto, assumendo il silenzio valore negoziale soltanto se, in date circostanze, il comune modo di agire o la buona fede, nei rapporti instauratisi tra le parti, impongano l’onere o il dovere di parlare, ovvero se, in un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualità dei contraenti e alle loro relazioni di affari, il tacere di uno possa intendersi come adesione alla volontà dell’altro.

Pignoramento presso terzi; Cambia da giugno 2022

Pignoramento presso terzi; Cambia da giugno 2022

Pignoramento presso terzi; Cambia da giugno 2022. La cassazione ci fornisce l’occasione per approfondire i temi sul recupero dei crediti, fino al punto di doverli cedere per esigenze di bilancio.

La riforma del processo civile introduce un nuovo onere per il creditore, andando a modificare il pignoramento presso terzi ex art. 543 c.p.c.

  • Come cambia il pignoramento presso terzi
  • Cosa dovrà fare l’avvocato dal 22 giugno 2022?
  • Onere a pena d’inefficacia del pignoramento

Come cambia il pignoramento presso terzi

Il pignoramento presso terzi cambia dal 22 giugno 2022. Una data che l’avvocato dovrà tenere bene a mente per le nuove scadenzare se dovrà procedere, a partire dalla data, a un pignoramento presso terzi.

Ricordiamo che il 24 dicembre 2021 è entrata in vigore la Legge n. 206/2021. Che contiene la “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione. Della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione. Dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”.

Diverse le norme del processo esecutivo modificate dalla riforma, tra queste anche l’art. 543 c.p.c., che prevede a carico del creditore un onere ulteriore, nel momento in cui procede al pignoramento presso terzi.

Cosa dovrà fare il creditore dal 22 giugno 2022?

L’art. 543 c.p.c, in virtù della riforma del processo civile viene integrato con altri due commi, che vengono aggiunti dopo il quarto e che così recitano:

  • “Il creditore. Entro la data dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di pignoramento. Notifica al debitore e al terzo l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione. Del numero di ruolo della procedura e deposita l’avviso notificato, nel fascicolo dell’esecuzione. La mancata notifica dell’avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell’esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento.
  • Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi. L’inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l’avviso. In ogni caso. Ove la notifica dell’avviso di cui al presente comma non sia effettuata. Gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento.”

L’onere che dovrà essere sopportato dal creditore. In caso di pignoramento presso terzi, è quello della notifica dell’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo e del relativo deposito nel fascicolo dell’esecuzione.

Nuovo onere a pena d’inefficacia del pignoramento

Un inutile e vergognoso onere procedurale in più. Che va a gravare sul legale del creditore. E che sembra porsi in contrasto con le finalità di “semplificazione” e di accelerazione del rito procedurale in materia civile. Tanto sbandierato dai governo, finendo così come di consueto. Per appesantire la procedura finalizzata a tutelare il credito da parte di un soggetto che comunque. È già in possesso di un titolo esecutivo, per avviare l’esecuzione nelle sue diverse e possibili forme.