Versamenti; Tassa imbarcazioni

Versamenti; Tassa imbarcazioni

Tassa sulle imbarcazioni da diporto

L’argomento nautica da diporto interessa sempre maggiori utenti, spesso sono solo i budget a disposizione a determinare la tipologia di imbarcazione da possedere.

Analizzando nello specifico i costi di esercizio di una imbarcazione non sono solo le dimensioni a stabilire i costi maggiori, anzi. Ad esempio una imbarcazione in vetroresina lunga 10 metri, dotata di due motori italiani a gasolio avrà costi di esercizio e manutenzione sicuramente minori di una barca di 7 metri con un solo motore non italiano.

Tanti cercano soluzioni di impiego per la loro imbarcazione, alternative al diporto canonico per finanziarsi e consentirsi l’unico vero svago, vivere il mare. Ricordiamo il Boat & Breakfast trattato in un precedente post.

Tornando all’argomento del post le imposte,

Esse gravano sulle imbarcazioni così come la manutenzione ordinaria, tra le imposte indirette ricordiamo l’imposta IVA e l’importanza della territorialità per l’esenzione secondo la circolare n° 43E del 29 Settembre 2011. Anche questo argomento è stato approfondito nel precedente post. Limitatamente alle attività portuali.

Diciamo subito che la tassa sulle imbarcazioni (unità da diporto) è stata abolita dal comma 366, articolo 1 della legge n. 208/2015, limitatamente a quelle imbarcazioni non immatricolate non iscritte al RINA.

L’Agenzia delle Entrate non ha ancora provveduto ad emanare una circolare specifica riguardo le modalità per non incorrere in penalità o sanzioni, pertanto bisogna fare riferimento all’ultima circolare utile precisamente la n° 16/E del 30 Maggio 2012. Sul sito istituzionale della stessa A. d E. sono stati semplicemente aggiornati i lineamenti fondamentali della tassa sulla imbarcazioni.

Parametri di calcolo, come pagare
I possessori di unità da diporto dai 14,01 metri di lunghezza, in precedenza erano 10 mt. sono tenuti a pagare appunto la tassa annuale così come prevista dall’Art. 23 DL 69/2013.
Di seguito la tabella comparativa per determinare l’importo della tassa dovuta di seguito come pagarla, la scadenza prevista e i moduli di pagamento, considerata la vetustà dell’aggiornamento consigliamo di seguire direttamente il sito dell’Agenzia delle Entrate.

Quanto pesa la tassa

La tabella rappresenta la sintesi dell’assoggettamento in base alla lunghezza dell’imbarcazione:

Sono tenuti al pagamento della tassa, non solo i proprietari delle barche, ma anche gli usufruttuari e gli acquirenti se hanno stipulato un patto di riservato dominio. È importante rimarcare la circostanza secondo la quale in caso di noleggio occasionale il noleggiante rimane obbligato in solido con l’armatore.

Lunghezza scafo *

Tassa annuale **

da 14,01 a 17

870,00

da 17,01 a 20

1.300,00

da 20,01 a 24

4.400,00

da 24,01 a 34

7.800,00

da 34,01 a 44

12.500,00

da 44,01 a 54

16.000,00

da 54,01 a 64

21.500,00

superiore a 64

25.000,00

*    Lunghezza in metri lineari dalla plancia se c’è o specchio di poppa al tutto fuori o delfiniera di prua.

**  Importi espressi in Euro (€)

La tassa è ridotta:

  1. a zero il primo anno di assoggettamento, infatti; La tassa è dovuta solo a partire dal secondo anno di immatricolazione/iscrizione,
  2. del 50% per le barche a vela con motore ausiliario, che abbiano un rapporto fra superficie velica e potenza del motore uguale o maggiore di 0.5,
  3. del 15% dopo 5 anni dalla data di costruzione;
  4. del 30% dopo 10 anni
  5. del 45% dopo 15 anni.

Scadenza e modulistica da utilizzare

La tassa deve essere versata ogni anno, entro il 31 maggio. È facile consigliare di concentrare in questo periodo la scadenza della polizza di assicurazione rc obbligatoria sui motori.

Il versamento della tassa sulle imbarcazioni da diporto, si esegue compilando il modello “F24 completo di tutti i dati propri del documento di pagamento nonché gli elementi identificativi del pagamento” in cui nello specifico va inserito il codice tributo 3370.

Nel caso di errore dopo aver versato una somma eccedente l’imposta dovuta, è possibile richiedere il rimborso.

La somma versata in eccesso non è compensabile con annualità successive.

In caso nel corso dell’anno dovessimo cambiare imbarcazione, la differenza di imposta dovuta per acquisto di imbarcazione più grande, va versata al momento della iscrizione dell’acquisto, se contestuale anche la cessione della vecchia barca.

È fuori dubbio la tassa sulle imbarcazioni da diporto è dovuta per ciascuna imbarcazione, un armatore intestatario di più imbarcazioni sarà chiamato a pagare la tassa per ciascuna di loro.

La richiesta di rimborso deve essere inviata online (direttamente dal contribuente tramite Entratel o Fisconline, oppure tramite caf, commercialisti e gli altri soggetti intermediari fiscali abilitati).

Alcuni casi di esenzione, quando la tassa non è dovuta:

– le unità obbligatorie di salvataggio; per le unità usate da enti e associazioni di volontariato ai fini di assistenza sanitaria e pronto soccorso non anche per altri tipi di associazioni o enti di volontariato;
– per le unità di portatori di handicap che richiedono l’utilizzo delle unità stesse;
– per i battelli di servizio (per convalidare l’esenzione, i battelli in questione  devono riportare l’indicazione dell’unità da diporto che servono);
– le nuove unità da diporto con “targa prova” che quindi sono di stanza ancora nel magazzino o nel negozio del produttore/venditore;
– per le unità inserite in contratti di locazione finanziaria che però si sono risolti per inadempienza dell’utilizzatore. ( si ricorda che la morosità deve risultare da sentenza passata in giudicato).


Per qualsiasi dubbio, oppure per la semplice assistenza alla corretta applicazione della norma e dell’F24 per il pagamento, non esitate a compilare il modulo di contatto, il quale grazie alla completa gratuità per gli utenti internet sta riscuotendo notevole successo. Siamo sicuri che possa essere utile anche a voi.


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Quando l’amministratore diventa il padrone del palazzo ?

Quando l'amministratore diventa il padrone del palazzo ?

Quando l’amministratore diventa il padrone del palazzo ?

Il titolo dell’articolo vuol rimarcare l’atteggiamento di molti amministratori di condominio, i quali di fatto adottano linee di condotta non proprio trasparenti o legali, le quali pongono un vero e proprio macigno dinanzi l’esercizio democratico dei propri diritti da parte dei singoli comproprietari.

Possiamo subito rispondere alla domanda posta nel titolo, in estrema sintesi l’amministratore crede di essere stato nominato proprietario esclusivo dell’intero fabbricato quando, all’interno del sodalizio serpeggia l’ignoranza supportata dalla fiducia verso questa specie di professionista “l’amministraTore di condominio”.

Lui l’amministratore non sa, o non dice le cose, l’assemblea fiduciosa approva.

Il momento magico per far valere i propri diritti in condominio è l’assemblea, infatti come tutti i sodalizi in regime democratico, per la gestione della “cosa comune” e per la gestione della coincidenza della proprietà privata, tutti i proprietari si riuniscono;

  1. nominano un amministratore della proprietà in comunione;
  2. gli attribuiscono un emolumento;
  3. stabiliscono la durata del suo mandato.

La legge poi spiega e dettaglia come lo stesso amministratore potrà e dovrà provvedere al suo ufficio.

L’amministratore del condominio secondo il nostro Codice con l’assunzione della carica deve anche assolvere alla funzione di informatore dei proprietari, vediamo bene ed in dettaglio di cosa dobbiamo essere informati e sopratutto con quale forma.

Assume pertanto una particolare funzione ed importanza il rendiconto dell’amministratore di condominio,  perché pur non conforme a quello previsto dagli amministratori delle società, non è neanche uno sterile elenco di numeri,  che per molti condomini proprietari rappresenta solo un documento da visionare ed approvare in fiducia. Sul quale meglio non fare domande per non fare la figura del fesso davanti a tutti gli altri condomini od in assemblea.

Il rendiconto condominiale

Vediamo cos’è il rendiconto, cosa deve contenere, gli obblighi e le sanzioni per l’amministratore.
Sappiamo che la riforma del condominio del 2012 ha imposto obblighi e procedure contabili nonché reso il rendiconto condominiale sicuramente più complesso.
Ma utile a chiunque per operare una trasparente verifica delle attività poste in essere dall’amministratore.
 

– cos’è

Prima che intervenisse la riforma, era sufficiente che l’amministratore “rendesse il conto della sua gestione”, senza precisare in che modo dovesse essere realizzato il rendiconto, mentre sul punto il Legislatore nel 2012 ha meglio articolato la norma.
Questa tiene conto della specialità dell’ambito condominiale, evitando qualunque richiamo alle regole dettate in ambito di bilancio di esercizio societario poiché questo si ritiene essere qualcosa di distinto e separato, concepito per attività differente e governato da una disciplina diversa.

– dopo la riforma del 2012

La riforma in parola, ha notevolmente inciso e implementato gli obblighi contabili che l’amministratore è tenuto a rispettare nei confronti dei proprietari (cfr. artt. 1129, 1130 e 1130-bis, c.c.): questi, ad esempio, deve :
1) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione
2) convocare l’assemblea per la relativa approvazione
3) eseguire gli adempimenti fiscali,
4) assicurare la tracciabilità delle operazioni di entrata ed uscita.
Infatti, l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; inoltre, ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, potrà chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.

– cosa contiene

Il rendiconto condominiale, precisa la legge, “contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente la situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica”.
Il rendiconto, prosegue la norma, si compone di :
1) un registro di contabilità,
2) un riepilogo finanziario,
3) una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.
All’assemblea condominiale sarà consentito, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio;
Oltre a stabilire che le scritture e i documenti giustificativi dovranno essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione, la riforma ha ufficializzato un diritto già in precedenza riconosciuto seppur nel silenzio della legge, quello dei condomini e dei titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari a prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e di estrarne copia a proprie spese.
La giurisprudenza in formazione dal 2012, con la sentenza torinese n. 3528/2017 ha rammentato che l’art. 1130-bis c.c. impone la redazione del rendiconto condominiale annuale e che lo stesso debba contenere una serie di specifiche voci contabili, indispensabili alla ricostruzione e al controllo della gestione dell’amministratore da parte di ogni condomino.
In particolare, gli elementi imprescindibili del rendiconto sono:
1) il registro di contabilità;
2) il riepilogo finanziario;
3) una nota di accompagnamento sintetica, esplicativa della gestione annuale.
Come già detto; La mancanza di uno solo di questi documenti, secondo la pronuncia del Tribunale piemontese, renderà invalida la delibera assembleare che approva il rendiconto nel caso, il Tribunale ha annullato la delibera che aveva approvato il rendiconto condominiale per mancanza della nota esplicativa.

– le sanzioni

Se l’art. 1129 espressamente prevede la revoca dell’amministratore che non usa (anche parzialmente) il conto corrente, molto spesso la giurisprudenza è già intervenuta ma non perde occasione per confermare come la situazione degli obblighi contabili post riforma sia particolarmente stringente.
Nessuno spazio è stato lasciato all’interpretazione.

Tracciabilità delle operazioni condominiali

Va detto che la norma che stabilisce l’obbligo ex lege di tracciare le operazioni contabili (in entrata e in uscita) alcun limite minimo o massimo di valore è stato posto, pertanto; Ogni movimentazione dovrà necessariamente transitare dal conto corrente condominiale.
L’adempimento di tale obbligo, inoltre, dovrà risultare in sede di redazione del rendiconto poiché andranno indicate specificamente, per ogni operazione di entrata e di uscita, le modalità attraverso le quali sono state effettuate (ad esempio tramite bonifico, pos, assegno, ecc.).
Dalle nuove regole e dai nuovi obblighi enucleati dalla riforma si comprende la necessaria complessità del rendiconto e della sua redazione,risultante dalla somma di diversi documenti i quali dovranno consentire la ricostruzione, la verifica o il riscontro immediato delle operazioni contabili dell’ente da parte dei condomini.

Revoca amministratore che ritarda il rendiconto

Molti tribunali come ad esempio il Tribunale di Taranto, con un decreto del 21 settembre 2015 hanno ritenuto legittima la revoca dell’amministratore di condominio il quale sottopone in ritardo all’assemblea per l’approvazione del conto dei suoi esercizi, anche se questi siano stati poi approvati dai condomini.
Ciò in quanto, non rendere il conto della gestione rileva di per sé ai sensi dell’art. 1129 c.c. grave irregolarità e, per il giudice, “deve al riguardo sottolinearsi che quando ci si trova di fronte a delibera assembleare che approvi rendiconti pluriennali, non osservandosi la regola della necessaria annualità del rendiconto, si ritiene che si configuri una forma di nullità e non di semplice annullabilità della delibera“.
La ratio, pertanto, è quella di “assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore” Il provvedimento di revoca dell’amministratore non è suscettibile di ricorso per cassazione.

Omissione rendiconto

Anche la Cassazione (sent. 28764/2017) ha sottolineato l’obbligo gravante sull’amministratore di condominio di redigere il rendiconto annuale che dovrà essere approvato dall’assemblea, appositamente convocata entro centottanta giorni.
Tale omissione potrà comportare la revoca giudiziale dell’amministratore, siccome espressamente ritenuta “grave irregolarità”; qualora penda un provvedimento giudiziale di revoca, le delibere di approvazione tardiva dei rendiconti, eventualmente adottate nelle more di detto procedimento, non varranno a sanare l’inadempimento dell’amministratore che ha tra i suoi precipui compiti, quello di rendere il conto della sua gestione (leggi: Condominio: il rendiconto approvato tardivamente non “salva” l’amministratore dalla revoca giudiziale).
 
Abbiamo visto quindi come l’amministratore del condominio dovrà predisporre i documenti utili al suo ufficio.
Se in assemblea condominiale non sono prodotti questi documenti dal vostro amministratore, poi non vi lamentate se fa il padrone con la vostra proprietà.
In pratica nessuno di noi manderebbe qualcuno ad eseguire delle commissioni dotandolo di autonomia economica, senza riceversi o attendersi una resa del conto di quanto commissionato e soprattutto gli esiti della commissione.

Per qualsiasi dubbio o approfondimento, compilare la form che segue, anche per singole informazioni.

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Reddito di cittadinanza 2019

Reddito di cittadinanza 2019

La misura introdotta nella Legge di Bilancio 2019, è il sussidio in denaro per coloro che sono residenti in Italia da almeno 10 anni e questo a prescindere dal fatto che abbiano un reddito o meno.

La previsione normativa ha il duplice scopo di rilanciare l’economia con gli sgravi sul costo del lavoro per le imprese che assumono cittadini beneficiari del reddito di cittadinanza.

Il secondo grande obiettivo nel welfare, è quello di livellare il reddito medio della popolazione ad € 9.360,00 annui, per chi non ha immobili.

Il sito che risponde al seguente indirizzo: https://www.redditodicittadinanza.gov.it/ è disponibile per dare tutte le informazioni di supporto ai cittadini.

Sono grandi quindi le aspettative dalla importante innovazione.

Reddito di cittadinanza 2019: cos’è e come funziona

A differenza degli altri ammortizzatori sociali quali la disoccupazione, per i quali la condizione imprescindibile è quella di non avere un lavoro, il reddito di cittadinanza ha a che fare con la soglia di povertà certificata dall’ISEE.

Pertanto, anche chi ha un impiego o è già in pensione ma ha il reddito molto basso sotto i 780 euro mensili può richiedere il Reddito di Cittadinanza.

Ha infatti diritto al reddito di cittadinanza:

  • chi possiede un reddito al di sotto dei 780 mensili ed è da solo in famiglia quindi il nucleo familiare è composto da una sola persona.
  • chi è in una famiglia con un numero di componenti maggiore di uno, in questo caso il reddito di riferimento viene moltiplicato per la scala di equivalenza.
  • avere più di 18 anni quindi essere maggiorenne;
  • essere in possesso della cittadinanza italiana o di paesi dell’Unione Europea o suo familiare titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, o proveniente dai Paesi che hanno sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, o cittadini di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per lunghi periodi;
  • essere residenti in Italia da almeno 10 anni;
  • avere un reddito da lavoro inferiore a quanto previsto dalla soglia di povertà;
  • percepire una pensione al di sotto della soglia di povertà;
  • avere un patrimonio immobiliare, eccezione fatta per la prima casa, che non superi i 30mila euro;
  • non avere depositi in conto correnti, obbligazioni o azioni per un valore superiore ai 6mila euro. La somma é aumenta di 2 mila euro per ogni componente della famiglia, se tra essi vi fosse un disabile l’aumento arriva a 5mila euro.
  • se una famiglia abita in una casa locata, il reddito da cui poter partire, come nucleo familiare per la richiesta del reddito di cittadinanza è di 9.360 euro.

Il reddito comunque secondo l’indicatore ISEE non deve superare i 9.360,00 euro annui.

Che scende ad euro 7.560,00 nel caso di residenza in casa di proprietà.

Come fare domanda

Tra i documenti utili alla compilazione della domanda c’è il proprio ISEE il modello che scade a gennaio di ogni anno, bisogna accertarsi di essere in possesso di un conteggio ISEE valido ed aggiornato.

Le domande possono essere inoltrate, a partire dal 6 marzo 2019:

  • online attraverso il sito dedicato al Reddito di Cittadinanza;
  • tramite gli uffici postali;
  • tramite CAF;
  • tramite gli Studi Professionali dei Dottori Commercialisti che offrono il servizio gratis;
  • tramite gli Studi professionali dei Consulenti del Lavoro che offrono il servizio gratis.

Successivamente l’invio della domanda L’INPS verifica il possesso dei requisiti. Dopo l’accettazione, entro 30 giorni, il beneficiario verrà contattato dai Centri per l’impiego per individuare il percorso di formazione propedeutico al reinserimento lavorativo più congeniale e da attuare attraverso la figura di riferimento di ciascun richiedente del reddito di cittadinanza il tanto discusso Navigator.

Come viene erogato il reddito di cittadinanza

Luigi DI MAIO, ha presentato alla stampa la prima card, ed ha informato che da aprile saranno emesse le prime carte destinate alla distribuzione prepagate delle Poste, la card che abbiamo visto è simile a un bancomat ed è dotata di chip elettronico, già battezzata la Carta RdC.

Sarà utile per pagare bollette, affitti, mutuo e per acquistare beni di prima necessità.

Sarà possibile effettuare prelievi in contante per un massimo di 100,00 euro al mese per singola card, se per un nucleo familiare sarà moltiplicato per la scala di equivalenza.

Le movimentazioni sono disponibili grazie alle piattaforme informatiche dedicate proprio al reddito di cittadinanza del “Sistema informativo unitario dei servizi sociali”.

Entro 30 giorni dal riconoscimento del reddito è necessario spendere il reddito, pena il decurtamento del 20% sull’importo del mese successivo. Ad esempio il reddito di cittadinanza di aprile va speso entro maggio.

C’è anche chi non ha diritto

Oltre a chi non rispetta il mantenimento dei requisiti sopra, non hanno diritto al reddito di cittadinanza:

  • le persone che si trovano in carcere, dal momento di accesso e per tutta la durata della pena;
  • chi è ricoverato in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica;
  • i nuclei familiari in cui tra i componenti c’è una o più persone disoccupate a seguito di dimissioni volontarie nei 12 mesi successivi alla data delle dimissioni, eccezion fatta per le dimissioni per giusta causa.

A quanto ammonta il reddito di cittadinanza

sappiamo che il massimo previsto è di 780,00 euro al mese per chi non ha un lavoro ed è senza reddito.

Chi ha un reddito, invece, ma è comunque al di sotto della soglia di povertà, avrà diritto al reddito di cittadinanza, sino alla soglia dei 780,00 euro previsti.

Va tenuto conto però del nucleo familiare:

  • infatti se la famiglia in realtà è un solo componente: il massimo ottenibile, come integrazione, è pari a 6.000,00 euro l’anno, ossia 500,00 euro al mese, attenzione la quota varia per la pensione di cittadinanza;
  • se invece la famiglia ha più componenti: il massimo ottenibile è di 1.050,00 euro al mese ossia 12.600,00 euro all’anno.

Inoltre c’è una seconda componente del Reddito di Cittadinanza che varia tenendo conto della disponibilità della residenza abituale. Affitto da pagare o mutuo:

  • chi ha un affitto da pagare, può avere una integrazione per il solo canone di locazione che è di 360,00 euro al mese, ossia 3.720,00 euro anni;
  • tale quota si dimezza per chi ha una pensione di cittadinanza;
  • in caso di mutuo, il massimo previsto è di 150.00 euro al mese, ossia 1.800,00 euro all’anno,
  • se il contratto di mutuo o di locazione è a nome di uno dei componenti del nucleo familiare.

La durata

Se si hanno tutti i requisiti si può ottenere il reddito di cittadinanza per un massimo 18 mesi, con possibilità di rinnovo e, in tal caso, con sospensione per un mese.

Il reddito di cittadinanza è legato anche ai patti di inclusione e lavoro, pertanto se i centri per l’impiego, così come vorrebbe il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, saranno rafforzati, nel periodo in cui si ottiene il sussidio, potrebbero arrivare delle offerte di lavoro che possono essere rifiutate al massimo 2 volte.

La prima potrà essere indicata nell’ambito di 100 km la seconda 250 km dalla residenza del beneficiario.

Inoltre, qualsiasi variazione della condizione occupazionale di uno o più componenti della famiglia deve essere comunicata all’INPS entro 30 giorni, altrimenti il beneficio decade.

A buon intenditore

Chiunque presenti dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere oppure ometta informazioni dovute è punito con la reclusione da due a sei anni.

È prevista, la reclusione da uno a tre anni nei casi in cui si ometta la comunicazione all’ente erogatore delle variazioni di reddito o di patrimonio, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio.

In entrambi i casi, è prevista la decadenza dal beneficio con efficacia retroattiva e la restituzione di quanto indebitamente percepito.
Se l’interruzione della fruizione del Reddito di cittadinanza avviene per ragioni diverse dall’applicazione di sanzioni, il beneficio può essere richiesto nuovamente per una durata complessiva non superiore al periodo dei 18 mesi residuo e non goduto.

Nel caso l’interruzione sia motivata dal maggior reddito derivato da una modificata condizione occupazionale e sia decorso almeno un anno nella nuova condizione, l’eventuale successiva richiesta del beneficio equivale a prima richiesta.


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Avvocati: Requisiti per rimanere iscritti

Avvocati: Requisiti per rimanere iscritti all’Albo

Concluso l’iter parlamentare con il parere favorevole delle commissioni, manca solo il testo finale del ministero e la pubblicazione in gazzetta.

 
L’iter del regolamento sull’esercizio della professione forense ha incassato il sì della commissione Bilancio, il 1 ottobre scorso, con rilievi relativi a questioni di copertura finanziaria, oggetto di rassicurazioni da parte del Governo, la commissione giustizia ha rilasciato parere favorevole allo schema di decreto ministeriale che ora si appresta a tornare sul tavolo del ministro della giustizia per l’elaborazione definitiva e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Si ricorda che, durante il suo iter, il regolamento ha già assistito alla soppressione, a seguito dei pareri espressi dal Consiglio nazionale forense e dal Consiglio di Stato, di due dei requisiti considerati essenziali per l’esercizio della professione:

  1. essere in regola con i pagamenti alla Cassa forense e
  2. essere in regola con i pagamenti al consiglio dell’ordine.

I sei requisiti ormai da considerare definitivi.

Dei quali chi vuole continuare ad esercitare il mestiere di avvocato dovrà necessariamente possedere contemporaneamente, fatta eccezione per i giovani legali iscritti all’albo da meno di cinque anni, per dimostrare l’esercizio “effettivo, continuativo, abituale e prevalente” della professione di avvocato se patrocinante:

– essere titolare di una partita Iva attiva o far parte di una società o associazione professionale che sia titolare di partita Iva attiva;

– avere l’uso di locali e di almeno un’utenza telefonica, destinati allo svolgimento dell’attività professionale, anche in associazione professionale, società o associazione di studio con altri colleghi, o anche presso altro avvocato ovvero in condivisione con altri avvocati;

– aver trattato almeno cinque affari l’anno (sia attività giudiziale che stragiudiziale), anche se l’incarico è stato conferito da altro professionista;

– essere titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata, comunicato al consiglio dell’ordine;

– aver assolto gli obblighi di aggiornamento professionale;

– aver stipulato una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione.

Dalla Camera, anche l’ok, con rilievi.

Al decreto attuativo per lo svolgimento dell’esame di Stato mentre è ancora in corso l’esame sullo schema riguardante il tirocinio forense.

Attendiamo la pubblicazione in gazzetta per la valutazioni finali o definitive.

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Forfettari esclusi dalla fatturazione elettronica non per forza

Forfettari esclusi dalla fatturazione elettronica non per forza

Imprese e professionisti saranno interessati all’emissione delle fatture in formato elettronico; sappiamo che tra i soggetti esonerati vi sono i contribuenti che applicano i regimi agevolati, quale il regime forfettario, anche alla luce dei minori vincoli introdotti dalla Legge di Bilancio. Ma non sembra tutto oro quello che luccica nella semplificazione. Procediamo con ordine, per meglio comprendere per quale motivo un esonerato potrebbe essere; Non per legge ma comunque obbligato ad emettere la fattura elettronica.

È precisato nella guida per la fatturazione elettronica, l’esonero dalla fatturazione elettronica non è un divieto, tanto che gli operatori in regime di vantaggio o forfettario possono comunque emettere fatture elettroniche come tutti gli altri operatori economici potranno così beneficiare dei vantaggi legali al nuovo sistema di fatturazione.

È possibile infatti che alcuni cessionari o committenti potrebbero obbligare i loro fornitori artigiani o professionisti i quali se pur operanti in regime di vantaggio; All’utilizzo dello strumento telematico fiscale, al fine di uniformare il flusso in ingresso delle fatture passive.

Quindi nonostante vi sia un precipuo esonero normativo, il contribuente forfettario potrebbe essere chiamato o meglio obbligato all’emissione della fattura elettronica per poter accedere o mantenere “alcuni” clienti.

Se il cliente dovesse far parte della Pubblica Amministrazione, la fattura elettronica continua ad essere obbligatoria anche per il contribuente in regime forfettario.


Le fatture Emesse

In relazione alla fattura emessa in formato elettronico, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, D.Lgs. 127/2015 (così come modificato dall’articolo 1, comma 909, L. 205/2017) beneficiano dell’esonero le imprese e i lavoratori autonomi che rientrano nei regimi agevolati esonerati dall’applicazione dell’imposta IVA:

  • Regime di vantaggio” (di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, D.L. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla L. 111/2011);
  • Regime forfettario” di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, L. 190/2014.

Per quanto riguarda l’eliminazione dello spesometro, è confermata anche per una eventuale fattura passiva ricevuta in maniera c.d. tradizionale da un forfettario. Tra le FAQ pubblicate sul sito, l’Agenzia delle Entrate pubblica le due circostanze supporto della tesi in riferimento a:

  • l’obbligo di comunicazione dei dati delle sole fatture relative ad operazioni transfrontaliere, cioè quelle da o verso soggetti non residenti o non stabiliti nel territorio dello Stato, come previsto dall’articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015;
  • la Legge di Bilancio 2018 ha abrogato l’articolo 21 D.L. 78/2010 con riferimento alle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi effettuate a partire dal 1° gennaio 2019.

Le fatture ricevute

In relazione alla necessità o meno di conservare a norma le fatture elettroniche, aspetto sul quale si sono posti molti interrogativi a seguito di risposte non sempre univoche rilasciate dall’Amministrazione Finanziaria. Al momento l’Agenzia delle Entrate nelle proprie FAQ già richiamate, riporta:

“Come stabilito dall’articolo 1 del d.Lgs. n. 127/15, l’operatore Iva residente o stabilito è obbligato ad emettere la fattura elettronica anche nei rapporti con i consumatori finali (B2C) e a consegnare agli stessi una copia della fattura elettronica emessa, in formato analogico o elettronico, salvo che il cliente non rinunci ad avere tale copia.

Inoltre si sottolinea che, tanto i consumatori finali persone fisiche quanto gli operatori che rientrano nel regime forfettario o di vantaggio, quanto i condomini e gli enti non commerciali, possono sempre decidere di ricevere le fatture elettroniche emesse dai loro fornitori comunicando a questi ultimi, ad esempio, un indirizzo Pec (sempre per il tramite del Sistema di Interscambio).

Gli operatori che rientrano nel regime di vantaggio o nel regime forfettario e gli operatori identificati (anche attraverso rappresentante fiscale) in Italia non hanno, invece, l’obbligo di emettere le fatture elettroniche; tali soggetti non hanno neppure l’obbligo di conservare elettronicamente quelle ricevute nel caso in cui il soggetto non comunichi al cedente/prestatore la Pec ovvero un codice destinatario con cui ricevere le fatture elettroniche.”

Il forfettario ha due concrete possibilità:

  • pretendere una copia della fattura in modalità analogica, nel qual caso risulta esonerato dagli obblighi di conservazione avrà comunque la possibilità di scaricare la fattura elettronica nella propria area riservata del portale dell’Agenzia delle Entrate “fatture e corrispettivi”);
  • comunicare Pec o codice destinatario per farsi recapitare la fattura elettronica come avviene per gli altri soggetti, nel qual caso scattano gli obblighi di conservazione che possono essere assolti anche semplicemente sottoscrivendo lo specifico accordo con l’Agenzia delle Entrate.

lo spesometro ?

È giusta al momento, la considerazione che a partire dal 1° gennaio 2019 non sussisterà più l’obbligo di comunicazione dello “spesometro”.

Se non per le operazioni transfrontaliere.


Che dire siamo vicini a quanti nelle prime ore dell’applicazione delle nuove regole si troveranno a dover assumere decisioni e complicazioni.

Per maggiori informazioni oltre quanto pubblicato nell’articolo per contatti o qualsiasi altra necessità non esitate e compilate la form di contatto, da diritto alla consulenza totalmente gratuita via e-Mail sugli argomenti che seguono:

Programma
Regime forfettario
  • Allargamento della platea dei soggetti coinvolti, alla luce della Legge di bilancio 2019;
  • Quadro normativo di riferimento;
  • Novità riguardanti i requisiti di accesso;
  • Esclusioni soggettive e oggettive;
  • Valutazioni di convenienza;
  • Vincoli per il cambio di regime: l’apertura della Risoluzione Ministeriale n 64/E/18;
  • Esonero dall’obbligo di utilizzo della fatturazione elettronica: quando opera?
  • Considerazioni in vista del regime di tassazione al 20% in vigore dal 2020.

Semplificati per cassa

  • Requisiti di accesso al regime;
  • Nuove regole per la determinazione del reddito d’impresa e professionale;
  • Analisi derogatorie al regime per cassa;
  • Adempimenti contabili del regime per cassa;
  • Gli aspetti operativi del regime per cassa;
  • Registrazione ex art. 18 c.5 DPR 600/73
  • La nuova disciplina introdotta dalla legge di bilancio 2019 per il riporto delle perdite

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Forfettari esclusi dalla fatturazione elettronica… ma non per forza !
Fonte:

https://www.agenziaentrate.gov.it/wps/portal/entrate/home

La fattura elettronica e i servizi gratuiti dell’Agenzia delle Entrate

La fattura elettronica e i servizi gratuiti dell’Agenzia delle Entrate

Dal 1° gennaio la fattura elettronica diventa obbligatoria

abbiamo la soluzione; Semplice ed a prova di errore.

L’Agenzia delle Entrate, ha diffuso le linee giuda per rispettare correttamente le indicazioni della Legge di Bilancio 2018.
Le linee guida dell’Agenzia delle Entrate per la fattura elettronica inoltre ci informano come sarebbe possibile rispettare la legge senza spendere niente.
Il processo indicato oltre che completo ove dovesse risultare complicato valutate  il nostro Servizio “Fatturazione Elettronica” tramite il WEB (invio e ricezione con codice univoco o PEC) verso i Privati, le Aziende ed i Professionisti e la Pubblica Amministrazione / Enti Pubblici e Privati, produce documenti informatici conformi allo standard XML 1.2 in vigore già dal 1 gennaio 2017, il servizio completa con la conservazione elettronica a norma.

Anche nella forma “ASSISTITA” Facciamo Tutto Noi  da remote. ( compilare, firmare, spedire e controllare gli esiti)

Il nuovo portale Web è stato sviluppato per consentire di creare, trasmettere , ricevere e archiviare le Fatture Elettroniche nel formato conforme alle specifiche dell’Agenzia delle Entrate (XML) e rendere indipendenti le Aziende ed i Professionisti rispetto al nuovo obbligo procedurale che decorre dal 1 gennaio 2019. In qualità di “intermediari” accreditati dall’Agenzia possiamo assegnare i “codici univoci” per ricevere le fatture dei Vostri fornitori direttamente consultabili con un click dall’apposita funzione.

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