Legge di Bilancio 2023 da 35 miliardi

Il Consiglio dei ministri, ha approvato la Legge di bilancio

Legge di Bilancio 2023 da 35 miliardi; Il Consiglio dei ministri, ha approvato la Legge di bilancio da 35 miliardi di euro per il 2023.

All’ordine del giorno sono stati discussi anche un decreto su accise carburanti, enti locali, Marche e la direttiva Euratom (Sulla esposizione alle Radiazioni ionizzanti).

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha tenuto alle ore 10 di oggi, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, la conferenza stampa per presentare i provvedimenti contenuti nella manovra di bilancio, che per buona pace di tutti non prevede sconfinamenti.

La manovra è chiusa. Ci sono anche le misure chieste dalla Lega. come di consueto al Consiglio dei Ministri, c’è stato il vertice di governo sulla manovra. La legge di bilancio già definita “coraggiosa. Infatti ci sarà un aumento delle pensioni minime.

Energia, famiglia e criptovalute, tutte le misure, nuova stretta su tax expenditures, aumentano le pensioni minime.
Dal cuneo fiscale alle misure a favore delle famiglie più numerose, passando per la stretta al Reddito di cittadinanza, sono le principali novità che verranno introdotte con la prima manovra del governo Meloni.

CUNEO FISCALE

Il taglio andrà interamente ai lavoratori. Secondo l’ultimo orientamento, sarà di 2 punti per i dipendenti con redditi fino a 35mila euro, e di 3 punti per quelli fino a 20mila euro.

STRETTA AL REDDITO DI CITTADINANZA

Uscita soft per i cosiddetti occupabili: 12 mesi, che però potrebbero essere ridotti a 8, di ‘cuscinetto’ per l’inserimento nel mondo del lavoro, accompagnati da corsi di formazione obbligatori. Dal 2024 il sussidio sarà solo per gli inabili al lavoro.

INCENTIVI PER CHI ASSUME UNDER36 E PERCETTORI DI RDC

Una decontribuzione fino ad un massimo di 6mila euro per le aziende che intendono assumere, a tempo indeterminato, giovani under 36 con già un contratto a tempo determinato. Lo sgravio si applica anche per i percettori del reddito di cittadinanza.

PENSIONI

Si va verso un aumento delle pensioni minime da 523 euro a circa 600 euro. La novità, a quanto si apprende, inserita nella manovra in discussione nel Consiglio dei ministri. Su questa misura ha insistito in particolare Forza Italia.

IN PENSIONE A QUOTA 103

La manovra all’esame del consiglio dei ministri prevede, secondo quanto si apprende, per il 2023 l’uscita anticipata con ‘quota 103’, ovvero la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 di età. Cambia ‘Opzione donna’: l’anticipo della pensione per le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi, che in manovra è prorogato di un anno, è anche legato al numero di figli. Secondo quanto si apprende potranno uscire a 58 anni le lavoratrici con due o più figli, a 59 chi ha un figlio e a 60 chi non ne ha.

FLAT TAX

Per gli autonomi viene confermato il regime fiscale forfettario al 15%, con soglia di reddito aumentata da 65mila a 85mila euro, e viene introdotta anche una flat tax incrementale il 15% si applica sull’incremento rispetto al maggiore dei redditi dichiarati nei tre anni precedenti.

CONTRO IL CARO BOLLETTE

Un “mix di aiuti” per coprire i primi tre mesi del 2023. Conferma per bonus sociale e crediti di imposta, con aliquote più vantaggiose per le piccole attività (dal 30% al 35%) e le imprese (dal 40% al 45%).

SCONTO SUI CARBURANTI

Dal primo dicembre si riduce, quasi dimezzandosi. Si passa, a dicembre, da uno sconto al distributore di 30,5 a 18,3 centesimi.

SOSTEGNI ALLA FAMIGLIA

Aumenta l’assegno unico familiare raddoppiato da 100 a 200 euro la maggiorazione per i nuclei con 4 o più figli e di 100 euro in più per i figli gemelli, c’è un intervento sui congedi familiari.

SOCIAL CARD

L’estensione a chi ha un reddito inferiore alla soglia dei 20 mila euro della Social card per i meno abbienti. La carta per gli acquisti per i beni di prima necessità, che oggi è concessa a over 65 e bimbi sotto i tre anni con particolari requisiti i titolari sono i genitori, è cmulabile con la pensione minima e, come già avviene, sarà distribuita dai Comuni.

CAMBIA LA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI

Prendendo a riferimento il regolamento Ue, gli extraprofitti si misurano sugli utili, e l’attuale aliquota al 25% viene innalzata al 30-33%.

RAZIONALIZZAZIONE DELLE TAX EXPENDITURES

Si rivede il décalage che ora riduce il valore di alcuni sconti fiscali al crescere del reddito. Negli ultimi giorni è stato studiato un abbassamento delle soglie che farebbe scattare le riduzioni a partire da 60mila euro per arrivare all’azzeramento a 120mila euro.

PLUSVALENZE DA CRIPTO-VALUTA

Finora per prassi l’Agenzia delle entrate ha equiparato le valute virtuali a quelle estere, assoggettando le conversioni all’imposta del 26%. Si va verso un quadro normativo con una specifica definizione.

PLASTIC E SUGAR TAX

Nuovo rinvio dell’entrata in vigore dell’imposta sul consumo di plastica monouso e di quella sulle bevande zuccherate.

RAZIONALIZZAZIONE BONUS EDILIZI

È attesa nel decreto fiscale collegato: seguirebbe la stretta sul superbonus inserita nel dl Aiuti quater.

IVA SU PANE E PASTA

Nella manovra NON c’è l’azzeramento dell’Iva su pane, pasta e latte. L’ipotesi era emersa dopo il vertice di governo di venerdì.

IVA AL 5% PER PRODOTTI INFANZIA E ASSORBENTI

Secondo quanto si apprende, è prevista la riduzione al 5% dell’Iva sui prodotti di prima necessità per l’infanzia (come pannolini, biberon, omogeneizzati, attualmente al 22%) e sugli assorbenti (attualmente al 10%).

TREGUA FISCALE

Cancellazione per le cartelle fino al 2015, al di sotto dei mille euro e riduzione di sanzioni e interessi, con rateizzazione in 5 anni, per le altre. Pare accantonata l’ipotesi della ‘voluntary disclosure‘ sui capitali all’estero.

LOTTERIA DEGLI SCONTRINI ISTANTANEA

Arrivano incentivi per l’adeguamento di pos e casse per la lotteria degli scontrini, trasformata dal dl PNRR di giugno in un gioco a premi istantaneo.

TETTO AL CONTANTE

Dal primo gennaio 2023 aumenta a 5mila euro.

AIUTI ALLE MARCHE

Sono stanziati 200 milioni di euro per la regione colpita dall’alluvione di settembre. Altri 200 milioni sono autorizzati con un decreto atteso in Consiglio dei ministri.

PONTE SULLO STRETTO

Viene riattivata la Stretto di Messina spa, in liquidazione da nove anni, nata nel 1981 per la realizzazione del Ponte fra Sicilia e Calabria.

IPOTESI MISURA PER FERMARE AUMENTI DI MULTE STRADALI

Nella manovra entra una norma per bloccare l’automatismo previsto dal Codice della strada che da gennaio 2023 farebbe scattare un aggiornamento al rialzo degli importi delle multe stradali.

Legge di Bilancio 2023 da 35 miliardi

Compro un motoscafo; Rischio l’accertamento fiscale?

Compro un motoscafo; Rischio l'accertamento fiscale?

Compro un motoscafo; Rischio l’accertamento fiscale? Il possesso di una barca non fa scattare il redditometro: purché inferiore a 10 metri.

L’Agenzia delle Entrate non può basare un accertamento fiscale con Redditometro se esso si basa solo sul possesso di una barchetta di ridotte dimensioni fino a 10 metri “un natante”.

È quanto chiarito dalla Cassazione con la sentenza n. 23794/16 del 23.11.2016.

Infatti, si legge nella pronuncia in commento, il solo possesso di un natante non è indice di una maggiore capacità contributiva. Ed ha escluso in modo convincente I ‘efficacia probatoria dei suddetti elementi quali indici rivelatori di una maggiore capacità contributiva. 

Cosa significa piccolo natante?

Il termine «natante» è stato correttamente considerato alla stregua dell’art. 3 lett. d) del d.lgs. 171/2005, che definisce le unità da diporto «scafi di lunghezza compresa fra 2,5 e 24 metri, distinte in natanti se inferiori a mt. 10; imbarcazioni se superiori a mt. 10»

All’interno della categoria si parla di:

  • natante da diporto con riferimento a ogni unità a remi ovvero con qualsiasi propulsore, con scafo di lunghezza pari o inferiore a dieci metri.
  • imbarcazioni con riferimento a ogni unità con qualsiasi propulsore se superiori a mt 10. Per tutte le unità da diporto (imbarcazioni e navi) di lunghezza superiori a 10 metri si deve versare una tassa annuale, specificando che il tipo di unità ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto.

Quanto incide una barca sul redditometro e sull’accertamento del reddito del contribuente?

Il redditometro serve per riassumere la capacità di spesa del contribuente e valutarne la compatibilità con il reddito dichiarato al fisco, se la capacità di spesa dichiarata appare più bassa di oltre il 20% rispetto al precedente valore dichiarato per l’acquisto di un bene mobile od immobile oppure per la sua gestione comporta ad esempio bolli, tasse, assicurazione, manutenzione, ecc. il contribuente viene chiamato a “chiarimenti” in ufficio, per spiegare come si è procurato i soldi.

La circostanza se rimane ingiustificata fa convalidare l’accertamento fiscale.

Di norma finiscono nel redditometro gli acquisti di beni di lusso come automobili, case, appartamenti, terreni e imbarcazioni.

Nella sentenza in commento, però, la Cassazione chiarisce che il possesso di una barca di limitate dimensioni non rientrante tra le imbarcazioni da diporto che giustificano l’applicazione indiscriminata del redditometro.

Il natante da diporto, ossia l’imbarcazione inferiore a 10 metri non incide sul reddito di una persona, nel senso che non è indice di una maggiore capacità contributiva.

Pertanto, va annullato l’accertamento fiscale, effettuato tramite redditometro, nei confronti del contribuente che abbia acquistato una piccola imbarcazione (fino a 10 metri).

Agenzia delle Entrate: Ve.Ra.

L’Agenzia delle Entrate lancia Ve.Ra., il nuovo algoritmo anti-evasione.

L’Agenzia delle Entrate lancia Ve.Ra. il nuovo algoritmo anti-evasione.

Nell’evoluzione del sistema informativo tributario e delle tecniche di contrasto all’evasione fiscale, l’efficace utilizzo delle banche dati assume un ruolo sempre più determinante. Il processo evolutivo si dirige ormai veloce verso il ricorso alla cosiddetta “intelligenza artificiale” per combattere l’evasione fiscale.

Tuttavia, l’utilizzo di forme di intelligenza artificiale per il contrasto all’evasione fiscale implica una valutazione, anche sul piano giuridico, circa lo “scontro” tra interesse fiscale e interesse alla tutela dei diritti del contribuente.

Dopo redditometro e spesometro arriva Vera

Il nuovo software anti evasione messo a punto dall’Agenzia delle Entrate realizzato per scovare i furbetti del Fisco.

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del ministro dell’Economia con il nulla osta del garante della Privacy, che mette a disposizione del Fisco uno strumento di ultima generazione basato sull’intelligenza artificiale, applicata al contenuto dei data base più diversificati.

Con cui sarà possibile orientare i controlli ed ottenere le liste selettive impiegate nell’attività dell’Agenzia delle Entrate.

Come funziona il nuovo algoritmo dell’Agenzia delle Entrate

Saranno creati due dataset, ovvero due liste di contribuenti.

  1. Nella prima verranno individuate platee di contribuenti che potrebbero essere a rischio di evasione ben più alto rispetto agli altri.
  2. Nella seconda lista, invece, finiranno i contribuenti che presentano uno o più rischi fiscali.

Non saranno utilizzati i nomi reali dei contribuenti ma solo degli pseudonimi.

Solo nel momento in cui verrà inviata la lettera (di compliance con l’invito a saldare oppure il vero e proprio accertamento), allora verrà reso noto il nome.

Ve. Ra. è l’acronimo di Verifica dei Rapporti

È un software che osserva i dati contenuti nelle dichiarazioni dei redditi, relativi al patrimonio mobiliare e immobiliare, nonché tutte le informazioni ritenute a contenuto finanziario e permettere così di scovare il maggior numero di evasori.

A fare il lavoro “sporco” è l’algoritmo, che potrà mettere in connessione i dati presenti su web, sulle banche dati digitali più disparate, realizzato il profilo del contribuente acquisendone elementi che emergono dalla dichiarazione dei redditi, dal conto corrente, dalle app di acquisto e pagamento online dal numero di accessi alle cassette di sicurezza, da tutti i movimenti con moneta elettronica, i registri immobiliari e gli acquisti registrati in qualsiasi banca dati digitale.

Nello specifico, i controlli di Ve.Ra.

Si concentreranno nei confronti dei comportamenti fraudolenti più lesivi e riguarderanno: frodi, abuso del diritto, false compensazioni, e fruizione indebita dei sostegni erogati durante la pandemia di Covid-19. 

Sotto la lente del Fisco anche i soggetti italiani che nutrono debiti con l’Agenzia delle Entrate limitatamente a multe, bolli non pagati, evasione dalle tasse, e altri comportamenti lesivi a livello erariale.

In caso di evidenti discostamenti, Ve.Ra.

Segnalerà il caso all’Agenzia delle Entrate. Segnalati al contribuente in maniera soft attraverso le lettere di compliance, ormai largamente impiegate.

Attraverso l’istituto il contribuente ha la possibilità di far rettificare i dati personali inesatti. Ovvero aderire alla presunzione erariale risparmiando sulle sanzioni e sulle penalità.

Sino a detta acquiescenza, tutto sarà garantito dall’anonimato, visto che nella prima fase i dati saranno coperti da un codice che creerà una sorta di pseudonimo e soltanto in caso di segnalazione si potrà accedere al nominativo reale.

L’Agenzia delle Entrate lancia Ve.Ra. il nuovo algoritmo anti-evasione.

Crisi d’impresa nelle mani del fisco

Crisi d’impresa nelle mani del fisco

Crisi d’impresa nelle mani del fisco

Proprio grazie alla voluntary disclosure la Crisi d’impresa potrebbe essere nelle mani del fisco. Che rappresenta un’autodenuncia da parte dei soggetti che detengono all’estero investimenti e attività di natura finanziaria, anche indirettamente o per interposta persona.

Relativamente ai quali sia stata omessa la dichiarazione. Ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto. Da qui il nome voluntary disclosure, cioè collaborazione volontaria.

Come ha affermato l’Agenzia Entrate[1], la finalità perseguita dal legislatore è quella di:

“… consentire ai contribuenti di riparare alle infedeltà dichiarative passate. E porre le basi per l’avvio di un rapporto col Fisco., improntato alla reciproca fiducia. Secondo le linee guida tracciate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

Se questa è l’attività, la norma ormai abbraccia anche i versamenti d’imposta per i quali si è dichiarato l’ammontare ma non eseguito il versamento.

In tale circostanza si possono rilevare squilibri finanziari che hanno non poca attinenza con la presumibile continuazione dell’attività.

Anche il ritardo nei pagamenti quindi. Rappresenta un indicatore della crisi d’impresa. Da ciò l’Agenzia delle Entrate sta procedendo segnalando agli imprenditori morosi per somme superiori ai 5.000,00 euro, un eventuale stato di crisi.

L’Agenzia delle Entrate quindi invia ad alcuni contribuenti una serie di lettere nelle quali sono riportate delle anomalie rinvenute. Nelle loro dichiarazioni dei redditi, ovvero nelle liquidazioni periodiche IVA, riguardanti omissioni o infedeltà. Riscontrate mettendo a confronto i dati dichiarati con quelli che l’Agenzia ha a disposizione all’interno delle proprie banche dati.

In questo modo, prima che l’Agenzia notifichi un avviso di accertamento, il destinatario della comunicazione potrà regolarizzare l’errore o l’omissione attraverso il ravvedimento operoso.

Al contrario, se il contribuente non ritiene corretti i dati indicati nella sua dichiarazione. Basterà comunicarlo all’Agenzia, inviando eventuali elementi e documenti di cui l’Agenzia non è a conoscenza.

Come detto l’impresa che non ha pagato. Anche solo 5 mila euro di un qualsiasi debito erariale ad esempio l’iva del primo trimestre. Deve adeguarsi e valutare o verificare se è in crisi.

Crisi d’impresa nelle mani del fisco

Compliance

Lo prevedono i nuovi avvisi di compliance che l’Agenzia delle entrate sta recapitando agli imprenditori. Avere un debito Iva dichiarato e non versato, maggiore a 5 mila euro, infatti. Fa presumere l’esistenza di possibili sintomi di crisi d’impresa. Con la conseguente necessità che l’imprenditore debba rivolgersi alla camera di commercio per far nominare l’esperto negoziatore.

È quello che sta succedendo in questi giorni a seguito delle comunicazioni di irregolarità inviate dall’Ade. Ai titolari di partita Iva che non hanno integralmente pagato il debito risultante dalla dichiarazione periodica (lipe) presentata il 31 maggio scorso.

La segnalazione

L’invito-consiglio è conseguente alle novità introdotte dall’art. 30 sexies della legge 33/2021. In corso di recepimento e inserimento nel CCII, come previsto dal dlgs approvato dal Governo lo scorso 15 giugno (si veda espressosud.it). Disposizioni che entreranno in vigore il prossimo 15 luglio e che comporteranno altresì l’obbligo di attuare le nuove misure e assetti organizzativi previsti dall’art. 3 del CCII, con l’ulteriore obbligo di segnalazione. Da parte degli organi di controllo di invitare anch’essi gli amministratori ad attivare la Cnc o uno degli altri strumenti alternativi alla liquidazione giudiziale. Previsti dall’ordinamento.

Quali le conseguenze della Crisi d’impresa nelle mani del fisco

Le nuove segnalazioni sono velocissime. Prima dell’entrata in vigore dell’art. 30 sexies legge 233/21 l’Ade impiegava dai 12 ai 18 mesi per segnalare le irregolarità nei versamenti iva. Normalmente 24 mesi per inviare l’avviso bonario ex art. 54-bis dpr 633/72 (20 rate e sanzioni al 10%).

L’avviso inviato è formulato in maniera tale da indurre a dubitare che ciò sia ancora possibile, ancorché nella comunicazione le disposizioni siano citate.

Che fare. Con l’entrata in vigore del CCII, la segnalazione all’imprenditore e all’organo di controllo comporterà la necessità. Di esaminare con attenzione là situazione economico finanziaria dell’impresa e ciò. Richiederà di attivare il test di risanamento che la Cciaa mette a disposizione su www.composizionenegoziata.camcom.it.

Al fine di ridurre le responsabilità dei controllori. Gli stessi faranno pressione per la nomina dell’esperto della crisi, con i vantaggi e gli svantaggi dell’avvio del procedimento.

Gli amministratori indolenti invece rischieranno di essere segnalati al Tribunale.

Preammortamento: cos’è a cosa serve come si calcola ?

Preammortamento: cos’è a cosa serve come si calcola ?

Preammortamento su prestito: cos’è, a cosa serve e come si calcola ?

Quando ci si appresta a stipulare un mutuo, spesso ci si confronta con termini quantomeno insoliti od inusuali, i quali però sono capaci di confonderci le idee, soprattutto per i prestiti che beneficiano della garanzia statale del Fondo di Garanzia. Ci riferiamo nello specifico alla parola “preammortamento”

Bisogna quindi sapere cos’è il preammortamento e se eventualmente chiederlo alla banca per farlo diventare un vantaggio.

Ma nel dettaglio vediamo tre le domande che ci rivolgono i clienti, gli imprenditori piuttosto che una coppia di giovani:

Cos’è il preammortamento

È pacifico che quando si chiede un prestito, bisogna restituire l’importo finanziato in un determinato periodo di tempo che insieme con tutte le altre condizioni viene “concordato” con la banca.

Le modalità di restituzione del finanziamento alla banca quali la durata, il tasso di interesse e quello di mora, la periodicità della rata, le spese di incasso di ogni singola rata, le commissioni di istruttoria e l’eventuale assicurazione; Queste sono le informazioni utili per definire il piano di ammortamento del finanziamento.

https://www.avvocatoandreani.it/servizi/utility.php?ut=calcolo-ammortamento-mutuo&palette=giallo

L’importo della rata periodica, è composta dalla:

  • Quota capitale: con cui si rimborsa la parte del capitale riferita al periodo;
  • Quota interessi: con cui si rimborsa la parte degli interessi riferiti al periodo.

La rata quindi rappresenta il rimborso o l’ammortamento del capitale e degli interessi, spesso però, prima del pagamento delle rate di ammortamento, potrebbe essere previsto un periodo di preammortamento, durante il quale si pagano delle rate più basse, in quanto contengono solo la quota interessi e non la quota capitale del finanziamento.

Durante questo periodo che anticipa l’ammortamento vero  e proprio, saranno dovuti alla banca degli interessi di preammortamento.

Per darne una definizione:

Il preammortamento, è il periodo che intercorre tra la data di erogazione del prestito e la data di inizio dell’ammortamento vero e proprio.

 A cosa serve il Preammortamento

Sono due le tipologie di preammortamento, distinte tra:

Il Preammortamento TECNICO:

Questo tipo di preammortamento ha lo scopo di spostare la data di scadenza della prima rata in un giorno diverso rispetto al giorno dell’erogazione.

Può essere richiesto:

  • dalla banca, per allineare le scadenze di tutti i finanziamenti in un determinato giorno ad esempio ad inizio mese oppure a fine mese, per evitare la confusione con le scadenze fiscali di metà mese.
  • dal cliente, per far si che la rata scada in un periodo del mese in cui si riesce maggiormente a pagare regolarmente, ad esempio alcuni giorni dopo l’accredito dello stipendio per un privato, alcuni giorni dopo l’incasso dei crediti dai clienti per un impresa.

Generalmente è bene evitare o quanto meno limitare l’ammortamento tecnico, in questo articolo del Sole24Ore è spiegato molto bene, perchè può rappresentare un onere inutile e gravoso.

Il Preammortamento FINANZIARIO:

Il secondo tipo di preammortamento, ha lo scopo di concedere al debitore un periodo di tempo di maggiore tranquillità finanziaria.

Infatti può beneficiare di un periodo di preammortamento di 6, 12, 24 mesi 60 per i mutui ipotecari giustificati per esempio da:

  • l’acquisto di un nuovo macchinario che permette un incremento del fatturato, che andrà a pieno regime produttivo entro un tempo preciso;
  • la costruzione di un nuovo fabbricato su terreno di proprietà, con erogazione del finanziamento a stati avanzamento lavori (S.A.L.);
  • una situazione di particolare incertezza come quella dell’era pandemica da COVID-19. In questo caso il periodo di preammortamento permette al debitore di dover far fronte a rate di importo inferiore, in attesa che si stabilizzi la situazione economica e si torni alla “normalità economica”.

 Come si calcolano gli interessi di Preammortamento

Considerato che nel periodo di preammortamento non viene rimborsata la quota capitale, calcolare gli interessi di preammortamento è semplice.

Quella che segue è la formula matematica per il calcolo degli interessi di preammortamento in base ai giorni, che viene utilizzato in un preammortamento tecnico:

 Giorni di preamm.to * capitale * Tasso % annuo / 36500

Nel caso, si debba calcolare la rata di preammortamento relativa ad un preammortamento finanziario, è consigliato utilizzare questa seconda formula di calcolo definita in mesi:

 Periodicità rata preamm.to  (in mesi) * capitale * Tasso % annuo / 1200

In conclusione, quando si chiede un prestito alla banca, è meglio chiedere anche un periodo di preammortamento?

Sempre meglio non chiedere il preammortamento, perché potrebbe dare l’illusione della soluzione di un problema, che invece è solo rimandato.

Preammortamento su prestito: cos’è, a cosa serve e come si calcola ?

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Bonus e Superbonus: come utilizzarli senza rischi

Bonus e Superbonus: come utilizzarli senza rischi

Bonus e Superbonus: come utilizzarli senza rischi.

Nasce la necessità di valutare con attenzione sia le imprese che i professionisti operanti nel settore dei bonus fiscali. Dal 110% a tutte le altre agevolazioni.

Pur di aggiungere il credito nel cassetto fiscale del committente. Per la successiva cessione all’impresa fino al pro soluto verso la banca, spesso si utilizzano fatture gonfiate, certificazioni non veritiere e requisiti non rispettati.

Questi aspetti sono suscettibili di controlli da parte dell’AdE. Possono portare lo Stato a pretendere dal cittadino il rimborso delle spese chieste in detrazione e gli importi inesorabilmente saranno gravati da sanzioni (30%ca). Oltre interessi (al tasso legale).

Vediamo insieme i possibili rischi cui si va incontro quando non vengono rispettate tutte le regole e cosa si può fare per limitarli.

È pacifico che il committente dei lavori è sempre il primo responsabile della detrazione, eventualmente indebitamente percepita.

In pratica. La prima cosa che viene verificata da parte dell’AdE è che il soggetto richiedente la detrazione d’imposta. A prescindere dal fatto che poi l’abbia ceduta o meno, possieda tutti i requisiti necessari e abbia adempiuto a ogni obbligo di legge.

Particolare importante che condomini autorizzati ed proprietari di beni immobili siano informati in maniera dettagliata su cosa stanno chiedendo allo Stato. E quali sono i passaggi chiave suscettibili di controllo in maniera da poter autonomamente eseguire detti controlli. Prima di avviare qualsiasi lavorazione, durante ed a lavori completati.

In questo articolo cerchiamo quindi di spiegare quali possono essere gli elementi critici. Che rischiano di far scattare sanzioni e penali a carico del contribuente, oltre che a mettere a rischio l’intera agevolazione.  

Decreto antifrodi: regole più stringenti

I bonus sulla casa. Soprattutto dopo l’introduzione del superbonus del 110% e della possibilità di cedere la detrazione sotto forma di credito d’imposta,. Hanno incrementato in modo esponenziale i tentativi di frode ai danni dello Stato.

Per questa ragione lo Stato è da poco corso ai ripari emanando il cosiddetto decreto Antifrodi. Che pone regole più stringenti per accedere a queste agevolazioni.

Ma quali sono in concreto gli elementi che fanno scattare la normativa antifrode, e cosa si può fare?

I controlli del SUE

Il primo degli enti preposti al controllo sarà, proprio il SUE. Considerato che non valgono più le cause di decadenza dei benefici fiscali previste all’art. 49 del d.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia), la presenza di eventuali abusi edilizi non inficerà la fruizione del superbonus 110%.

Ma attenzione, il comma 13-ter non dice che non ci sono più cause di decadenza, ma ne definisce di nuove, ovvero:

  • mancata presentazione della CILA;
  • interventi realizzati in difformità dalla CILA;
  • assenza dell’attestazione degli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto d’intervento o del provvedimento. Che ne ha consentito la legittimazione ovvero dell’attestazione che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967;
  • non corrispondenza al vero delle attestazioni previste per eco e sismabonus (art. 119, comma 14 del Decreto Rilancio).

Il SUE, una volta verificata la presenza di una delle cause di decadenza, ai sensi dell’art. 49, comma 2 del Testo Unico Edilizia, la comunicherà all’amministrazione finanziaria l’Agenzia delle Entrate.

Il controllo sui prezzi dei materiali

Uno degli elementi sotto la lente del decreto Antifrodi è certamente il prezzo di tutto ciò che serve per i lavori di ristrutturazione. (materiali, manodopera, attrezzi ecc.)

Da quando introdotto il Superbonus. A causa anche del forte aumento della domanda e della minor reperibilità di materie prime. Abbiamo assistito a un incremento dei prezzi di materiali e strumenti necessari allo svolgimento di tutti gli interventi di ristrutturazione.

I prezzi però sono stati, in molti casi, gonfiati grazie alla prospettiva allettante del “tanto paga lo Stato”. Con totale noncuranza dell’effetto che queste pratiche fraudolente hanno avuto sul mercato e sulle tasche degli italiani.

Per questo motivo, sono stati introdotti diversi limiti sui prezzi dei materiali che possano essere considerati congrui per il tipo di intervento di ristrutturazione. E per questo rientrare nella detraibilità fiscale.

La congruità richiesta deve essere asseverata da un tecnico abilitato per ogni tipo di intervento che riguardi:

  • il Superbonus del 110%;
  • il sismabonus;
  • il bonus facciate;
  • l’ecobonus;
  • il bonus casa.

Al termine dei lavori ovvero per ogni stato di avanzamento da liquidare il tecnico deve rilasciare un’asseverazione (una certificazione). Che attesti i requisiti tecnici degli interventi realizzati sulla base del progetto iniziale e la congruità delle spese sostenute. In riferimento ai prezzari individuati dal decreto del 6 agosto 2020 emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Ed ai valori massimi, che verranno stabiliti per alcune categorie di beni con un decreto del Ministero della Transizione Ecologica. Si spera emanato entro il prossimo 9 febbraio.

Gli unici lavori che non devono essere asseverati sono quelli classificati come “attività di edilizia libera” (articolo 6 del TU dell’edilizia, del DM 2 marzo 2018 e della specifica normativa regionale), come ad esempio il rifacimento del pavimento o delle grondaie, e per gli interventi di importo fino a massimo 10.000 euro complessivi, a esclusione di quelli per i quali si chiede il bonus facciate.

Certificazione non vera? Paga il tecnico

Il rilascio di asseverazioni o attestazioni infedeli art 119 comma 13 comporta una sanzione a carico del tecnico abilitato che va da 2 mila e 15 mila euro per ciascun documento non veritiero rilasciato.

Per questo motivo questi professionisti sono obbligati a sottoscrivere una polizza assicurativa di responsabilità civile con un massimale di almeno 500 mila euro e comunque adeguato al numero di asseverazioni e attestazioni rilasciate, in questo modo possono garantire il risarcimento ai propri clienti e allo Stato in caso di eventuali danni derivanti dalla loro attività.

In casi estremi, il reato commesso dal tecnico può avere anche implicazioni penali, commisurate al reato perpetrato.

I rischi per il contribuente

Oltre ai tecnici che certificano i lavori, anche condomini e proprietari dell’immobile possono avere problemi in caso di attestazioni infedeli. Lavorazioni non conformi per quantità e qualità del materiale impiegato dall’impresa.

L’Agenzia delle Entrate, proprio per questo, potrebbe accertare la non spettanza della detrazione al contribuente e disporre il recupero delle somme chieste in detrazione attraverso il credito di imposta. 

Che cosa si può fare in questo caso?

Il contribuente  può rivalersi intentando un’azione civile contro il tecnico oppure verso l’impresa esecutrice, qualora ritenuto che la perdita dei benefici fiscali sia imputabile appunto al tecnico od all’impresa. A nulla rilevando se compiuta con dolo o per negligenza.

Il giudice civile può stabilire anche un indennizzo che però non ha alcun legame con il valore della detrazione persa o dei lavori malamente asseverati.

Per il risarcimento del danno bisogna far intervenire l’assicurazione obbligatoria stipulata sia dal tecnico che dall’impresa esecutrice (attenzione quindi alle eventuali imprese sub appaltatrici).

È sempre dal contribuente che si parte per recuperare la detrazione che, non spettante, non poteva essere ceduta.

Tuttavia, se viene accertato il concorso nella violazione, cioè in qualche modo viene dimostrato che ci sia stato un accordo tra tecnico e committente dei lavori ovvero tra lo stesso e l’impresa oppure ancora tra l’impresa ed ilo tecnico, il recupero delle somme può esser richiesto dall’Agenzia delle Entrate in modo “solidale”: in pratica, chi prima paga libera anche l’altro ovvero gli altri.

Come capire se una fattura è gonfiata

Purtroppo di solito il committente, se non è un esperto del settore edilizio, ha ben poche possibilità di controllare un preventivo, certi anche qualche ricerca su internet potrebbe dare dei risultati di massima e comunque sempre e solo di prezzi per materia prima o beni da installare, è impossibile reperire veri e propri preventivi già predisposti, che possono essere specularmente confrontati con quello da verificare.

Un controllo in prima persona risulterebbe eccessivamente difficoltoso vista la complessità tecnica dei prezziari ministeriali, la cosa migliore che resta da fare è quella di scegliere in partenza un tecnico certificatore terzo, non legato all’impresa che ha presentato il preventivo, è anche possibile riferirsi ad un general contractor (ovvero quelle aziende che offrono tutto il servizio, dai lavori agli incartamenti).

In questa seconda ipotesi se pur si paga qualcosa di più rispetto al fatto di affidarsi a una sola impresa che faccia tutto, ma si abbassano le probabilità che il tecnico sia disposto a certificare come veritieri prezzi in realtà gonfiati.

Va detto ancora che un parametro capace di far suonare il famoso campanello di allarme, ci suggerisce l’ENEA è rappresentato dai totali dei costi per i lavori il cui ammontare totale risultasse essere molto vicino al tetto massimo di detraibilità (o che addirittura lo supera), meritano certamente maggiore attenzione e forse l’intervento di un occhio esperto super partes che aiuti a vederci chiaro.

Visto di conformità: tutti i casi in cui serve

Un altro documento che aiuta certamente a evitare rischi di vedersi richiedere indietro la detrazione per una qualche irregolarità è il Visto di Conformità.

Si tratta di un documento che viene erogato da chi trasmette le dichiarazioni telematicamente: dottori commercialisti, centri CAF autorizzati, consulenti del lavoro e così via.

Il visto contiene tutte le informazioni che riguardano da vicino i soggetti coinvolti, i lavori svolti e la congruità degli stessi e dovrebbe garantire un maggior controllo sull’accesso ai bonus edilizi.

L’obbligo di apporre il visto di conformità riguarda tutti gli interventi edilizi a eccezione di quelli classificati come “attività di edilizia libera” (articolo 6 del TU dell’edilizia, del DM 2 marzo 2018 e della normativa regionale) e per gli interventi di importo fino a massimo 10.000 euro complessivi, con l’esclusione di quelli per i quali si chiede il bonus facciate i quali necessitano sempre del visto di Conformità.

Il visto di conformità è necessario quando si opta per la cessione del credito o lo sconto in fattura e quando si decide di tenere la detrazione per indicarla nella dichiarazione dei redditi presentandola tramite un intermediario abilitato (Professionista o CAF).

Infatti, se si dovesse decidere di conservare la detrazione spettante per se stessi nei tempi previsti dalle singole agevolazioni, attraverso la dichiarazione dei redditi precompilata online sul sito dell’Agenzia delle entrate, non sarà richiesta l’apposizione del visto di conformità.

I controlli di Enea 

Per quanto riguarda i requisiti tecnici, Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) si occupa di controllare che gli interventi che sono stati realizzati rispettino tutti i requisiti prescritti dalla legge per l’accesso alla specifica agevolazione fiscale.

In particolare, Enea svolge controlli a campione sulla regolarità delle asseverazioni e l’accertamento della sussistenza delle condizioni per la fruizione delle detrazioni fiscali, riesce a verificare il 5% delle istanze presentate ogni anno sul suo sito.

Nella scelta dei lavori da controllare, Enea tiene conto di quelli che soddisfano uno o più dei seguenti criteri:

  • istanze relative agli interventi che hanno diritto a una maggiore aliquota, (Superbonus);
  • istanze che presentano la spesa più elevata;
  • istanze che presentano criticità in relazione ai requisiti di accesso alla detrazione fiscale e ai massimali dei costi unitari.

Come avvengono i controlli di Enea

In caso di controllo documentale Enea comunica l’avvio del procedimento di controllo tramite raccomandata A/R o PEC al beneficiario della detrazione ovvero all’amministratore per i lavori condominiali.

Entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, si dovrà trasmettere via PEC all’indirizzo Enea@cert.Enea.it, in formato PDF, tutta la documentazione tecnica necessaria per la fruizione della detrazione fiscale e quella attestante il pagamento delle somme.

Per i controlli da svolgersi con sopralluogo

Enea almeno 15 giorni prima, comunica tramite raccomandata A/R o PEC, il luogo, data, ora e nominativo dell’incaricato del controllo.

A fronte di motivata richiesta, il sopralluogo può essere rinviato, per 1 sola volta, fermo restando che andrà comunque effettuato entro 60 giorni dalla comunicazione di Enea.

Il sopralluogo deve avvenire in presenza del committente beneficiario, ovvero dell’amministratore di condominio o del tecnico che ha firmato la relazione di fine lavori e, durante la visita, i tecnici Enea possono richiedere ed acquisire atti, documenti, schemi tecnici e ogni altra informazione, misurazione ritenuta utile ai fini del loro ufficio, gli stessi funzionari possono eseguire tutti i rilievi anche fotografici a loro discrezione.

Al termine del controllo, viene redatto un  verbale con l’indicazione delle operazioni effettuate, della documentazione esaminata anche se non acquisita, delle informazioni acquisite e delle dichiarazioni rese dai presenti, rilasciandone una copia.

L’esito del controllo viene comunicato dall’Enea entro 90 giorni e: se vengono riscontrate irregolarità, parte subito la segnalazione del beneficiario della detrazione all’AdE e al ministero dello Sviluppo Economico per la revoca dell’agevolazione, con importo maggiorato di sanzioni ed interessi.

Tuttavia, se viene accertato il concorso di uno o più fornitori nelle violazioni, si rileva la responsabilità in solido di questi ultimi.

Se emergono profili di condotte penalmente rilevanti, il fascicolo viene inoltrato alle autorità giudiziarie competenti ovvero per il tramite dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro alla procura della Repubblica presso il tribunale della Provincia ove eseguito il lavoro accertato.

I controlli dell’Agenzia delle Entrate

I controlli dell’AdE sono di due tipi: successivo e preventivo.

Il controllo successivo alla fruizione è quello che permette all’AdE di verificare entro il quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi, contenente il bonus utilizzato che documenti e procedure prescritti dalla legge siano corretti. Va detto che per effetto delle sospensioni dovute alle sospensioni per COVID-19 che il quinto anno diventa ottavo anno.

Nei casi di accertamento di riduzione o di non spettanza della detrazione fiscale, anche nel caso in cui fosse stata a suo tempo ceduta. Il Fisco potrà recuperare il valore della illegittima fruizione stessa, maggiorata di interessi e sanzione pari al 30% della detrazione revocata.

I controlli preventivi, avvengono solo in caso di cessione del credito o sconto in fattura. Infatti, l’Agenzia delle entrate, entro cinque giorni lavorativi dall’invio della comunicazione della cessione del credito, se rileva profili di rischio, può sospendere per un massimo di 30 giorni gli effetti della cessione del credito ed effettuare i relativi e più mirati controlli.

Quali sono i profili a rischio controllo

I profili di rischio sono individuati utilizzando criteri riferiti a:

  • coerenza e regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni con i dati presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria;
  • dati relativi ai crediti ceduti e ai soggetti che intervengono nella cessione, sulla base delle informazioni presenti nell’Anagrafe Tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione Finanziaria;
  • analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni di cessione.

Se dal controllo risultano confermati i rischi.

Viene notificato a chi ha effettuato la comunicazione della cessione che questa non si considera valida.

Se, invece, i rischi non risultano confermati, o si superano i 30 giorni di sospensione, la comunicazione di cessione del credito prosegue il suo iter naturale.

Se durante i controlli dell’AdE o di Enea viene accertato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, chi ha ottenuto il credito d’imposta in buona fede non perde il diritto di utilizzarlo.

Significa che se anche il proprietario dell’immobile non aveva diritto alla detrazione, l’impresa che in buona fede ha rilevato il credito di imposta può comunque usufruirne.

Quanto fin qui esposto rappresenta la sintesi procedurale e non una consulenza vera e propria, sulla congruità della spesa oppure sulla apposizione del visto di conformità.

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