Fattura Elettronica e Bollo da 2 €

Fattura Elettronica e Bollo da 2 €

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E’ disponibile, nel portale Fatture e Corrispettivi dell’Agenzia delle Entrate, il servizio che consente all’operatore Iva di verificare il calcolo ed effettuare il pagamento dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche trasmesse attraverso il Sistema di Interscambio (SdI).

In alternativa si può versare tramite i modelli F24 e F24 Enti pubblici utilizzando i codici istituiti con la risoluzione n. 42E del 09/04/2019 riportata più sotto in estratto.

In particolare, per le fatture elettroniche emesse via SdI nel trimestre di riferimento, il servizio consente di visualizzare il numero di documenti per i quali è stato indicato l’assolvimento dell’imposta di bollo e l’importo complessivo del tributo dichiarato.
Il servizio permette, se necessario, di modificare il numero delle fatture per le quali deve essere assolta l’imposta di bollo e calcola di conseguenza l’ammontare del tributo complessivamente dovuto.

Il pagamento può essere effettuato, tramite lo stesso servizio, con addebito sul proprio conto corrente bancario o postale. In alternativa, può essere generato il modello F24 già precompilato, per poi effettuare il pagamento secondo le istruzioni della risoluzione n. 42/E del 9 aprile di quest’anno, che ha istituito gli specifici codici tributo.

Scadenza imposta di bollo fattura elettronica

Ai sensi del Decreto Ministeriale del 28 dicembre 2018, che ha Modificato il DM 17 giugno 2014, concernente le modalità di assolvimento dell’imposta di bollo su fatture elettroniche. (19A00047) (GU Serie Generale n.5 del 07-01-2019)

Il pagamento dell’imposta relativa alle fatture elettroniche emesse in ciascun trimestre solare è effettuato entro il giorno 20 del primo mese successivo.

Pertanto, per le fatture elettroniche emesse nel primo trimestre 2019, il pagamento deve essere effettuato entro il 23 aprile, tenuto conto che il giorno 20 aprile è sabato e dei successivi giorni festivi.

RISOLUZIONE N. 42/E Divisione Servizi, 9 aprile 2019

OGGETTO: Istituzione dei codici tributo per il versamento, tramite i modelli “F24” e“F24 Enti pubblici”, dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche

L’Agenzia delle entrate rende noto l’ammontare dell’imposta dovuta sulla base dei dati presenti nelle fatture elettroniche inviate attraverso il Sistema di interscambio riportando l’informazione all’interno dell’area riservata del soggetto passivo I.V.A. presente sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Il pagamento dell’imposta può essere effettuato mediante il servizio presente nella predetta area riservata, con addebito su conto corrente bancario o postale, oppure utilizzando il modello F24 predisposto dall’Agenzia delle entrate.”

La suddetta disposizione si applica alle fatture elettroniche emesse dal 1° gennaio 2019.
Tanto premesso, fermo restando che il versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche può essere effettuato attraverso l’apposito servizio telematico reso disponibile nell’area riservata del soggetto passivo IVA, accessibile dal sito internet dell’Agenzia delle entrate, in alternativa, per consentirne il pagamento tramite i modelli “F24” e “F24 Enti pubblici” (F24 EP), si istituiscono i seguenti codici tributo:

CODICE TRIBUTO IMPOSTA DI BOLLO FATTURE ELETTRONICHE

  • 2521 denominato “Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – primo trimestre
  • 2522 denominato “Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – secondo trimestre
  • 2523 denominato “Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – terzo trimestre
  • 2524 denominato “Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – quarto trimestre
  • 2525 denominato “Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – SANZIONI
  • 2526 denominato “Imposta di bollo sulle fatture elettroniche – INTERESSI

In sede di compilazione del modello “F24”, i suddetti codici tributo sono esposti nella sezione “Erario”, esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna“Importi a debito versati”, con l’indicazione nel campo “anno di riferimento” dell’anno cui si riferisce il versamento, nel formato “AAAA”.

In sede di compilazione del modello “F24 Enti pubblici”, i suddetti codici tributo sono esposti esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “Importi a debito versati”, riportando nella sezione “DETTAGLIO VERSAMENTO” i seguenti dati:

  • nel campo “sezione”, il valore “F” (Erario);
  • nel campo “codice tributo/causale”, uno degli elencati codici tributo;
  • nel campo “riferimento A”, nessun valore;
  • nel campo “riferimento B”, l’anno cui si riferisce il versamento, nel formato“AAAA”.

CODICE TRIBUTO IMPOSTA DI BOLLO FATTURE ELETTRONICHE EMESSE PRIMA DEL 01/01/2019 ED ALTRI DOCUMENTI INFORMATICI

Sono utilizzati per il versamento dell’imposta di bollo relativa ai documenti informatici diversi dalle fatture elettroniche, nonché alle fatture elettroniche emesse fino al 31 dicembre 2018 i seguenti codice tributo:

  • 2501 denominato “Imposta di bollo su libri, registri ed altri documenti rilevanti ai fini tributari
  • 2502 denominato “Imposta di bollo su libri, registri ed altri documenti rilevanti ai fini tributari- SANZIONI
  • 2503 denominato “Imposta di bollo su libri, registri ed altri documenti rilevanti ai fini tributari – INTERESSI

CONTROLLO CONTRASSEGNI TELEMATICI
Il servizio dell’ Agenzia delle Entrate consente di controllare che il contrassegno che vi interessa non sia contraffatto. Sarà sufficiente inserire i dati del contrassegno nella form seguendo il link Valori Bollati.


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Liquidazione Coop & SRL SRL-s Senza Notaio

Liquidazione Coop & SRL SRL-s Senza Notaio

Non in tutti i casi è possibile liquidare una società a responsabilità limitata o cooperativa senza l’assemblea straordinaria presieduta dal Notaio. Ma per  sapere se una  cooperativa a r.l. , al verificarsi di una delle cause di scioglimento previste dall’ art. 2484 del c.c., può nominare uno o più liquidatori senza ricorrere all’assemblea straordinaria(art. 2365) ne tantomeno al notaio( art. 2436) .

Bisogna premettere che ai sensi dell’art. 2519, le disposizioni in materia di S.r.l. e le relative modalità interpretative trovano applicazione anche alle società cooperative per le quali lo statuto sociale preveda, ovvero la legge ha imposto, il riferimento al modello s.r.l.

La delibera assembleare di nomina dei liquidatori nelle cooperative a rl, può effettivamente essere adottata senza la presenza del notaio verbalizzante.

Tuttavia tale affermazione non ha valenza generale, in quanto tutte le volte in cui lo scioglimento determini nella sostanza un mutamente del contratto societario, ritorna imprescindibile la presenza della forma pubblica.

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha espresso il parere che è possibile accertare alcune delle cause di scioglimento di SRL, senza ricorrere alla funzione notarile.

Ecco qual è la procedura da seguire per la messa in liquidazione di una SRL/coop. senza notaio.

Come è noto, nelle società di capitali, la fase di liquidazione è un passaggio obbligato, anche nel caso in cui non ci siano attività o passività da liquidare.

Orbene, da tempo si discuteva sulla possibilità di iscrivere presso i Registri delle Imprese, l’accertamento delle cause di scioglimento societario di cui all’art. 2484 codice civile senza l’intervento notarile.

In particolare ci si riferiva alle situazioni contemplate ai numeri 1), 2), 3), 4), 5) e 7) escludendosi, il n. 6 ( per deliberazione dell’assemblea).

ll MISE, con il Parere n. 94215 del 19.5.2014, ha risposto con valenza generale agli interrogativi posti dall’Ufficio del Registro delle Imprese.

Il parere ministeriale dapprima richiama i punti fermi emersi nel corso del dibattito svolto sul tema da autorevoli fonti quali il Consiglio Nazionale del Notariato e l’IRDCEC, per poi addentrarsi nelle considerazioni del caso.

Le linee generali di risoluzione della questione sono le seguenti: nei casi in cui le cause di scioglimento previste dall’art. 2484 del codice civile siano oggettive – automatiche, l’organo amministrativo potrà iscrivere detta causa al Registro delle Imprese, senza ricorrere alla verbalizzazione – controllo di legalità – notarile.

Ove invece i soci esprimano la volontà di mettere in scioglimento la società, sarà la verbalizzazione notarile a definire detta decisione.

La riduzione del capitale al di sotto del minimo legale è una delle situazioni in cui è possibile ricorrere alla procedura semplificata di iscrizione al Registro delle Imprese, senza ricorrere all’atto notarile.

In questo caso, gli amministratori, eseguita la verifica della situazione contabile dalla quale risulti detta circostanza, senza indugio, devono convocare l’assemblea dei soci.

Vista la situazione contabile, si prospetterà ai soci la possibilità di:

  • ricapitalizzare la società;
  • trasformare la società.

Nel caso in cui si decida di non avvalersi di nessuna delle due possibilità, di fatto si verifica la causa di scioglimento.

L’organo amministrativo, pertanto, attesterà sotto la propria responsabilità, in apposito modulo, l’esito dell’assemblea dei soci e che, pertanto, si è verificata la causa di scioglimento prevista dal n. 4 dell’art. 2484 del codice civile.

Dopo l’iscrizione al Registro delle Imprese della causa di scioglimento, l’organo amministrativo potrà depositare il verbale d’assemblea dei soci di nomina del liquidatore/i e dei relativi poteri e dei criteri con cui dovrà svolgersi la liquidazione.

Anche questa deliberazione dell’assemblea non è soggetta a verbalizzazione notarile, dato che il relativo verbale non occorre che rivesta la forma dell’atto pubblico, ne la decisione è soggetta al controllo di legalità da parte del notaio.


Il nostro Studio propone le procedure di liquidazione semplificata con o senza nuovo liquidatore, e se del caso fornendo anche la sede della liquidazione.

Per qualsiasi dubbio o necessità ricordiamo che la consulenza via internet è totalmente gratuita v’invitiamo quindi a compilare la form che segue anche per semplici contatti.


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Versamenti; Tassa imbarcazioni

Versamenti; Tassa imbarcazioni

Tassa sulle imbarcazioni da diporto

L’argomento nautica da diporto interessa sempre maggiori utenti, spesso sono solo i budget a disposizione a determinare la tipologia di imbarcazione da possedere.

Analizzando nello specifico i costi di esercizio di una imbarcazione non sono solo le dimensioni a stabilire i costi maggiori, anzi. Ad esempio una imbarcazione in vetroresina lunga 10 metri, dotata di due motori italiani a gasolio avrà costi di esercizio e manutenzione sicuramente minori di una barca di 7 metri con un solo motore non italiano.

Tanti cercano soluzioni di impiego per la loro imbarcazione, alternative al diporto canonico per finanziarsi e consentirsi l’unico vero svago, vivere il mare. Ricordiamo il Boat & Breakfast trattato in un precedente post.

Tornando all’argomento del post le imposte,

Esse gravano sulle imbarcazioni così come la manutenzione ordinaria, tra le imposte indirette ricordiamo l’imposta IVA e l’importanza della territorialità per l’esenzione secondo la circolare n° 43E del 29 Settembre 2011. Anche questo argomento è stato approfondito nel precedente post. Limitatamente alle attività portuali.

Diciamo subito che la tassa sulle imbarcazioni (unità da diporto) è stata abolita dal comma 366, articolo 1 della legge n. 208/2015, limitatamente a quelle imbarcazioni non immatricolate non iscritte al RINA.

L’Agenzia delle Entrate non ha ancora provveduto ad emanare una circolare specifica riguardo le modalità per non incorrere in penalità o sanzioni, pertanto bisogna fare riferimento all’ultima circolare utile precisamente la n° 16/E del 30 Maggio 2012. Sul sito istituzionale della stessa A. d E. sono stati semplicemente aggiornati i lineamenti fondamentali della tassa sulla imbarcazioni.

Parametri di calcolo, come pagare
I possessori di unità da diporto dai 14,01 metri di lunghezza, in precedenza erano 10 mt. sono tenuti a pagare appunto la tassa annuale così come prevista dall’Art. 23 DL 69/2013.
Di seguito la tabella comparativa per determinare l’importo della tassa dovuta di seguito come pagarla, la scadenza prevista e i moduli di pagamento, considerata la vetustà dell’aggiornamento consigliamo di seguire direttamente il sito dell’Agenzia delle Entrate.

Quanto pesa la tassa

La tabella rappresenta la sintesi dell’assoggettamento in base alla lunghezza dell’imbarcazione:

Sono tenuti al pagamento della tassa, non solo i proprietari delle barche, ma anche gli usufruttuari e gli acquirenti se hanno stipulato un patto di riservato dominio. È importante rimarcare la circostanza secondo la quale in caso di noleggio occasionale il noleggiante rimane obbligato in solido con l’armatore.

Lunghezza scafo *

Tassa annuale **

da 14,01 a 17

870,00

da 17,01 a 20

1.300,00

da 20,01 a 24

4.400,00

da 24,01 a 34

7.800,00

da 34,01 a 44

12.500,00

da 44,01 a 54

16.000,00

da 54,01 a 64

21.500,00

superiore a 64

25.000,00

*    Lunghezza in metri lineari dalla plancia se c’è o specchio di poppa al tutto fuori o delfiniera di prua.

**  Importi espressi in Euro (€)

La tassa è ridotta:

  1. a zero il primo anno di assoggettamento, infatti; La tassa è dovuta solo a partire dal secondo anno di immatricolazione/iscrizione,
  2. del 50% per le barche a vela con motore ausiliario, che abbiano un rapporto fra superficie velica e potenza del motore uguale o maggiore di 0.5,
  3. del 15% dopo 5 anni dalla data di costruzione;
  4. del 30% dopo 10 anni
  5. del 45% dopo 15 anni.

Scadenza e modulistica da utilizzare

La tassa deve essere versata ogni anno, entro il 31 maggio. È facile consigliare di concentrare in questo periodo la scadenza della polizza di assicurazione rc obbligatoria sui motori.

Il versamento della tassa sulle imbarcazioni da diporto, si esegue compilando il modello “F24 completo di tutti i dati propri del documento di pagamento nonché gli elementi identificativi del pagamento” in cui nello specifico va inserito il codice tributo 3370.

Nel caso di errore dopo aver versato una somma eccedente l’imposta dovuta, è possibile richiedere il rimborso.

La somma versata in eccesso non è compensabile con annualità successive.

In caso nel corso dell’anno dovessimo cambiare imbarcazione, la differenza di imposta dovuta per acquisto di imbarcazione più grande, va versata al momento della iscrizione dell’acquisto, se contestuale anche la cessione della vecchia barca.

È fuori dubbio la tassa sulle imbarcazioni da diporto è dovuta per ciascuna imbarcazione, un armatore intestatario di più imbarcazioni sarà chiamato a pagare la tassa per ciascuna di loro.

La richiesta di rimborso deve essere inviata online (direttamente dal contribuente tramite Entratel o Fisconline, oppure tramite caf, commercialisti e gli altri soggetti intermediari fiscali abilitati).

Alcuni casi di esenzione, quando la tassa non è dovuta:

– le unità obbligatorie di salvataggio; per le unità usate da enti e associazioni di volontariato ai fini di assistenza sanitaria e pronto soccorso non anche per altri tipi di associazioni o enti di volontariato;
– per le unità di portatori di handicap che richiedono l’utilizzo delle unità stesse;
– per i battelli di servizio (per convalidare l’esenzione, i battelli in questione  devono riportare l’indicazione dell’unità da diporto che servono);
– le nuove unità da diporto con “targa prova” che quindi sono di stanza ancora nel magazzino o nel negozio del produttore/venditore;
– per le unità inserite in contratti di locazione finanziaria che però si sono risolti per inadempienza dell’utilizzatore. ( si ricorda che la morosità deve risultare da sentenza passata in giudicato).


Per qualsiasi dubbio, oppure per la semplice assistenza alla corretta applicazione della norma e dell’F24 per il pagamento, non esitate a compilare il modulo di contatto, il quale grazie alla completa gratuità per gli utenti internet sta riscuotendo notevole successo. Siamo sicuri che possa essere utile anche a voi.


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Sindaco e Revisione Legale dei Conti nelle SrL

Sindaco e Revisione Legale dei Conti nelle SrL

Affinché le società di capitali operino regolarmente occorre che al loro interno siano svolte correttamente determinate funzioni, per altro comuni a tutte le società:

  • l’organizzazione;
  • la gestione;
  • il controllo.

Nelle società di capitali ciascuna di queste funzioni può dirsi essere tendenzialmente riservata ad un organo corrispondente, pur con certi punti di sovrapposizione che si fanno più o meno marcati, a seconda del tipo societario prescelto e del modello di governance adottato; nello specifico si tratta dei seguenti organi:

  1. l’assemblea dei soci; La quale delibera sulla organizzazione interna e sulle questioni più importanti della società, rispecchia quelli che sono i voleri della proprietà;
  2. l’organo amministrativo, competente per la gestione dell’impresa sociale;
  3. l’organo sindacale, che ha funzioni di controllo.
    L’argomento centrale riguarda la funzione di controllo nelle società di capitali e si riferisce all’ultimo dei tre organi sociali elencati.

Secondo il nostro codice il quale rappresenta il seguente

Dispositivo dell’art. 2477 Codice Civile

L’atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, ivi compresa la revisione legale dei conti, la nomina di un organo di controllo o di un revisore.

Se lo statuto non dispone diversamente, l’organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo.

[La nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni].

La nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società:

a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) controlla una società obbligata alla revisione legale de conti;

c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal rimo comma dell’articolo 2435 bis.

L’obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore di cui alla lettera c) del terzo comma cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.

Nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni.

L’assemblea che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti indicati al terzo comma deve provvedere, entro trenta giorni, alla nomina dell’organo di controllo o del revisore.

Sindaco e Revisione Legale dei Conti nelle SrL, Se l’assemblea non provvede, alla nomina provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato.

Le funzioni attribuite all’organo di controllo interno, mettendo in evidenza le differenze e le peculiarità tra le diverse forme giuridiche ed i differenti modelli di governance adottati nel contesto delle società di capitali non quotate.

È opportuno precisare, in modo da collocare correttamente anche le informazioni del presente, che tra

il collegio sindacale,

ed il revisore unico,

vi è una profonda differenza di funzioni.

Il collegio sindacale è un organo sociale a composizione plurima e paritetica, mentre il revisore è un singolo prestatore di servizi.

Quanto alle funzioni quindi, la novella ricomprende espressamente fra le funzioni e le competenze attribuibili all’organo di controllo interno anche “la revisione legale dei conti”.

Sul punto, un’interpretazione letterale dell’attuale dettato normativo conduce a ritenere che ai soci sia riconosciuta la più ampia autonomia organizzativa, imponendo, tuttavia, nei casi di controlli cd. obbligatori, la soggezione della S.r.L. alla revisione legale e demandando ai soci la scelta di nominare un organo di controllo interno (monocratico o pluripersonale) al quale affidare (anche) la vigilanza sulla gestione della società ex art. 2403 c.c.

Nei confronti del sindaco unico trovano inoltre applicazione, in quanto compatibili,

Le Norme di comportamento del collegio sindacale e le Linee Guida per l’organizzazione del Collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti emanati dal CNDCEC.

Si precisa, in proposito, che, alla luce delle modifiche legislative intervenute sull’assetto dei controlli delle S.r.l., i principi e le raccomandazioni contenuti nei citati documenti sono applicabili all’organo di controllo anche nella sua versione monocratica ancorché si renda necessario declinarle in funzione della natura individuale dell’organo controllo.

Sono, dunque, applicabili al sindaco unico quei principi e quelle raccomandazioni che prescindono dalla composizione pluripersonale o collegiale dell’organo di controllo.
Giova rammentare che per la revisione dei bilanci a far data dal 2015, periodi amministrativi che iniziano dal 1° gennaio o successivamente devono applicarsi i “nuovi” principi di revisione (ISA Italia) elaborati ai sensi dell’art. 11, co. 3, del D.lgs. n. 39/2010.

Mentre, i “nuovi” principi SA Italia 250B e ISQC1 Italia dovevano già applicarsi a partire dal 1° gennaio 2015 a prescindere, dunque, dal periodo amministrativo di riferimento dei bilanci da revisionare.

Va detto che la dismissione dell’organo di controllo esponeva le società in caso di accertamento ad interpretazioni personali dei verificato, La circostanza viene sicuramente mitigata da un bilancio certificato.

Per il quale qualsiasi dichiarazione di inefficacia o di invalidità dovrà passare prima per il vaglio giudiziario del falso.

Pertanto la nomina di un organo di controllo resta ultimo e sacrosanto baluardo in difesa degli atti societari dei soci e della società e sicuramente anche dei terzi creditori.

Soccorre a ciò il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.38 del 14-2-2019 – Suppl. Ordinario n. 6  il quale pone principalmente l’obiettivo di riformare la disciplina delle procedure concorsuali per prevenire con interventi risanatori le situazioni di possibile crisi, diagnosticandole precocemente e salvaguardare così la continuità aziendale, quando lo stato di crisi della impresa è dovuto a particolari contingenze.

A tal fine, è assegnato all’organo di controllo in sigla “ODC” della società, ossia al sindaco unico o revisore legale ovvero al collegio sindacale, il compito di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente :

  1. L’adeguatezza dell’assetto organizzativo;
  2. La sussistenza dell’equilibrio economico finanziario;
  3. Il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente l’esistenza di fondati indizi della crisi.

L’art. 379 del Codice riformula l’art. 2477 C.C., prevedendo per le Srl la nomina obbligatoria di un ODC o di un revisore nei seguenti casi:
1) quando la nomina di tale organo e/o del revisore è prevista dallo statuto;
2) in mancanza di disposizioni statutarie, la nomina dell’ODC o del revisore è obbligatoria se si verifica almeno una delle seguenti circostanze:
a. la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
b. la società controlla un’altra società obbligata alla revisione legale dei conti;
c. la società ha superato, per 2 esercizi consecutivi, 1 o più dei seguenti limiti dimensionali:

    1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: € 2 milioni (contro i precedenti € 4,4);
    2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: € 2 milioni (contro i precedenti € 8,8);
    3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità (contro i precedenti 50).
La rilevante riduzione dei parametri dimensionali che, se superati per 2 esercizi consecutivi, fa scattare gli obblighi in discorso con la sufficienza del superamento anche di un solo parametro e non più della coincidenza di 2, com’era previsto dalla disposizione pre-vigente imporranno a numerose Srl di nominare un revisore o un ODC.
In presenza dei requisiti sopra esposti, la norma richiede che la Srl nomini un revisore legale unico in alternativa, una società di revisione oppure un sindaco unico o un collegio sindacale.
Sebbene l’espressione “la nomina dell’organo di controllo o del revisore” alimenti interpretazioni divergenti, secondo l’orientamento prevalente:
– sarebbe permessa la nomina del solo revisore legale o società di revisione;
– non sarebbe invece permessa la nomina del solo ODC che, se effettuata, farebbe scattare a carico della Srl l’obbligo di assegnare anche l’incarico della revisione legale, conferendolo allo stesso ODC oppure a un revisore legale “esterno” o a una società di revisione.
Nella scelta, la Srl dovrà considerare vari aspetti e non optare per la nomina del solo revisore con l’obiettivo di contenere i costi.
Una decisione consapevole dovrebbe anche tener conto che:
– la nomina dell’ODC amplia e rafforza la portata e l’efficacia del sistema di controllo: i sindaci, a differenza del revisore, partecipano alle riunioni degli organi amministrativi e delle assemblee dei soci e pertanto sono messi in grado di vigilare sulla correttezza dei processi decisionali, essendo coinvolti, fin dall’inizio, nel loro svolgimento;
– l’ODC vigila sull’osservanza della legge e dello statuto ed è dotato di rilevanti poteri di ispezione e intervento per l’individuazione delle irregolarità.
 
Possiamo quindi ritenere utile la disposizione novellata, proprio in virtù dei benefici di cui godranno le società a responsabilità limitata verificate.
 

Sindaco e Revisione Legale dei Conti nelle SrL

Fonti:

http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/9442/830971-1176323.pdf?sequence=2

http://www.cndcec.it/Portal/CMSTemplates/Txt_img_menu.aspx?id=dacb6d2d-f91a-4566-8ff7-a6200e372bc7&idT=c9d0f06c-3c19-4c1e-b642-320e289bb3a8&mode=3

https://www.lapostadelsindaco.it/


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Antiriciclaggio Regola Tecnica n 1 autovalutazione del rischio

Antiriciclaggio Regola Tecnica n 1 autovalutazione del rischio

Si parla sempre più spesso di antiriciclaggio e soprattutto di auto riciclaggio con proventi da fonti illecite.

La fonte maggiormente insidiosa è proprio l’evasione fiscale, perciò siamo tutti chiamati al rispetto delle regole nazionali ed europee, sulla equa contribuzione.

La vigenza del d.lgs. 231/2007 non per tutti i colleghi ha rappresentato un momento di presa di coscienza sulla funzione del commercialista, speriamo che le modifiche del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90, possano segnare il passo e fare la differenza tra i colleghi e non.

Ormai la difesa della categoria è affidata al singolo studio.

Spesso presso i nostri studi sono eseguite attività per conto di clienti, i quali tentano di attivare operazioni se pur lecite ma se celata o confusa la provenienza del danaro e l’effettivo beneficiario dell’operazione.

Il nostro studio Professionale è in seria difficoltà.

Vale la pena quindi di seguire come di consueto con meticolosa attenzione le nuove regole per non incorrere in sanzioni anche dal Consiglio di Disciplina; Tenuto conto che oltre le previsioni Penali, l’Ordine di appartenenza può certamente arrivare alla radiazione.

Il Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti Esperti Contabili, nella sua qualità tra l’altro esclusiva di Organismo di autoregolamentazione, della categoria ha approvato le regole tecniche successivamente indicate come “RT”.

Nella seduta del 16 gennaio 2019, sono state deliberate le regole e subito sottoposte a parere del neo Comitato di Sicurezza Finanziaria istituito in Commissione del 6 dicembre 2018.

Per l’apprendimento e la corretta applicazione delle regole tecniche il CNDCEC invita a tenersi aggiornati ovvero partecipare alle specifiche attività di e-learning.

Decorso il periodo formativo le regole tecniche saranno vincolanti per tutti gli iscritti”.

Quindi sino a tutto il primo semestre del 2019 l’applicazione delle regole tecniche non è vincolante per gli iscritti, i quali potranno continuare ad operare con i metodi sinora applicati relativamente all’adeguata verifica della clientela ed alla valutazione del rischio.

In attesa della disponibilità delle attività di formazione si intende comunque procedere ad un’analisi della Regola Tecnica n. 1.

in quanto è quella alla quale sono soggetti la maggiore parte dei colleghi .

Autovalutazione del rischio

L’articolo 15 del Dlgs. 231/2007 prevede espressamente che i soggetti obbligati adottino procedure oggettive e coerenti per l’analisi e la valutazione dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (di seguito fdt), tenendo conto di fattori di rischio associati alla tipologia della clientela, all’area di operatività, ai canali distributivi ed ai prodotti offerti;

La valutazione è documentata e periodicamente aggiornata

Sarà messa a disposizione delle autorità di vigilanza e degli organismi di autoregolamentazione.  Così come previsti dall’art. 11 c.2 del D.lgs. 231/2007  il quale testualmente recita e prevede, gli organismi di autoregolamentazione sono responsabili dell’elaborazione e aggiornamento di regole tecniche, adottate in attuazione del presente decreto previo parere del Comitato di sicurezza finanziaria, in materia di procedure e metodologie di analisi e valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo cui i professionisti sono esposti nell’esercizio della propria attività, di controlli interni, di adeguata verifica, anche semplificata della clientela e di conservazione e, anche attraverso le proprie articolazioni territoriali, garantiscono l’adozione di misure idonee a sanzionarne l’inosservanza e sono sentiti dalla UIF ai fini dell’adozione e dell’aggiornamento degli indicatori di anomalia di cui all’articolo 6, comma 4, lettera e) che li riguardino. I predetti organismi e le loro articolazioni territoriali sono altresì responsabili della formazione e dell’aggiornamento dei propri iscritti in materia di politiche e strumenti di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

La valutazione è un adempimento proprio dei professionisti obbligati e non è delegabile.

L’eventuale responsabile antiriciclaggio assiste il professionista nella gestione e nella mitigazione del rischio residuo.

Sinteticamente si perviene all’autovalutazione del rischio residuo come segue:

  • determinando il rischio inerente sulla base di singoli fattori;
  • determinando il rischio di vulnerabilità sulla base di singoli fattori;
  • applicando ai due valori di cui sopra una matrice di ponderazione;
  • confrontando i valori della matrice di cui sopra ad una scala graduata di “livello di rischio residuo”.

Valutazione del rischio inerente

Nella RT n. 2 si ha modo di leggere che per “rischio inerente si intende il rischio proprio delle attività svolte dal professionista, considerate per categorie omogenee, in termini oggettivi ed astratti”.

Le RT individuano il “rischio inerente” nei seguenti fattori:

  • tipologia della clientela,
  • area geografica di operatività,
  • canali distributivi, (riferito alle modalità di esplicazione della prestazione professionale, anche tramite collaborazioni esterne, corrispondenze, canali di pagamento ecc.)
  • servizi offerti.

Il professionista dovrà quindi individuare tali fattori in base alla generalità della tipologia complessiva della clientela di norma si attribuisce un maggior rischio ad attività esercitate in forma societaria rispetto a quelle esercitate in forma di impresa individuale, all’area geografica di operatività dello studio, alle modalità ed ai canali di esecuzione della prestazione professionale, ai servizi offerti nell’ambito della prestazione professionale.

Scala graduata per la valutazione del rischio inerente da applicare a ciascuno dei fattori

 

 

 

 

 

La media aritmetica dei punteggi dei singoli fattori determina il valore del rischio inerente.

Valutazione del rischio di vulnerabilità dello studio

Le RT indicano espressamente che “l’analisi dell’assetto organizzativo e dei presidi consente di individuare eventuali vulnerabilità ovvero le carenze che permettono che il rischio inerente si concretizzi in fenomeni di riciclaggio/fdt non rilevati”.

A monte quindi della determinazione del rischio di vulnerabilità dello studio dovrà esservi quindi l’analisi, sopra indicata.

Le RT individuano il “rischio di vulnerabilità” dello studio nei seguenti fattori:

  • formazione,
  • organizzazione degli adempimenti in materia di adeguata verifica clientela,
  • organizzazione degli adempimenti relativi alla conservazione dei documenti, dati e informazioni,
  • organizzazione in materia di segnalazione di operazioni sospette e comunicazione delle violazioni alle norme sull’uso del contante.

Scala graduata per la valutazione del rischio di vulnerabilità dello studio

 

 

 

 

 

La media aritmetica dei punteggi dei singoli fattori determina il valore del rischio di vulnerabilità.

Valutazione del rischio residuo Antiriciclaggio Regola Tecnica n 1 autovalutazione del rischio

In base alle medie aritmetiche del rischio inerente e di quello di vulnerabilità si determina il rischio residuo, assumendo al 40% i valori del rischio inerente ed al 60% i valori del rischio vulnerabilità muovendo dal presupposto che la componente di vulnerabilità abbia più rilevanza nella determinazione del rischio residuo.

Viene quindi riportata una tabella da applicare ai valori ponderati per la determinazione del rischio residuo.

 

 

 

 

 

 

stabilito il livello “tabellare” di rischio residuo, il professionista procederà ad attivare le azioni necessarie per la gestione/mitigazione del medesimo.

 

 

 

 

 

Precisa la RT che rilevano le dimensioni della struttura, il numero dei componenti dello studio (professionisti, collaboratori e dipendenti) ed il numero delle sedi in cui viene svolta l’attività e che:

  • per due o più professionisti (una sede o più) occorre introdurre la funzione antiriciclaggio e nominare il relativo responsabile,
  • per più di 30 professionisti e più di 30 collaboratori nello stesso studio (una sede o più) introdurre la funzione antiriciclaggio, nominare il responsabile antiriciclaggio e introdurre una funzione di revisore indipendente per la verifica dei presidi di controllo;
  • nell’ambito dei presidi rileva altresì la formazione del personale con carattere di programmazione e permanenza.

Come indicato nel paragrafo “Autovalutazione del rischio”

Si rende necessario, la redazione del documento interno di studio da non tenere nel fascicolo del cliente, nel quale descrivere l’organizzazione dello studio e le procedure adottate, le attività di formazione ed i correttivi adottati, al quale seguirà la valutazione “tabellare” dei rischi di cui sopra, il documento ed i suoi aggiornamenti saranno tenuti a disposizione insieme al documento sulla valutazione dei rischi in materia di tutela dei dati personali.

Altre particolarità riguardano i colleghi esposti in politica.

Possiamo collaborare con i colleghi per la corretta applicazione del disciplinare.


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Antiriciclaggio Regola Tecnica n 1 autovalutazione del rischio

Quando l’amministratore diventa il padrone del palazzo ?

Quando l'amministratore diventa il padrone del palazzo ?

Quando l’amministratore diventa il padrone del palazzo ?

Il titolo dell’articolo vuol rimarcare l’atteggiamento di molti amministratori di condominio, i quali di fatto adottano linee di condotta non proprio trasparenti o legali, le quali pongono un vero e proprio macigno dinanzi l’esercizio democratico dei propri diritti da parte dei singoli comproprietari.

Possiamo subito rispondere alla domanda posta nel titolo, in estrema sintesi l’amministratore crede di essere stato nominato proprietario esclusivo dell’intero fabbricato quando, all’interno del sodalizio serpeggia l’ignoranza supportata dalla fiducia verso questa specie di professionista “l’amministraTore di condominio”.

Lui l’amministratore non sa, o non dice le cose, l’assemblea fiduciosa approva.

Il momento magico per far valere i propri diritti in condominio è l’assemblea, infatti come tutti i sodalizi in regime democratico, per la gestione della “cosa comune” e per la gestione della coincidenza della proprietà privata, tutti i proprietari si riuniscono;

  1. nominano un amministratore della proprietà in comunione;
  2. gli attribuiscono un emolumento;
  3. stabiliscono la durata del suo mandato.

La legge poi spiega e dettaglia come lo stesso amministratore potrà e dovrà provvedere al suo ufficio.

L’amministratore del condominio secondo il nostro Codice con l’assunzione della carica deve anche assolvere alla funzione di informatore dei proprietari, vediamo bene ed in dettaglio di cosa dobbiamo essere informati e sopratutto con quale forma.

Assume pertanto una particolare funzione ed importanza il rendiconto dell’amministratore di condominio,  perché pur non conforme a quello previsto dagli amministratori delle società, non è neanche uno sterile elenco di numeri,  che per molti condomini proprietari rappresenta solo un documento da visionare ed approvare in fiducia. Sul quale meglio non fare domande per non fare la figura del fesso davanti a tutti gli altri condomini od in assemblea.

Il rendiconto condominiale

Vediamo cos’è il rendiconto, cosa deve contenere, gli obblighi e le sanzioni per l’amministratore.
Sappiamo che la riforma del condominio del 2012 ha imposto obblighi e procedure contabili nonché reso il rendiconto condominiale sicuramente più complesso.
Ma utile a chiunque per operare una trasparente verifica delle attività poste in essere dall’amministratore.
 

– cos’è

Prima che intervenisse la riforma, era sufficiente che l’amministratore “rendesse il conto della sua gestione”, senza precisare in che modo dovesse essere realizzato il rendiconto, mentre sul punto il Legislatore nel 2012 ha meglio articolato la norma.
Questa tiene conto della specialità dell’ambito condominiale, evitando qualunque richiamo alle regole dettate in ambito di bilancio di esercizio societario poiché questo si ritiene essere qualcosa di distinto e separato, concepito per attività differente e governato da una disciplina diversa.

– dopo la riforma del 2012

La riforma in parola, ha notevolmente inciso e implementato gli obblighi contabili che l’amministratore è tenuto a rispettare nei confronti dei proprietari (cfr. artt. 1129, 1130 e 1130-bis, c.c.): questi, ad esempio, deve :
1) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione
2) convocare l’assemblea per la relativa approvazione
3) eseguire gli adempimenti fiscali,
4) assicurare la tracciabilità delle operazioni di entrata ed uscita.
Infatti, l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; inoltre, ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, potrà chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.

– cosa contiene

Il rendiconto condominiale, precisa la legge, “contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente la situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica”.
Il rendiconto, prosegue la norma, si compone di :
1) un registro di contabilità,
2) un riepilogo finanziario,
3) una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.
All’assemblea condominiale sarà consentito, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio;
Oltre a stabilire che le scritture e i documenti giustificativi dovranno essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione, la riforma ha ufficializzato un diritto già in precedenza riconosciuto seppur nel silenzio della legge, quello dei condomini e dei titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari a prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e di estrarne copia a proprie spese.
La giurisprudenza in formazione dal 2012, con la sentenza torinese n. 3528/2017 ha rammentato che l’art. 1130-bis c.c. impone la redazione del rendiconto condominiale annuale e che lo stesso debba contenere una serie di specifiche voci contabili, indispensabili alla ricostruzione e al controllo della gestione dell’amministratore da parte di ogni condomino.
In particolare, gli elementi imprescindibili del rendiconto sono:
1) il registro di contabilità;
2) il riepilogo finanziario;
3) una nota di accompagnamento sintetica, esplicativa della gestione annuale.
Come già detto; La mancanza di uno solo di questi documenti, secondo la pronuncia del Tribunale piemontese, renderà invalida la delibera assembleare che approva il rendiconto nel caso, il Tribunale ha annullato la delibera che aveva approvato il rendiconto condominiale per mancanza della nota esplicativa.

– le sanzioni

Se l’art. 1129 espressamente prevede la revoca dell’amministratore che non usa (anche parzialmente) il conto corrente, molto spesso la giurisprudenza è già intervenuta ma non perde occasione per confermare come la situazione degli obblighi contabili post riforma sia particolarmente stringente.
Nessuno spazio è stato lasciato all’interpretazione.

Tracciabilità delle operazioni condominiali

Va detto che la norma che stabilisce l’obbligo ex lege di tracciare le operazioni contabili (in entrata e in uscita) alcun limite minimo o massimo di valore è stato posto, pertanto; Ogni movimentazione dovrà necessariamente transitare dal conto corrente condominiale.
L’adempimento di tale obbligo, inoltre, dovrà risultare in sede di redazione del rendiconto poiché andranno indicate specificamente, per ogni operazione di entrata e di uscita, le modalità attraverso le quali sono state effettuate (ad esempio tramite bonifico, pos, assegno, ecc.).
Dalle nuove regole e dai nuovi obblighi enucleati dalla riforma si comprende la necessaria complessità del rendiconto e della sua redazione,risultante dalla somma di diversi documenti i quali dovranno consentire la ricostruzione, la verifica o il riscontro immediato delle operazioni contabili dell’ente da parte dei condomini.

Revoca amministratore che ritarda il rendiconto

Molti tribunali come ad esempio il Tribunale di Taranto, con un decreto del 21 settembre 2015 hanno ritenuto legittima la revoca dell’amministratore di condominio il quale sottopone in ritardo all’assemblea per l’approvazione del conto dei suoi esercizi, anche se questi siano stati poi approvati dai condomini.
Ciò in quanto, non rendere il conto della gestione rileva di per sé ai sensi dell’art. 1129 c.c. grave irregolarità e, per il giudice, “deve al riguardo sottolinearsi che quando ci si trova di fronte a delibera assembleare che approvi rendiconti pluriennali, non osservandosi la regola della necessaria annualità del rendiconto, si ritiene che si configuri una forma di nullità e non di semplice annullabilità della delibera“.
La ratio, pertanto, è quella di “assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore” Il provvedimento di revoca dell’amministratore non è suscettibile di ricorso per cassazione.

Omissione rendiconto

Anche la Cassazione (sent. 28764/2017) ha sottolineato l’obbligo gravante sull’amministratore di condominio di redigere il rendiconto annuale che dovrà essere approvato dall’assemblea, appositamente convocata entro centottanta giorni.
Tale omissione potrà comportare la revoca giudiziale dell’amministratore, siccome espressamente ritenuta “grave irregolarità”; qualora penda un provvedimento giudiziale di revoca, le delibere di approvazione tardiva dei rendiconti, eventualmente adottate nelle more di detto procedimento, non varranno a sanare l’inadempimento dell’amministratore che ha tra i suoi precipui compiti, quello di rendere il conto della sua gestione (leggi: Condominio: il rendiconto approvato tardivamente non “salva” l’amministratore dalla revoca giudiziale).
 
Abbiamo visto quindi come l’amministratore del condominio dovrà predisporre i documenti utili al suo ufficio.
Se in assemblea condominiale non sono prodotti questi documenti dal vostro amministratore, poi non vi lamentate se fa il padrone con la vostra proprietà.
In pratica nessuno di noi manderebbe qualcuno ad eseguire delle commissioni dotandolo di autonomia economica, senza riceversi o attendersi una resa del conto di quanto commissionato e soprattutto gli esiti della commissione.

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