Redditometro & auto

Redditometro & auto

Redditometro & auto

Dopo l’ennesimo flop sugli aiuti economici, vedi il secondo Decreto Ristori e la incombente necessità di un terzo ristoro, per tutte le categorie “dimenticate” dal Governo.

Sicuramente saranno utilizzati fondi europei, che produrranno interessi da pagare.

Difficile quindi pensare ad una ripresa spontanea dell’economia e delle finanze.

L’unica via di fuga per il Governo è la lotta alla evasione fiscale, infatti la pandemia avrà modificato la vita a tutti, partendo proprio dal modo di intendere il lavoro, ma non ha fornito alcuna forma di contrasto alla evasione fiscale. Anzi!

Prima della pandemia l’attenzione fiscale era concentrata sulle spese dei contribuenti al fine di poter ricostruire con estrema precisione, il reddito prodotto, o quantomeno il flusso di danaro occorrente per il tenore di vita rappresentato dal redditometro.

Tra le spese capaci di determinare un Accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate vi sono quelle legate all’acquisto ed al mantenimento dell’auto anche se non di grossa cilindrata ed anche se non è stata acquistata ma è solo in lungo noleggio oppure in  leasing.

La possibilità che il coronamento del proprio sogno possa creare problemi con il fisco è concreta

Infatti la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate sappiamo che hanno in calendario i controlli a tappeto per stanare le evasioni fiscali e, nella valutazione dei soggetti a rischio, fanno riferimento al possesso di beni di elevato valore come auto e non solo di lusso, infatti è ben noto a chiunque che il mantenimento in esercizio di un natante anche di piccole dimensioni di un’auto d’epoca o storica implica l’impiego di molto capitale.

Completano il ciclo delle attenzioni ovvero si determina una recrudescenza la coincidenza tra bene mobile sospetto e la e proprietà/disponibilità di appartamenti di grande dimensione.

Molti concessionari, mossi dalla necessità di convincere il cliente all’acquisto dell’auto, suggeriscono di prendere la macchina in leasing/noleggio. Sperando di evitare l’allerta del sistema informatico fiscale (SID). Infatti nella circostanza il cliente non risulterà intestatario. Ma non è così !

È possibile l’accertamento fiscale per l’auto in leasing ?

E l’auto usata ?

A partire da quale cilindrata per l’auto si rischia l’applicazione di un accertamento scaturito dal redditometro ?

A fornire una risposta a questo comprensibile dubbio sono state numerose pronunce della Cassazione tra cui l’ultima  [Cass. ord. n. 29750/2018.].

La pronuncia della Corte Suprema spiega come funziona il redditometro auto non solo per le auto di lusso, ma per qualsiasi altro mezzo di trasporto che il contribuente non possa apparentemente permettersi. Tenuto conto dei dati di reddito dallo stesso dichiarati.

L’acquisto di una macchina può comportare dei rischi nei rapporti con il fisco, vediamo se le cose cambiano in caso di auto di seconda mano o in lungo noleggio ovvero quello finanziario cosiddetto leasing.

Ma procediamo secondo l’indice che segue:

Cos’è e come funziona il Redditometro

Chi spende di più di quanto dichiara all’Agenzia delle Entrate è perché ha dei redditi nascosti.

Su questo principio nasceva il redditometro, ma oggi ?

Chi più spende più guadagna !

Così ragiona il software in uso al fisco con cui vengono messi su una bilancia, da un lato, i redditi riportati nella dichiarazione annuale e, dall’altro, gli acquisti per incrementi patrimoniali, intesi per tali anche le spese occurrenti per il mantenimento dello stesso patrimonio: se c’è scostamento più alto del 20% di quanto risulta dalla dichiarazione presentata per l’annualità in accertamento, allora parte l’allerta per l’ufficio delle imposte di competenza.

Ma prima di poter acclarare che il maggior impiego di spesa o di incremento patrimoniale è frutto di evasione fiscale, con l’aggravante dell’auto riciclaggio di proventi illeciti;

Il contribuente è invitato; A fornire chiarimenti sulla provenienza del denaro impiegato in più, rispetto a quanto dichiarato nell’anno, e nei 5 precedenti quello in contestazione.

A questo punto; Se ritenute insufficienti le giustificazioni, l’Agenzia delle Entrate con il supporto della consolidata Cassazione, parte all’attacco e notifica l’accertamento fiscale. Non c’è scampo solo la Commissione Tributaria potrà rilevare eventuali vizi di forma della procedura.

Redditometro per auto nuova

Il Redditometro è viene utilizzato per qualsiasi acquisto fatto dai contribuenti ma solo per quelli di valore elevato e che siano “tracciabili”;

È il caso dell’acquisto di qualsiasi bene mobile od immobile la cui proprietà risulta trascritta nei pubblici registri.

L’attenzione fiscale quindi si concentra sui contratti di acquisto anche di beni di consumo dove bisogna fornire il codice fiscale o la partita Iva: un mutuo, un affitto, un viaggio, un’utenza telefonica. V’è di più non dimentichiamo che a ciò si aggiungono tutte le spese di manutenzione e/o riparazione.

Tornando a chi compra una macchina e non ha un reddito sufficiente non solo per pagarne il prezzo, ma anche per mantenerla ivi compresi i costi periodici che essa comporta come il bollo, l’assicurazione, la benzina è molto probabile che sia convocato a documentare con quali soldi ha fatto fronte alla spesa.

La giurisprudenza unanime espressa dalla Suprema Corte, attesta nello specifico che la titolarità di un’automobile fa scattare il redditometro.

Sta al contribuente dimostrare che :

  1. il presunto reddito maggiore non esiste;
  2. l’esborso non è riconducibile al contribuente;
  3. la differenza di reddito non è significativa ai fini dell’accertamento;
  4. la spesa è stata possibile con redditi soggetti a ritenuta alla fonte;
  5. la spesa esiste ma in misura inferiore a quella contestata.

Secondo la giurisprudenza [Cass. sent. n. 13041/17 del 24.05.2017], infatti, è legittimo l’accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate successivo all’acquisto di un’auto, «in quanto fondato sui fattori-indice, essenzialmente costituiti dal possesso da parte del contribuente di determinati beni in concomitanza, attestati un tenore di vita definibile di lusso (macchine, case, barche, cavalli, qualsiasi bene rifugio, ecc.).

Si tratta di elementi sintomatici di capacità di spesa occultata da cui deriva la presunta corrispondente disponibilità di un adeguato reddito da tassare in capo al Contribuente».

Redditometro per auto usata

Al momento sembra che le cose vadano meglio per chi acquista un’auto di seconda mano. Infatti la Suprema Corte ha statuito che [Cass. ord. n. 23715/2018], non c’è rischio di un accertamento fiscale se il valore residuo del mezzo usato è minimo.

Ma se la macchina dovesse avere ancora un discreto valore allora il controllo sarebbe lecito, sopratutto in presenza di ingenti spese di mantenimento.

Redditometro per auto in leasing

Con l’ordinanza cui abbiamo fatto riferimento in apertura, la Cassazione ha ritenuto legittimo l’accertamento fiscale basato sul redditometro anche se l’auto di lusso non è stata acquistata ma è soltanto in leasing.

La legge [Art. 38 DPR n. 600/1973] si legge – legittima la presunzione, da parte dell’amministrazione finanziaria, di un reddito maggiore di quello dichiarato dal contribuente sulla base di elementi indiziari dotati dei caratteri della gravità, precisione e concordanza.

E ancora, per la Cassazione, in presenza di tale presupposto, la norma non impone altro onere all’Amministrazione  Finanziaria ma piuttosto consente al Contribuente di offrire la prova contraria: Con la espressa precisazione che l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione. Non bastano eventuali prove testimoniali.

Come contestare il redditometro auto

Considerato come l’acquisto la locazione oppure il leasing di un’auto possa mettere in moto il redditometro, vediamo come il contribuente può difendersi.

Se convocato dalla Guardia di Finanza nell’ambito di precedenti indagini oppure dall’Agenzia delle Entrate per segnalazione tributaria, il Contribuente deve dimostrare la fonte da cui provengono i redditi “eccedenti il 20%” rispetto a quelli denunciati nella dichiarazione dei redditi, grazie ai quali si è potuto permettere determinate spese.

Esperita la fase precedente la notifica dell’accertamento, compresa la possibilità di raggiungere un accordo con l’Amministrazione Finanziaria;

Al Contribuente non rimane quindi che impugnare e contestare l’accertamento con redditometro.

Ovviamente dovrà fornire prova documentale e dimostrare che eventualmente:

  • ci sono errori procedurali;
  • ci sono errori materiali o di calcolo;
  • i soldi sono frutto di un prestito tra parenti: nel caso si dovrà quindi dimostrare il passaggio di denaro dal conto del parente a quello proprio oppure a quello dello stesso venditore; Oppure dovrà produrre le copie degli assegni con cui gli è stato donato il denaro; Un ulteriore documento che attesti la non assoggettabilità del prestito ad interesse verso il parente coinvolto, perchè esposto anch’esso ad accertamento.
  • i soldi sono risultati da un risarcimento assicurativo oppure da una vincita al gioco: La prova documentale della maggiore disponibilità economica è di quelle previste per la circostanza;
  • ha venduto un oggetto di sua proprietà (ad esempio la precedente macchina) e con il ricavato, o parte di questo, ha comprato il nuovo veicolo;
  • ha ottenuto un mutuo;
  • ha percepito altri redditi esenti o già tassati alla fonte che, come tali, non andavano riportati nella dichiarazione dei redditi. di cui non si è voluto tener conto durante la fase precedente l’accertamento.

Di norma nelle attività di revisione è sempre prestata particolare attenzione alla documentazione delle spese tenuto conto della rilevanza ai fini del redditometro.

Dal Blog è possibile richiedere adesso la CONSULENZA specifica GRATUITA: il blogger esperto – sulla base delle esigenze specifiche– verificherà se ci sono i presupposti per applicare i servizi del blog. Per ridurre il rischio da accertamento a causa del redditometro oppure per ridurre il carico fiscale in maniera inattaccabile.

Eventuali esigenze specifiche del lettore vanno analizzate, il tutto va impostato per essere adattato al caso concreto eventualmente sottoposto. Per redigere un parere scritto per il web, è opportuno rivolgersi ad un professionista esperto della materia e che abbia conoscenze approfondite di del web.

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Stigma sociale associato a COVID-19

Stigma sociale associato a COVID-19

Stigma sociale associato a COVID-19

La parola stigma, di origine greca, significa marchio, impronta, segno, distintivo.

È utilizzata in diversi ambiti, dalla botanica alla medicina, dalle economie alle religioni.

Lo stigma consiste in una attribuzione di puro pregiudizio; Quando infondato ha come conseguenza l’isolamento. Nel caso della medicina ad esempio, porta ad isolare il malato e la sua incurabilità.

In particolare quindi, secondo gli aspetti della salute si individua con la stigmatizzazione la discriminazione basata sul pregiudizio nei confronti del malato.

Bisogna essere coscienti; In conseguenza per un malato subire lo stigma significa vivere ogni giorno nell’esclusione, nel rifiuto, nella vergogna e nella solitudine. Senza alcuna possibilità di salvezza.

Il pregiudizio nei confronti dei malati si sviluppa in contesti in cui le informazioni sono accettate in maniera apparente e superficiale e portano, di conseguenza, all’attuarsi di pregiudizi ed emarginazione nei confronti delle persone malate.

Alla base si genera una mancanza di riconoscimento della sofferenza derivante dalla malattia e una attribuzione di stabile invalidità nei confronti di queste persone, che se adeguatamente considerate e curate possono recuperare le proprie capacità fisiche, sociali e intellettive.
Per saperne di più, su come evitare discorsi od attribuzioni discriminatorie, il Ministero della Salute ho diffuso la
Guida per prevenire e affrontare lo stigma sociale. da COVID-19.
Il documento include le raccomandazioni del Johns Hopkins Center for Communication Programs, READY Network. Che riguarda la traduzione italiana di “Social Stigma associated with COVID-19” prodotto da IFRC (International Federation of Red Cross, and Red Crescent Societies), UNICEF e WHO.

Cinque consigli utili

Per alimentare una solidarietà collettiva e diffondere informazioni chiare e corrette, ecco alcuni suggerimenti rivolti agli esperti di comunicazione:
1. correggere falsi miti e stereotipi;
2. promuovere l’importanza della prevenzione, delle azioni salvavita, dello screening precoce e della cura;
3. condividere racconti che generano empatia o storie che umanizzano le difficoltà delle persone colpite dalla malattia;
4. comunicare supporto e incoraggiamento per tutti quelli che sono impegnati nella risposta a questa epidemia quali gli operatori sanitari, le autorità, i volontari;
5. nei discorsi, usare le parole giuste e con attenzione.

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Esazione Imposte; prescrizione o decadenza ?

Esazione Imposte; Ad Ottobre ricomincia la diatriba - prescrizione o decadenza ?

Esazione Imposte; Ad Ottobre ricomincia la diatriba – prescrizione o decadenza ?

La Pandemia e look down hanno contribuito a rendere le cartelle di pagamento sospese per la riscossione;

Molti si domandano; Allora nulla sarà più dovuto ?

Chiariamo subito che gli effetti della pandemia sulla riscossione delle imposte. Hanno soltanto sospeso i termini di prescrizione, pertanto tutte le attività poste in essere presso l’esattore delle imposte restano congelate.

Le somme che sono state oggetto di ruolo consegnato all’esattore. Sono tutte lì ad attendere la fine della sospensione che sembra sia operativa già dal 14 ottobre.

Invece! Se l’ente ha ritardato la formazione del ruolo. Resta operativa e non sospesa la decadenza dello stesso ente per la richiesta e la formazione del ruolo da consegnare all’esattore. In quanto solo la decadenza non è suscettibile di sospensione.

Da ciò ne discerne una sostanziale differenza tra l’istituto della prescrizione e quello della decadenza.

Va detto ancora che le regole della prescrizione non possono essere applicate alla decadenza.

È chiaro quindi. Che nel momento in cui si dovesse ricevere la notifica di un ruolo. Emesso dall’ente impositore tramite una cartella di pagamento da parte dell’esattore delle imposte. Bisogna con molta cautela analizzare il documento ricevuto e gli atti che lo hanno preceduto. Presso gli enti coinvolti nella formazione del ruolo, anche tenuto conto dei due sopra cennati momenti.

Con queste note non si esorta l’evasione. L’elusione fiscale ovvero inutili contenziosi tributari, ma semplicemente si vuol rendere edotti i debitori o presunti tali, sui propri diritti.

Come di consueto l’analisi dei ruoli notificati, resta attività di studio totalmente gratuita per i fruitori del nostro Blog ed i collegati sui social.

Per qualsiasi necessità, non rinunciate all’utilizzo della form che segue per richiedere l’analisi degli atti ricevuti.

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Rivalutazione beni ammortizzabili DL 104/2020

Rivalutazione beni ammortizzabili DL 104/2020

Rivalutazione beni ammortizzabili DL 104/2020

Il DL 104/2020 (“Decreto Agosto”) riapre i termini per l’ulteriore rivalutazione dei beni aziendali e delle partecipazioni inserite nei bilanci chiusi al 31dicembre 2020.
Questa riedizione della norma sembra più convincente delle precedenti, per flessibilità e convenienza, certamente sarà meglio considerata dalle imprese.

In sintesi la norma prevede per l’Ambito soggettivo e oggettivo

La rivalutazione è destinata ai “soggetti indicati nell’art.73,co.1, lettere a)e b) ”Tuir (le quali operino in contabilità non riferita agli indici internazionali IAS). Si tratta, in particolare, delle società di capitali e degli enti commerciali residenti.
I beni oggetto di rivalutazione sono rappresentati da:
– immobilizzazioni materiali, ammortizzabili e non;
– immobilizzazioni immateriali consistenti in beni, cioè diritti giuridicamente tutelati (non sono oggetto di possibile rivalutazione i costi pluriennali o d’avviamento);
– le partecipazioni in società controllate e in società collegate ai sensi dell’art.2359 cod. civ.. Costituenti immobilizzazioni (nel caso la rivalutazione fiscale ha senso in assenza dei requisiti PEX).
Va ricordato che sono compresi tra i beni strumentali anche quelli il cui valore è al di sotto di €516,45. Oltre a quelli completamente ammortizzati e, inoltre, sono rivalutabili anche le immobilizzazioni in corso di costruzione.

I beni in parola devono essere di proprietà e devono risultare tanto nel bilancio. Relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 quanto in quello successivo.

Sui beni in parola la norma non pone alcun veto ad eventuali pesi trascritti o meno e se presenti sui beni oggetto di rivalutazione.

I punti di interesse della nuova rivalutazione

Rispetto alle precedenti versioni, la nuova rivalutazione si presenta particolarmente appetibile per diverse ragioni:
– E’ possibile optare sia per una rivalutazione meramente contabile (e gratuita), sia per una rivalutazione con effetto fiscale;
– In caso di riconoscimento fiscale della rivalutazione l’imposta sostitutiva da corrispondere è particolarmente ridotta. Pari al 3% sia per i beni ammortizzabili che per i beni non ammortizzabili, da versare in 3 rate annuali senza interessi. (ricorderemo che nella precedente formulazione l’imposta sostitutiva ammontava al 16% per i beni ammortizzabili e del 12% per i beni non ammortizzabili);
– Viene meno l’obbligo di rivalutare tutti i beni e per “categorie omogenee”. Infatti ora è possibile procedere con la rivalutazione distintamente per ciascun bene, lasciando quindi massima flessibilità d’impiego;

– I maggiori valori assoggettati all’imposta sostitutiva assumono valenza fiscale immediatamente, quindi a partire dal periodo di imposta in corso al 31.12.2021. Nel dettaglio il valore fiscale è immediatamente riconosciuto per:

  • la deduzione dei maggiori ammortamenti (recuperando ires e irap per il 27,9%);
  • l’incremento del plafond di deducibilità delle spese di manutenzione ex art.102 c.6 del TUIR;
  • l’incremento dei valori da assumere nell’applicazione del test di comodo (per le società non operative) ex art.30 L.724/94.

È invece previsto

Un periodo di moratoria fiscale in caso di cessione dei beni oggetto di rivalutazione. In tal caso le plusvalenze e/o minusvalenze vanno calcolate. Considerando i maggiori valori solo se la cessione è realizzata dal quarto esercizio successivo alla rivalutazione (quindi a far data dal 01.01.2024).
-Il riconoscimento fiscale immediato della rivalutazione evita il disallineamento temporaneo civile-fiscale degli ammortamenti, semplificando la gestione contabile.

Il patrimonio
Dal punto di vista civilistico. La rivalutazione comporta il vantaggio di far emergere un maggior patrimonio netto. Con l’iscrizione della riserva di rivalutazione, da utilizzare sia per la copertura di eventuali perdite. Senza la necessità di abbattimenti del capitale o di nuovi apporti dei soci, sia per migliorare il proprio rating creditizio. Da questo punto di vista la rivalutazione verrà certamente valutata dalle imprese che si attendono perdite gestionali generate dall’emergenza Covid-19. (rimane il fatto che un’impresa in perdita, per poter accedere alla rivalutazione, deve comunque verificare che il maggior valore delle immobilizzazioni possa essere recuperato).
Andrà fatta però un’attenta valutazione sui metodi contabili di rivalutazione, che possono avere diversi effetti contabili e fiscali.

Le tecniche contabili di rivalutazione. Di fatto sono possibili tre modalità:

– Rivalutazione del costo storico e del fondo ammortamento dei beni. Il costo storico del cespite da rivalutare ed il relativo fondo di ammortamento sono contemporaneamente incrementati nella stessa proporzione. Tale metodo consente di mantenere inalterata l’originaria durata del processo di ammortamento e la misura dei coefficienti;
– Rivalutazione del solo costo storico dei beni: l’intera rivalutazione viene attribuita esclusivamente al valore del bene. Questo metodo determina un allungamento del processo di ammortamento, se viene mantenuta inalterata la % di ammortamento;
-Rivalutazione mediante riduzione del fondo ammortamento dei beni. L’intera rivalutazione viene utilizzata per ridurre il fondo ammortamento, senza modificare il costo originario del bene; il metodo comporta un allungamento del periodo di ammortamento.
Le 3 modalità determinano effetti diversi. Sia in termini di maggiori quote di ammortamento da spesare a Conto Economico sia in termini di velocità di recupero dell’eventuale beneficio fiscale della rivalutazione.

Cessione dei beni rivalutati

Nel caso di cessione a titolo oneroso. Di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa. Ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore. Dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita. Ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.

Possiamo valutare con voi la migliore opportunità per la vostra impresa, utilizzando la form di contatto che segue.

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ora_basta : alla demoproclamazia di stampo europeo

ora_basta : alla demoproclamazia di stampo europeo

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RTutti i decreti legge sino ad oggi emanati a causa della maledetta pandemia da COVID-19. Con la magica formula del “salvo Intese Tecniche” si stanno rivelando soltanto una sorta di previsione normativa. Per niente azzeccata, sopratutto nei termini economici.

Meglio di tutti può spiegare lo stato delle cose, ovvero l’animo dei comparti economici, l’intervento televisivo del Presidente Nazionale dell’Associazione Commercialisti dott. Marco Cuchel e non Mario come presentato dalla giornalista. L’ occasione è data dall’analisi del decreto di agosto, il quale come per i precedenti di giugno e luglio. Ha immediatamente ingenerato negli operatori economici e nei professionali numerose aspettative e dubbi. Ricordiamo che ad oggi il precedente decreto cura Italia attende ancora oltre i due terzi dei decreti, regolamenti o norme attuative.

il video dell’intervista del programma dentro i fatti, è reperibile dal TGCOM24 al seguente indirizzo telematico.
“http://telp.ri.telpress.it/news/2020/08/08/2020080802824911279.MP4”

Sembra raggiunta la misura della sopportabilità. Infatti i rapporti tra i cittadini sembrano fortemente compromessi da incomprensioni e circostanze. Che obbligano gli operatori economici a non poter essere o sinceri o precisi.

Tutto ciò quindi a discapito della società civile e dei suoi partecipanti.

Non si tratta del solito pressappochismo e circoscritta incoerenza che opprima la nostra realtà italiana. Si tratta proprio di essere posti nella condizione di operare scelte sbagliate.

Infatti ogni circostanza o fatto aziendale va rilevato in contabilità. Questo gioco del governo di lasciare lo spazio politico di rivedere regole e circostanze, pone l’intera categoria dei commercialisti in serissima difficoltà. Nei confronti delle imprese ormai poste fuori da qualsiasi mercato non nazionale se non strettamente locale.

Altro che rilancio economico, europa ed esportazioni.
La nostra democrazia ormai ha assunto connotazioni assurde.

I Commercialisti aderenti all’Associazione Nazionale di categoria. Stremati dalle avverse circostanze ambientali di lavoro, generate dai governi dell’incoerenza. Ma anche dagli aggravi di lavoro e dai rapporti che naturalmente si incrinano verso i clienti.

Hanno proclamato un inusuale “sciopero” infatti a memoria d’uomo non v’è traccia di alcuno sciopero dei professionisti men che meno dei commercialisti.

Lo sciopero a nostro avviso è una legittima e sostenibile conquista sociale dei lavoratori. Non certo lo strumento di protesta dei professionisti iscritti in albo professionale.

Per non parlare poi dei commercialisti i quali rivestono il ruolo del servizio e della fede pubblica.

Spero davvero che si possano trovare differenti soluzioni in difesa della categoria, prima del 15 settembre, che rappresenta la data dell’inizio del proclamato sciopero.

A nostro avviso quindi in luogo di procedere rischiando il fuoco incrociato dei clienti e dello stato. Per la interruzione del pubblico servizio alla quale inesorabilmente chi sciopererà, si espone.

Ci verrebbe da proporre all’ottimo presidente Cuchel. La rivisitazione dei proclami Governativi completi di magica formula del “salvo Intese Tecniche” in chiave critica. Ma anche in prospettiva dei procurati allarme ai cittadini ai mercati ed agli operatori economici a tutti i livelli.

Siamo economisti, meritiamo rispetto altrimenti tra gli apparati della democrazia non c’è il giusto feeling.

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Come aprire uno studio commerciale e diventare commercialista

Come aprire uno studio commerciale e diventare commercialista

Come aprire uno studio commerciale e diventare commercialista

Vuoi aprire uno studio commerciale, vuoi diventare un commercialista.

Se ti senti pronto a diventare il professionista di riferimento dei cittadini e non solo degli imprenditori per rispettare correttamente la legge amministrativa e fiscale nel paese più burocrate e con più regole al mondo. Benvenuto!

Da sempre siamo favorevoli all’apertura di nuove realtà professionali. Con questa mini guida vogliamo dare una sintesi dei principali punti di analisi, per raggiungere quello che per molti è un sogno.

Non per scoraggiare quanti vogliono intraprendere questa recente, libera professione però bisogna ricordare che, per aprire uno studio commerciale in Italia non bastano la laurea e l’ entusiasmo sempre ai massimi livelli, ma sarà necessaria una dose eccezionale di abnegazione, buona volontà, resistenza e resilienza, molta passione capacità e voglia di confrontarsi con colleghi non sempre corretti, rinnovarsi continuamente.

L’Italia con la sua burocrazia complicata e diversificata da regione a regione ma spesso anche da ufficio ad ufficio, costringe ad essere costantemente aggiornati per conoscenze specifiche e tecniche di studio, bisogna proprio non mollare mai per poter offrire un servizio ai propri clienti sempre ai massimi livelli.

Del resto, quelli che hanno una buona padronanza della propria personalità, possono garantirsi un buon tenore di vita che si eleva anche di molto se oltre la parlantina buona sapranno lavorare anche bene.

Avviare uno studio di dottore commercialista in Italia è semplice a causa dei bassi costi iniziali e della semplicità nel reperire i primi clienti.

Non bisogna dare credito a stime secondo le quali il costo iniziale per aprire uno studio commerciale parte dai 15.000,00 €, fino ad arrivare ai 50.000,00 a seconda della città e dalle dimensioni dello studio.
Infatti puoi avviare lo studio da solo, con poco più di 5.000,00 € oppure associarti ad altri professionisti con meno di 2.000,00 € come ad esempio un consulente del lavoro e un consulente aziendale od in sicurezza, per ridurre le spese fisse di studio ed offrire più servizi insieme.

Il dottore commercialista è infatti un professionista in grado di offrire ulteriori servizi essenziali alle imprese, il quale secondo necessità, può nominare consulenti ed imprese terze di sua fiducia.

Esperto della gestione fiscale e patrimoniale delle aziende, il commercialista gestisce per l’imprenditore tutto quello che riguarda il fisco e la burocrazia, il pagamento delle tasse, gli adempimenti civili e fiscali, la retribuzione dei dipendenti, il bilancio annuale e la sua revisione, il business plan od il monitoraggio per la prevenzione della crisi d’impresa, la gestione del patrimonio e la pianificazione della migliore strategia in termini economici, civili e fiscali.

Il commercialista non è solo un professionista, ma anche e soprattutto un abile consigliere e sostenitore dell’imprenditore e della sua impresa.

Indice

  • 1 Requisiti per diventare commercialista
  • 2 Come aprire lo studio di commercialista
  • 3 Spese fisse di studio del commercialista
  • 4 Come trovare i clienti

REQUISITI PER DIVENTARE COMMERCIALISTA

La libera professione di dottore commercialista è regolata dal DECRETO LEGISLATIVO 28 giugno 2005, n. 139  Costituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma dell’articolo 2 della legge 24 febbraio 2005, n. 34. (GU Serie Generale n.166 del 19-07-2005 – Suppl. Ordinario n. 126)Entrato in vigore il: 3/8/2005. Il quale delinea l’ordinamento dopo l’unificazione dell’Albo dei dottori commercialisti con quello preesistente così come previsto dal D.P.R. 27.10.1953 N. 1068 – ORDINAMENTO DELLA PROFESSIONE DI RAGIONIERE E PERITO COMMERCIALE (pubblicato nella G.U. n. 34 dell’11.2.1954).

Per esercitare la libera professione occorre la laurea quinquennale di secondo livello in Scienza dell’Economia, in Scienze economico-aziendali o in Economia e Commercio, un tirocinio di tre anni presso un dottore commercialista iscritto all’Albo l’iscritto rilascerà il Certificato di compimento del tirocinio con il quale è possibile iscriversi all’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione, una volta superato l’esame di abilitazione, si potrà inoltrare la domanda di iscrizione all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili nella sezione specifica di appartenenza.

Dal 1° gennaio 2008 non è più possibile iscriversi al registro dei praticanti dottori commercialisti con una laurea in Giurisprudenza o in Scienze politiche, ma è necessario aver conseguito:

  • laurea in economia;
  • laurea specialistica in scienze dell’Economia;
  • laurea specialistica in scienze economico-aziendali;
  • laurea magistrale in scienze dell’economia;
  • laurea magistrale in scienze economico-aziendali.

L’esercizio della professione di commercialista è incompatibile con la professione di: notaio; giornalista professionista; imprenditore, sia in nome proprio che per conto d’altri, industriale di produzione di beni e fornitore di servizi, di trasporto e spedizioni, bancarie, assicurative e agricole; mediatore; appaltatore di servizi pubblici; concessionario della riscossione dei tributi; promotore finanziario.

COME APRIRE LO STUDIO DI COMMERCIALISTA

Una volta ultimato il periodo di formazione specifica o tirocinio presso un  iscritto e superato l’esame di stato, con l’iscrizione all’albo nella sezione specifica si può aprire lo studio da commercialista secondo seguenti passaggi propedeutici:

  • richiesta di attribuzione della Partita IVA;
  • iscrizione INAIL per l’assicurazione obbligatoria contro infortuni sul lavoro e malattie professionali;
  • iscrizione Cassa Nazionale di Previdenza dei dottori commercialisti per la gestione di contributi pensionistici.

Il dottore commercialista è tenuto a versare i contributi previdenziali alla Cassa di previdenza dei liberi professionisti in rapporto di lavoro non dipendente (Cassa Nazionale di Previdenza dei dottori commercialisti).

Negli altri casi il suo reddito sarà soggetto a INPS con iscrizione alla c.d. Gestione Separata.

SPESE FISSE DI STUDIO DEL COMMERCIALISTA

La previdenza professionale rappresenta la principale spesa da dover digerire per il commercialista: la spesa dei contributi parte dai 4.000,00 euro annui, in uno con le spese di iscrizione all’albo si può facilmente superare i 5.500,00 mila euro l’anno.

Oltre ai contributi, il commercialista deve considerare altre spese legate all’autonomia professionale come gli affitti che variano da poche centinaia di euro per le piccole città di provincia, fino alle migliaia di euro per gli studi nei centri storici ovvero nelle principali città italiane. È possibile dividere le spese con altri professionisti, quali il fitto dei locali, la segreteria, la pulizia e la sicurezza dei locali, gli aggiornamenti professionali, le fornitore di software ed hardware.

È molto importante scegliere la giusta location, per non avere troppe spese fisse, generalmente il commercialista considera la facilità di parcheggio, tenuto conto che anche il ritiro e la consegna dei documenti può avvenire via internet.

Massima attenzione va data al software gestionale poiché è grazie ad esso che si sviluppa tutta l’attività del commercialista: dalla scelta del gestionale dipende la qualità del servizio e, di conseguenza, la soddisfazione del professionista e della sua clientela.

I software informatici sono spesso molto costosi e necessitano di assistenza e manutenzione continua, sicuramente avrai modo di interagire con questi programmi durante il tuo tirocinio.

COME TROVARE I CLIENTI

Molti commercialisti proseguono l’attività di famiglia non molti possono vantare il medesimo sistema di studio organizzato da 5 generazioni e quindi non dovranno preoccuparsi di trovare nuovi clienti, ma piuttosto avere la cura di mantenere quelli ereditati.

Ovviamente anche questi storici studi saranno obbligati a rimpiazzare, le attività che naturalmente cessano.

Non tutti i nuovi commercialisti hanno ovviamente questa fortuna e pertanto dovranno buttarsi alla ricerca di nuovi contatti od incarichi.

Sicuramente sarà importante mantenere i rapporti e farsi conoscere durante il proprio tirocinio, spesso questa è la migliore opportunità di iniziare con un lavoro dipendente presso qualche azienda cliente dello studio master tutor, così da potersi formare ulteriormente prima di fare il grande passo. Verso la libera professione.

Così come qualsiasi altra attività, non bisogna mai sperare che i clienti ti trovino, ma bisogna fare in modo che chi cerca un commercialista, possa trovare il vostro studio con maggiore semplicità.

È bene specializzarsi in ambiti innovativi come il settore webmarketing, la cloud in blockchain informatica, la vendita online, più lo studio è specializzato nell’impiego delle tecniche informatiche, ed oggi dello smart working, più avrà modo di rendersi interessante e sostenibile, per i componenti della categoria degli imprenditori, casalinghe, pensionati, studenti, ecc. ecc.

Ci si può specializzare negli ambiti più disparati per le proprie consulenze, dando libero sfogo alle caratteristiche individuali o delle attività più congeniali per il professionista. Ad esempio nel succedersi di generazioni di contadini produttori di vino, qualche laureato si occupa della contabilità e della consulenza appunto nell’ambito della filiera della produzione e vendita del vino.

Puoi fare affidamento al web non solo per specializzarti, ma anche per trovare risorse come gli aggiornamenti professionali e le collaborazioni oppure anche i clienti. La sfida è orientarsi per bene nell’ambito del fake web sopratutto per i professionisti del “copia ed incolla”.

Aprire un sito internet per scrivere in relazione dei servizi offerti dal nuovo studio, così da poter mostrare le competenze del commercialista titolare.

Speriamo di aver dato qualche utile indicazione ai futuri commercialisti certamente non esaustiva, per avviare verso la libera professione i giovani. Per qualsiasi dubbio non esitate a compilare ed ad inviare la form di contatto.

Buona fortuna per la vostra nuova attività.

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