Guerra Ucraina: oligarchi russi i primi dissociati

Guerra Ucraina: oligarchi russi i primi dissociati

Guerra Ucraina: oligarchi russi i primi dissociati.

Nella serata di lunedì 28 febbraio la Ue ha pubblicato una lista nera contenente i nomi degli uomini d’affari legati strettamente al presidente russo Vladimir Putin.

Si tratta dei famigerati oligarchi, diventati miliardari alla fine degli anni ’90 con le privatizzazioni delle ex aziende di Stato, nei settori delle telecomunicazioni del petrolio, dell’acciaio, delle materie prime, e che poi nel corso degli anni duemila fino ai giorni nostri hanno investito le loro fortune nei mercati occidentali comprando palazzi nelle città, ville nelle località più prestigiose e yacht di dimensioni enormi.

Nelle acque turchesi della Costa Smeralda

La scorsa estate ha fatto capolino proveniente da Gibilterra il “Nord”, nuovo megayacht di 142 metri di Alexei Mordashov, 56 anni, principale azionista del gruppo metallurgico Severstal e titolare di un patrimonio oltre i 25 miliardi di dollari.

Mordashov nel 2013 aveva rilevato dalla famiglia Lucchini le acciaierie di Piombino ma non è riuscito a rilanciarle e dopo un breve periodo le ha lasciate in mano alle banche creditrici.

In quell’anno ha anche acquistato la villa Parodi a Portisco, a sud di Porto Cervo, per 66 milioni, ed è stato accusato di evasione fiscale per 6 milioni.

Mossi dall’intenzione di ostentare ricchezza e acquisire territori, non pochi danni sono stati creati anche nella nostra economia.

Finora questi signori del denaro russo, quasi sempre veicolato attraverso paradisi fiscali ed il sistema bancario di Cipro, avevano giurato fedeltà a Putin, promettendo di assecondare tutte le mosse del presidente in cambio del mantenimento delle loro ricchezze.

Chi non ha obbedito a questo patto occulto

Come Mikhail Khodorkovsky, è stato spogliato delle proprietà e mandato in carcere con accuse false, oppure costretti all’esilio, c’è anche chi ha deciso di suicidarsi.

Mikhail Khodorkovsky nel 2003 era l’uomo più ricco della Russia, con un patrimonio stimato di 15 miliardi. Negli anni ’90 si impadronì delle principali aziende del Paese, specialmente quelle nel campo dell’estrazione delle materie prime, come la Yukos Oil.

Feroce oppositore di Putin, nel 2003 venne arrestato per frode fiscale e scontò dieci anni di carcere. Rilasciato nel 2013, Khodorkovsky lasciò la Russia costretto all’esilio. Attualmente vive a Londra.

Boris Berezovskij invece faceva parte della cerchia di oligarchi che approfittò dell’ondata di privatizzazioni dell’era Eltsin negli anni ’90.

Dopo aver sostenuto economicamente la campagna che portò all’elezione di Putin nel 2000, Berezovskij ne diventò oppositore.

Accusato di frode ed evasione fiscale, lasciò la Russia per la Gran Bretagna, dove fu trovato morto suicida nel 2013 a 67 anni, nello stupore di parenti ed amici i quali lo vedevano in pieno godimento della vita e delle sue fortune.

Qualche incrinatura nel sistema rosso di potere e denaro sembra però manifestarsi.

A supportare l’humus negativo le stime di Forbes, secondo la quale l’invasione dell’Ucraina è costata finora 128 miliardi di dollari solo agli oligarchi russi più ricchi.

I pacchetti di sanzioni finanziarie messi a punto dall’Occidente vanno a colpire i loro interessi economici causando perdite nei loro patrimoni miliardari.

Guerra Ucraina: oligarchi russi i primi dissociati

Ma vediamo chi sono gli uomini d’affari più in vista del Paese.

Negli ultimi giorni due degli oligarchi più vicini a Putin, cioé Mikhail Fridman Oleg Deripaska, hanno espresso opinioni contrarie alla guerra in Ucraina.

  • Mikhail Fridmanha inviato una lettera al suo staff alla sede londinese della sua società di private equity LetterOne. “Non faccio dichiarazioni politiche, sono un uomo d’affari con responsabilità nei confronti delle mie migliaia di dipendenti in Russia e Ucraina. Sono convinto che la guerra non potrà mai essere la risposta.

Vive tra Mosca e Londra. Forbes stima il patrimonio di Fridman in 15,5 miliardi di dollari. Ha 57 anni, ha creato e controlla Alpha Bank, la più grande banca privata russa, ed è tra gli ultimi a essersi arricchito con le privatizzazioni di fine millennio

È il primo oligarca russo  con una significativa presenza patrimoniale nei Paesi occidentali a criticare apertamente il conflitto, dopo le sanzioni che di fatto sono rivolte proprio agli oligarchi.

  • Oleg Deripaska, molto vicino a Putin, ha dichiarato che è arrivato il momento di porre fine al “capitalismo di stato” in Russia.

Deripaska è il fondatore di Basic Element

Uno dei più grandi gruppi industriali della Russia. “Re” dell’acciaio, possiede energia, metalmeccanica e aeroporti. Nel 2008 il suo patrimonio era di 28 miliardi.

  • Roman Abramovich, classe 1966, iniziò a fare fortuna nell’imprenditoria a fine anni ’80. Ha fondato diverse aziende di import/export, specializzandosi nel settore del commercio di petrolio e derivati. 

Secondo Forbes, nel 2020 il suo patrimonio era di 13,8 miliardi di dollari, cifra che lo ha reso il 113° uomo più ricco al mondo.

Dal 2003 è proprietario della squadra di calcio inglese del Chelsea. A causa dei rapporti tra Abramovich e Putin, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina l’oligarca ha affidato la gestione del club alla Chelsea Charitable Foundation, nonostante ne rimanga il proprietario.

  • Gennady Timchenko, ha fondato e possiede il gruppo di investimento privato Volga Group, specializzato in investimenti in asset energetici, trasporti e infrastrutture.

Il suo patrimonio stimato è di quasi 20 miliardi. Timchenko è già stato colpito dalle sanzioni internazionali dopo la guerra in Crimea del 2014.

  • Yuri Kovalchuk, noto per essere il banchiere personale di Vladimir Putin è tra gli oligarchi più vicini al presidente russo.

Possiede molti mezzi d’informazione del Paese. Nel 2008 Forbes lo inseriva tra i 100 uomini più ricchi della Russia, ma dopo le sanzioni imposte a Kovalchuk nel 2014 il suo patrimonio si è notevolmente ridotto.

  • Viktor Vekselberg è il proprietario e presidente della Renova Group, conglomerata che si occupa di materie prime, energia e telecomunicazioni. Possiede 15 uova Fabergé. 

Nel 2021 è tra le persone più ricche del mondo con un patrimonio stimato in 12,5 miliardi di dollari. Molto vicino al Cremlino, Vekselberg sta sovraintendendo i progetti per modernizzare l’economia russa.

Nel 2018

Finisce nella “black list” Usa per cui ne ha subito le imposte sanzioni.

  • Mikhail Prokhorov si è arricchito nel settore finanziario, è il 193° uomo più ricco del mondo. È presidente di Polyus Gold e del gruppo Pnexim e controlla la maggior parte della produzione di minerali preziosi nel Paese.

Prochorov è stato anche proprietario dei Brooklyn Nets della Nba fino a settembre 2019.

  • Alisher Usmanov ha un patrimonio netto stimato di 22,6 miliardi di dollari.

Imprenditore e dirigente sportivo, proprietario del quotidiano Kommersant, del secondo operatore di telefonia mobile del Paese e della più grande grande società internet del mondo russo. 

Già azionista di maggioranza di Metalloinvest, conglomerato industriale, è il direttore generale di Gazprom Invest. Dal 2019 il suo gruppo è lo sponsor dell’Everton Football Club.

Igor Bidilo. Petroliere kazako con un patrimonio personale stimato tra i cinquecento milioni e il miliardo di euro ha a disposizione una ricca collezione di passaporti in tasca è diventato il re di Siena comprando bar, ristoranti, immobili, la storica pasticceria Nannini, una tenuta alle porte della città. Con proprietà e interessi anche a Firenze, è suo lo storico caffè Giubbe Rosse, Milano e Roma, Bidilo è la dimostrazione di come i soldi (tanti) e gli amici giusti possano aprire tutte le porte. Specialmente in Italia.

La storia di Igor Bidilo, dei legami con Luigi Di Maio e con il Movimento di Grillo ora raccontata in un libro che tratta della conquista che gli oligarchi stanno facendo di Siena e non solo. In sintonia con gli accordi recentemente firmati da Conte con Putin per rilanciare il turismo in Italia, tenuto conto delle iniziative relative all’applicazione della direttiva Bolkestein, sulle concessioni balneari, ultimo esproprio ai danni di circa 30mila aziende italiane.

Guerra Ucraina: oligarchi russi i primi dissociati

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USA FBI SEQUESTRA 3.6 MLD $ IN BITCOIN RUBATI

Gli Stati Uniti annunciano il sequestro di 3,6 miliardi di dollari in Bitcoin rubati nel 2016 durante l'attacco hacker a Bitfinex.

USA FBI SEQUESTRA 3.6 MLD $ IN BITCOIN RUBATI.

Gli Stati Uniti annunciano il sequestro di 3,6 miliardi di dollari in Bitcoin rubati nel 2016 durante l’attacco hacker a Bitfinex.

Si tratta del maggiore sequestro di asset cripto del Dipartimento di Giustizia americano.

Le autorità americane oltre al sequestro hanno arrestato una coppia, che voleva riciclare nel dark web quasi 120.000 Bitcoin rubati durante l’attacco hacker alla piattaforma.

Nonostante i Bitcoin rubati si sapeva essere stati trasferiti nel portafoglio elettronico della moglie. Per tutto questo tempo non si riusciva a collocare i coniugi nei luoghi ove si tentavano le transazioni della rivendita meglio indicata come tentativi di riciclaggio, perciò di competenza dell’FBI.

Per il Dipartimento di Giustizia che ha diffuso la notizia si tratta di un sequestro record ed aggiunge “Le cripto valute non sono un rifugio per i criminali“, spiegando che “il tentativo di riciclare i Bitcoin non ha funzionato nonostante la coppia avesse creato nel dark web un labirinto di transazioni di cripto valute“. Poi senza spiegare meglio, il comunicato stampa conclude con “Grazie al meticoloso lavoro delle forze dell’ordine sono stati smascherati”.

Noi Italiani quindi ci chiediamo e ci volevano circa sei anni per arrestarli e recuperare parte del bottino.

Come al solito i democratici per eccellenza d’oltre oceano, dimenticano di ricordare che Bitfinex ha offerto una ricompensa di cento milioni di dollari a chi avesse offerto informazioni per recuperare i suoi Bitcoin.

È chiaro quindi che la ricompensa abbia avuto un ruolo sia nell’arresto che nel sequestro, infatti nonostante le transazioni sono state tracciate, ci è voluta la taglia in dollari per rompere gli indugi e lasciare che l’FBI potesse intervenire al posto giusto nel momento di uno dei tentativi di transazione (riciclaggio).

A nostro avviso la vicenda conferma con assoluta certezza che:

  1. la cripto valuta si può tracciare;
  2. la cripto valuta è di difficile realizzo;
  3. la moneta tradizionale è ancora capace di vincere ogni diffidenza.

USA FBI SEQUESTRA 3.6 MLD $ IN BITCOIN RUBATI

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Bonus e Superbonus: come utilizzarli senza rischi

Bonus e Superbonus: come utilizzarli senza rischi

Bonus e Superbonus: come utilizzarli senza rischi.

Nasce la necessità di valutare con attenzione sia le imprese che i professionisti operanti nel settore dei bonus fiscali. Dal 110% a tutte le altre agevolazioni.

Pur di aggiungere il credito nel cassetto fiscale del committente. Per la successiva cessione all’impresa fino al pro soluto verso la banca, spesso si utilizzano fatture gonfiate, certificazioni non veritiere e requisiti non rispettati.

Questi aspetti sono suscettibili di controlli da parte dell’AdE. Possono portare lo Stato a pretendere dal cittadino il rimborso delle spese chieste in detrazione e gli importi inesorabilmente saranno gravati da sanzioni (30%ca). Oltre interessi (al tasso legale).

Vediamo insieme i possibili rischi cui si va incontro quando non vengono rispettate tutte le regole e cosa si può fare per limitarli.

È pacifico che il committente dei lavori è sempre il primo responsabile della detrazione, eventualmente indebitamente percepita.

In pratica. La prima cosa che viene verificata da parte dell’AdE è che il soggetto richiedente la detrazione d’imposta. A prescindere dal fatto che poi l’abbia ceduta o meno, possieda tutti i requisiti necessari e abbia adempiuto a ogni obbligo di legge.

Particolare importante che condomini autorizzati ed proprietari di beni immobili siano informati in maniera dettagliata su cosa stanno chiedendo allo Stato. E quali sono i passaggi chiave suscettibili di controllo in maniera da poter autonomamente eseguire detti controlli. Prima di avviare qualsiasi lavorazione, durante ed a lavori completati.

In questo articolo cerchiamo quindi di spiegare quali possono essere gli elementi critici. Che rischiano di far scattare sanzioni e penali a carico del contribuente, oltre che a mettere a rischio l’intera agevolazione.  

Decreto antifrodi: regole più stringenti

I bonus sulla casa. Soprattutto dopo l’introduzione del superbonus del 110% e della possibilità di cedere la detrazione sotto forma di credito d’imposta,. Hanno incrementato in modo esponenziale i tentativi di frode ai danni dello Stato.

Per questa ragione lo Stato è da poco corso ai ripari emanando il cosiddetto decreto Antifrodi. Che pone regole più stringenti per accedere a queste agevolazioni.

Ma quali sono in concreto gli elementi che fanno scattare la normativa antifrode, e cosa si può fare?

I controlli del SUE

Il primo degli enti preposti al controllo sarà, proprio il SUE. Considerato che non valgono più le cause di decadenza dei benefici fiscali previste all’art. 49 del d.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia), la presenza di eventuali abusi edilizi non inficerà la fruizione del superbonus 110%.

Ma attenzione, il comma 13-ter non dice che non ci sono più cause di decadenza, ma ne definisce di nuove, ovvero:

  • mancata presentazione della CILA;
  • interventi realizzati in difformità dalla CILA;
  • assenza dell’attestazione degli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto d’intervento o del provvedimento. Che ne ha consentito la legittimazione ovvero dell’attestazione che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967;
  • non corrispondenza al vero delle attestazioni previste per eco e sismabonus (art. 119, comma 14 del Decreto Rilancio).

Il SUE, una volta verificata la presenza di una delle cause di decadenza, ai sensi dell’art. 49, comma 2 del Testo Unico Edilizia, la comunicherà all’amministrazione finanziaria l’Agenzia delle Entrate.

Il controllo sui prezzi dei materiali

Uno degli elementi sotto la lente del decreto Antifrodi è certamente il prezzo di tutto ciò che serve per i lavori di ristrutturazione. (materiali, manodopera, attrezzi ecc.)

Da quando introdotto il Superbonus. A causa anche del forte aumento della domanda e della minor reperibilità di materie prime. Abbiamo assistito a un incremento dei prezzi di materiali e strumenti necessari allo svolgimento di tutti gli interventi di ristrutturazione.

I prezzi però sono stati, in molti casi, gonfiati grazie alla prospettiva allettante del “tanto paga lo Stato”. Con totale noncuranza dell’effetto che queste pratiche fraudolente hanno avuto sul mercato e sulle tasche degli italiani.

Per questo motivo, sono stati introdotti diversi limiti sui prezzi dei materiali che possano essere considerati congrui per il tipo di intervento di ristrutturazione. E per questo rientrare nella detraibilità fiscale.

La congruità richiesta deve essere asseverata da un tecnico abilitato per ogni tipo di intervento che riguardi:

  • il Superbonus del 110%;
  • il sismabonus;
  • il bonus facciate;
  • l’ecobonus;
  • il bonus casa.

Al termine dei lavori ovvero per ogni stato di avanzamento da liquidare il tecnico deve rilasciare un’asseverazione (una certificazione). Che attesti i requisiti tecnici degli interventi realizzati sulla base del progetto iniziale e la congruità delle spese sostenute. In riferimento ai prezzari individuati dal decreto del 6 agosto 2020 emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Ed ai valori massimi, che verranno stabiliti per alcune categorie di beni con un decreto del Ministero della Transizione Ecologica. Si spera emanato entro il prossimo 9 febbraio.

Gli unici lavori che non devono essere asseverati sono quelli classificati come “attività di edilizia libera” (articolo 6 del TU dell’edilizia, del DM 2 marzo 2018 e della specifica normativa regionale), come ad esempio il rifacimento del pavimento o delle grondaie, e per gli interventi di importo fino a massimo 10.000 euro complessivi, a esclusione di quelli per i quali si chiede il bonus facciate.

Certificazione non vera? Paga il tecnico

Il rilascio di asseverazioni o attestazioni infedeli art 119 comma 13 comporta una sanzione a carico del tecnico abilitato che va da 2 mila e 15 mila euro per ciascun documento non veritiero rilasciato.

Per questo motivo questi professionisti sono obbligati a sottoscrivere una polizza assicurativa di responsabilità civile con un massimale di almeno 500 mila euro e comunque adeguato al numero di asseverazioni e attestazioni rilasciate, in questo modo possono garantire il risarcimento ai propri clienti e allo Stato in caso di eventuali danni derivanti dalla loro attività.

In casi estremi, il reato commesso dal tecnico può avere anche implicazioni penali, commisurate al reato perpetrato.

I rischi per il contribuente

Oltre ai tecnici che certificano i lavori, anche condomini e proprietari dell’immobile possono avere problemi in caso di attestazioni infedeli. Lavorazioni non conformi per quantità e qualità del materiale impiegato dall’impresa.

L’Agenzia delle Entrate, proprio per questo, potrebbe accertare la non spettanza della detrazione al contribuente e disporre il recupero delle somme chieste in detrazione attraverso il credito di imposta. 

Che cosa si può fare in questo caso?

Il contribuente  può rivalersi intentando un’azione civile contro il tecnico oppure verso l’impresa esecutrice, qualora ritenuto che la perdita dei benefici fiscali sia imputabile appunto al tecnico od all’impresa. A nulla rilevando se compiuta con dolo o per negligenza.

Il giudice civile può stabilire anche un indennizzo che però non ha alcun legame con il valore della detrazione persa o dei lavori malamente asseverati.

Per il risarcimento del danno bisogna far intervenire l’assicurazione obbligatoria stipulata sia dal tecnico che dall’impresa esecutrice (attenzione quindi alle eventuali imprese sub appaltatrici).

È sempre dal contribuente che si parte per recuperare la detrazione che, non spettante, non poteva essere ceduta.

Tuttavia, se viene accertato il concorso nella violazione, cioè in qualche modo viene dimostrato che ci sia stato un accordo tra tecnico e committente dei lavori ovvero tra lo stesso e l’impresa oppure ancora tra l’impresa ed ilo tecnico, il recupero delle somme può esser richiesto dall’Agenzia delle Entrate in modo “solidale”: in pratica, chi prima paga libera anche l’altro ovvero gli altri.

Come capire se una fattura è gonfiata

Purtroppo di solito il committente, se non è un esperto del settore edilizio, ha ben poche possibilità di controllare un preventivo, certi anche qualche ricerca su internet potrebbe dare dei risultati di massima e comunque sempre e solo di prezzi per materia prima o beni da installare, è impossibile reperire veri e propri preventivi già predisposti, che possono essere specularmente confrontati con quello da verificare.

Un controllo in prima persona risulterebbe eccessivamente difficoltoso vista la complessità tecnica dei prezziari ministeriali, la cosa migliore che resta da fare è quella di scegliere in partenza un tecnico certificatore terzo, non legato all’impresa che ha presentato il preventivo, è anche possibile riferirsi ad un general contractor (ovvero quelle aziende che offrono tutto il servizio, dai lavori agli incartamenti).

In questa seconda ipotesi se pur si paga qualcosa di più rispetto al fatto di affidarsi a una sola impresa che faccia tutto, ma si abbassano le probabilità che il tecnico sia disposto a certificare come veritieri prezzi in realtà gonfiati.

Va detto ancora che un parametro capace di far suonare il famoso campanello di allarme, ci suggerisce l’ENEA è rappresentato dai totali dei costi per i lavori il cui ammontare totale risultasse essere molto vicino al tetto massimo di detraibilità (o che addirittura lo supera), meritano certamente maggiore attenzione e forse l’intervento di un occhio esperto super partes che aiuti a vederci chiaro.

Visto di conformità: tutti i casi in cui serve

Un altro documento che aiuta certamente a evitare rischi di vedersi richiedere indietro la detrazione per una qualche irregolarità è il Visto di Conformità.

Si tratta di un documento che viene erogato da chi trasmette le dichiarazioni telematicamente: dottori commercialisti, centri CAF autorizzati, consulenti del lavoro e così via.

Il visto contiene tutte le informazioni che riguardano da vicino i soggetti coinvolti, i lavori svolti e la congruità degli stessi e dovrebbe garantire un maggior controllo sull’accesso ai bonus edilizi.

L’obbligo di apporre il visto di conformità riguarda tutti gli interventi edilizi a eccezione di quelli classificati come “attività di edilizia libera” (articolo 6 del TU dell’edilizia, del DM 2 marzo 2018 e della normativa regionale) e per gli interventi di importo fino a massimo 10.000 euro complessivi, con l’esclusione di quelli per i quali si chiede il bonus facciate i quali necessitano sempre del visto di Conformità.

Il visto di conformità è necessario quando si opta per la cessione del credito o lo sconto in fattura e quando si decide di tenere la detrazione per indicarla nella dichiarazione dei redditi presentandola tramite un intermediario abilitato (Professionista o CAF).

Infatti, se si dovesse decidere di conservare la detrazione spettante per se stessi nei tempi previsti dalle singole agevolazioni, attraverso la dichiarazione dei redditi precompilata online sul sito dell’Agenzia delle entrate, non sarà richiesta l’apposizione del visto di conformità.

I controlli di Enea 

Per quanto riguarda i requisiti tecnici, Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) si occupa di controllare che gli interventi che sono stati realizzati rispettino tutti i requisiti prescritti dalla legge per l’accesso alla specifica agevolazione fiscale.

In particolare, Enea svolge controlli a campione sulla regolarità delle asseverazioni e l’accertamento della sussistenza delle condizioni per la fruizione delle detrazioni fiscali, riesce a verificare il 5% delle istanze presentate ogni anno sul suo sito.

Nella scelta dei lavori da controllare, Enea tiene conto di quelli che soddisfano uno o più dei seguenti criteri:

  • istanze relative agli interventi che hanno diritto a una maggiore aliquota, (Superbonus);
  • istanze che presentano la spesa più elevata;
  • istanze che presentano criticità in relazione ai requisiti di accesso alla detrazione fiscale e ai massimali dei costi unitari.

Come avvengono i controlli di Enea

In caso di controllo documentale Enea comunica l’avvio del procedimento di controllo tramite raccomandata A/R o PEC al beneficiario della detrazione ovvero all’amministratore per i lavori condominiali.

Entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, si dovrà trasmettere via PEC all’indirizzo Enea@cert.Enea.it, in formato PDF, tutta la documentazione tecnica necessaria per la fruizione della detrazione fiscale e quella attestante il pagamento delle somme.

Per i controlli da svolgersi con sopralluogo

Enea almeno 15 giorni prima, comunica tramite raccomandata A/R o PEC, il luogo, data, ora e nominativo dell’incaricato del controllo.

A fronte di motivata richiesta, il sopralluogo può essere rinviato, per 1 sola volta, fermo restando che andrà comunque effettuato entro 60 giorni dalla comunicazione di Enea.

Il sopralluogo deve avvenire in presenza del committente beneficiario, ovvero dell’amministratore di condominio o del tecnico che ha firmato la relazione di fine lavori e, durante la visita, i tecnici Enea possono richiedere ed acquisire atti, documenti, schemi tecnici e ogni altra informazione, misurazione ritenuta utile ai fini del loro ufficio, gli stessi funzionari possono eseguire tutti i rilievi anche fotografici a loro discrezione.

Al termine del controllo, viene redatto un  verbale con l’indicazione delle operazioni effettuate, della documentazione esaminata anche se non acquisita, delle informazioni acquisite e delle dichiarazioni rese dai presenti, rilasciandone una copia.

L’esito del controllo viene comunicato dall’Enea entro 90 giorni e: se vengono riscontrate irregolarità, parte subito la segnalazione del beneficiario della detrazione all’AdE e al ministero dello Sviluppo Economico per la revoca dell’agevolazione, con importo maggiorato di sanzioni ed interessi.

Tuttavia, se viene accertato il concorso di uno o più fornitori nelle violazioni, si rileva la responsabilità in solido di questi ultimi.

Se emergono profili di condotte penalmente rilevanti, il fascicolo viene inoltrato alle autorità giudiziarie competenti ovvero per il tramite dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro alla procura della Repubblica presso il tribunale della Provincia ove eseguito il lavoro accertato.

I controlli dell’Agenzia delle Entrate

I controlli dell’AdE sono di due tipi: successivo e preventivo.

Il controllo successivo alla fruizione è quello che permette all’AdE di verificare entro il quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi, contenente il bonus utilizzato che documenti e procedure prescritti dalla legge siano corretti. Va detto che per effetto delle sospensioni dovute alle sospensioni per COVID-19 che il quinto anno diventa ottavo anno.

Nei casi di accertamento di riduzione o di non spettanza della detrazione fiscale, anche nel caso in cui fosse stata a suo tempo ceduta. Il Fisco potrà recuperare il valore della illegittima fruizione stessa, maggiorata di interessi e sanzione pari al 30% della detrazione revocata.

I controlli preventivi, avvengono solo in caso di cessione del credito o sconto in fattura. Infatti, l’Agenzia delle entrate, entro cinque giorni lavorativi dall’invio della comunicazione della cessione del credito, se rileva profili di rischio, può sospendere per un massimo di 30 giorni gli effetti della cessione del credito ed effettuare i relativi e più mirati controlli.

Quali sono i profili a rischio controllo

I profili di rischio sono individuati utilizzando criteri riferiti a:

  • coerenza e regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni con i dati presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria;
  • dati relativi ai crediti ceduti e ai soggetti che intervengono nella cessione, sulla base delle informazioni presenti nell’Anagrafe Tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione Finanziaria;
  • analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni di cessione.

Se dal controllo risultano confermati i rischi.

Viene notificato a chi ha effettuato la comunicazione della cessione che questa non si considera valida.

Se, invece, i rischi non risultano confermati, o si superano i 30 giorni di sospensione, la comunicazione di cessione del credito prosegue il suo iter naturale.

Se durante i controlli dell’AdE o di Enea viene accertato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, chi ha ottenuto il credito d’imposta in buona fede non perde il diritto di utilizzarlo.

Significa che se anche il proprietario dell’immobile non aveva diritto alla detrazione, l’impresa che in buona fede ha rilevato il credito di imposta può comunque usufruirne.

Quanto fin qui esposto rappresenta la sintesi procedurale e non una consulenza vera e propria, sulla congruità della spesa oppure sulla apposizione del visto di conformità.

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Società Semplice!

Società Semplice!

La società semplice (Ss) fa parte, insieme alla società in nome collettivo (snc) e alla società in accomandita semplice (sas), delle società di persone. Abbiamo avuto già modo di evidenziare i vantaggi attribuiti alle Ss dal Codice Civile nel precedente articolo reperibile al link ma vediamo anche i vantaggi secondo il codice dell’Esecuzione e le regole fiscali sui tributi locali e nazionali.
Concettualmente va evidenziato che la società semplice si differenzia dalle altre società per l’esclusione della possibilità di aver ad oggetto attività commerciali e per la conseguente esclusione:
1) dell’obbligo di tenere i libri e le altre scritture contabili di cui all’art. 2214 c.c. (salvo l’obbligo di rendiconto o riparto ai soci);
2) la soggezione a fallimento e alle altre procedure concorsuali (artt. 2221 c.c. e 1 del RD 16.3.42 n. 267, L. fall.).

La disciplina codicistica

della società semplice è contenuta negli artt. 2251 – 2290 c.c., suddivisi in sezioni concernenti:
il contratto sociale e le sue modificazioni;
i rapporti tra i soci;
i rapporti con i terzi;
lo scioglimento della società;
lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio.
Tale disciplina rappresenta la “base” della normativa delle società personali, risultando applicabile, tramite la tecnica del rinvio, ove non derogata dalle norme specificamente dedicate ai singoli tipi societari, anche alla snc (art. 2293 c.c.) e alla sas (art. 2315 c.c.).
Secondo il nostro codice ponendo il vincolo di cessione delle quote dei soci a terzi previo gradimento e nulla osta del socio già partecipe alla società. Se nello statuto è previsto tale vincolo le quote dei soci NON sono pignorabili.
Dal punto di vista giuridico civile vediamo che la Ss offre protezione al patrimonio oggettiva perchè non può essa stessa essere attratta a fallimento, in quanto non persegue scopi commerciali quindi fuori da tale disciplina.

Altro presidio

Riguarda gli attacchi al singolo socio, contro il soggetto non si potrà chiedere la liquidazione della quota od altro previsto vincolo di pignoramento sulla sua partecipazione societaria. Apposto il vincolo nello Statuto.
Dal punto di vista fiscale la Ss rispetto alle altre società di persone offre i seguenti vantaggi.
Società Semplice! Imposte Indirette
Ai sensi dell’art. 4 co. 2 n. 2) del DPR 633/72, si considerano effettuate nell’esercizio d’impresa le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate, fra l’altro, da società semplici che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole.
Se invece la società non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, si considerano effettuate nell’esercizio di impresa soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nell’esercizio di dette attività (art. 4 co. 4 del DPR 633/72).
Pertanto, per le operazioni effettuate da società semplici non si applica la presunzione assoluta di commercialità ai fini IVA ex art. 4 co. 1 n. 1) del DPR 633/72.
Tuttavia, poiché ai fini civilistici le società semplici non possono svolgere attività “commerciali” di cui all’art. 2195 c.c., la disposizione di cui all’art. 4 co. 2 n. 2) del DPR 633/72 deve considerarsi limitata al solo svolgimento di attività agricole.
In base all’art. 5 del DPR 633/72, invece, l’attività di lavoro autonomo svolta per professione abituale da parte di società semplici rientra nell’esercizio di arti o professioni.
Ne deriva che le società semplici si considerano soggetti passivi IVA quando esercitano attività di lavoro autonomo o attività agricole.
Se invece hanno come oggetto esclusivo o principale la gestione di beni, si considera che esse non svolgano attività rilevante ai fini IVA (circ. 26/E/2016, capitolo III, parte II; circ. 37/E/2016; circ. 40/E/2002).

Società Semplice! Imposte Dirette

Le società semplici imputano ai soci, in misura proporzionale, i redditi e le perdite secondo il regime della trasparenza fiscale, di cui all’art. 5 del TUIR.
Holding di partecipazioni
La società semplice, avente come oggetto sociale la gestione statica di partecipazioni, non è tenuta a presentare la dichiarazione dei redditi se nel corso del periodo di imposta non ha conseguito alcun reddito, in quanto non ha ricevuto dividendi o trasferito partecipazioni (DRE Piemonte 7.4.2017 n. 901-171/2017).
Inoltre, si segnala che, secondo la risposta interpello della DRE Piemonte 4.7.2019 n. 901-384/2019, le società semplici “holding” non sono tenute alle comunicazioni all’Archivio dei rapporti finanziari tenuto presso l’Anagrafe tributaria.
Soggettività IVIE Imposta sul valore degli immobili situati all’estero ed IVAFE relativa al pagamento delle nuove imposte sul valore degli immobili e le attività finanziarie detenute all’estero.
A partire dall’1.1.2020, anche le società semplici sono tenute ad assolvere l’IVIE e l’IVAFE sugli immobili, i prodotti finanziari, i conti correnti ed i libretti di risparmio detenuti all’estero.

Determinazione del reddito della società semplice

Ai sensi dell’art. 2249 c.c., alla società semplice è precluso l’esercizio di attività commerciali.
Considerato che dette società non possono produrre redditi di impresa e redditi da lavoro dipendente, guardando all’attività effettivamente esercitata dalla società semplice, i redditi potenzialmente realizzabili dalle società semplici sono i seguenti:
1) fondiari;
2) di capitale;
3) di lavoro autonomo;
4) diversi.
5) derivanti da immobili detenuti da società semplici.
Le componenti di reddito derivanti dagli immobili posseduti da società semplici rilevano fiscalmente secondo i criteri propri dei redditi fondiari, indicati agli artt. da 25 a 43 del TUIR.
Secondo quanto si riscontra nelle istruzioni al modello REDDITI SP, si applica l’art. 41 del TUIR che comporta l’incremento di un terzo della rendita catastale da dichiarare nei casi in cui le unità immobiliari siano tenute a disposizione.
L’art. 8 co. 1 del DLgs. 23/2011 stabilisce che l’IMU sostituisce, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le relative addizionali (es. regionale, comunale) dovute sui redditi fondiari relativi a beni immobili non locati.
Quindi, salvo alcune eccezioni:

  • per gli immobili non locati, è dovuta l’IMU, ma il reddito fondiario prodotto dalla società non risulta imponibile IRPEF per i soci;
  • per gli immobili locati a terzi è prevista, nello stesso tempo sia l’IMU, sia la concorrenza al reddito che sarà imputato ai soci del reddito fondiario prodotto.
  • Dividendi percepiti da società semplici.

Gli utili percepiti dalle società semplici residenti.

Non sono mai stati soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta ex art. 27 co. 1 del DPR 600/73 sui dividendi derivanti da partecipazioni non qualificate (circ. n. 26/2004, § 3.1).
Tutti i dividendi (su partecipazioni qualificate o non qualificate) concorrevano al reddito imponibile IRPEF parzialmente (per il 40%, il 49,72% o il 58,14%).
Con la riforma della disciplina ad opera della L. 205/2017 che ha abrogato il primo periodo del co. 1 dell’art. 47 del TUIR, gli utili percepiti da società semplice (su partecipazioni qualificate e non qualificate) si dovevano considerare integralmente concorrenti al reddito imponibile (cfr. modello REDDITI SP).
Tuttavia, l’art. 32-quater del DL 124/2019 convertito ha colmato questa lacuna normativa, stabilendo che i dividendi corrisposti alle società semplici dal 25.12.2019 si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci, con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale.
Questa norma si applica per i dividendi distribuiti alle società semplici, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, anche in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società. Pertanto:
1) per la quota imputabile ai soggetti IRES, i dividendi sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo per il 95% del loro ammontare;
2) per la quota imputabile alle imprese individuali ed alle società di persone commerciali, i dividendi sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo, nella misura del 41,86% del loro ammontare, nell’esercizio in cui sono percepiti;
3) per la quota imputabile alle persone fisiche residenti in relazione a partecipazioni, qualificate e non qualificate, non relative all’impresa, i dividendi sono soggetti a tassazione con applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta del 26%.

La ritenuta a titolo d’imposta

Menzionata nell’ultimo punto deve essere operata dalle società e dagli enti commerciali residenti sulla base delle informazioni fornite dalla società semplice.
La norma è stata successivamente integrata dall’art. 28 del DL 8.4.2020 n. 23 (conv. L. 40/2020), il quale ha previsto:
la conferma dell’integrale imposizione per i dividendi provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata;
l’applicazione della ritenuta del 26% o dell’1,20% ex art. 27 del DPR 600/73 per i soci non residenti delle società semplici che percepiscono dividendi;
l’integrale imponibilità dei dividendi per la quota riferibile ai soci enti non commerciali.
Le disposizioni del DL 23/2020 si applicano ai dividendi percepiti a partire dall’1.1.2020 Tuttavia, in via transitoria, alle distribuzioni derivanti da utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31.12.2019 e deliberate entro il 31.12.2022, continua ad applicarsi la disciplina previgente a quella prevista dalla L 205/2017.
Applicando il regime transitorio, quindi, i dividendi percepiti dalla società semplice (su partecipazioni qualificate o non qualificate) concorrono al reddito dei soci nel limite:
1) del 40%, per gli utili formatisi fino all’esercizio in corso al 31.12.2007;
2) del 49,72%, per gli utili formatisi dopo l’esercizio in corso al 31.12.2007 e sino all’esercizio in corso al 31.12.2016;
3) del 58,14%, per gli utili formatisi dall’esercizio in corso al 31.12.2017 e fino all’esercizio in corso al 31.12.2019.
Secondo quanto riportato dalle istruzioni al modello REDDITI 2020 SP e muovendo dai commenti della circ. Assonime 9.11.2020 n. 28, il regime transitorio sopra riportato dovrebbe valere anche per i dividendi percepiti dall’1.1.2019 al 31.12.2019.

Interessi percepiti da società semplici

Le società semplici sono soggette:
all’imposta sostitutiva del 26% di cui al DLgs. 1.4.96 n. 239 sugli interessi percepiti dalle obbligazioni emesse dai c.d. “grandi emittenti” (ad esempio, banche e società quotate);
dalla ritenuta a titolo di imposta del 26% applicata sugli interessi relativi alle altre tipologie di obbligazioni (per i titoli pubblici l’aliquota è del 12,50%), ai depositi ed ai conti correnti bancari e postali ai sensi dell’art. 26 co. 2 e 4 del DPR 600/73.
Inoltre, la società semplice subisce una ritenuta a titolo di acconto in ragione della percezione degli altri redditi di capitale indicati all’art. 26 co. 5 del DPR 600/73 (ad es. gli interessi dei finanziamenti dei soci, ecc.).

Società Semplice! Plusvalenze immobiliari

Le plusvalenze realizzate dalla società semplice a seguito di cessione onerosa di fabbricati e di terreni sono soggette agli artt. 67 e 68 del TUIR, ossia alle medesime regole previste per le persone fisiche non imprenditori.
Pertanto, la cessione a titolo oneroso di fabbricati genera un reddito diverso imponibile, qualora:
la vendita avvenga entro 5 anni dalla costruzione o dall’acquisto;
il corrispettivo percepito superi il costo storico di acquisto o costruzione.
In presenza di beni immobili (diversi dalle aree edificabili) posseduti da più di 5 anni, non sussiste alcun presupposto impositivo, e, quindi, la relativa cessione non determina alcun reddito imponibile per la società semplice.
La successiva distribuzione delle somme derivanti dalla predetta cessione, peraltro, non determina tassazione in capo ai soci: per questi, infatti, emerge materia imponibile, non sulla base dei redditi distribuiti, bensì in relazione ai redditi prodotti dalla società ed imputati per effetto del principio di trasparenza.
Queste conclusioni valgono anche nel caso:
di scioglimento della società semplice con assegnazione degli immobili ai soci;
di cessione degli immobili (posseduti da più di 5 anni e diversi dalle aree edificabili) da parte della società semplice e di attribuzione del ricavato ai soci in sede di scioglimento della società.
“cfr. Interpelli DRE Piemonte 29.9.2017 n. 901-526/2017 e DRE Lombardia 22.4.2013 n. 904-91/2013.”

Società Semplice! Plusvalenze e altri redditi diversi di natura finanziaria

Alle plusvalenze di natura finanziaria realizzate dalle società semplici si applicano le regole del regime dei c.d. capital gain, previsto per i contribuenti IRPEF non imprenditori.
Con riferimento ai redditi diversi realizzati dall’1.1.2019, per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni (qualificate e non qualificate) si applica l’imposta sostitutiva del 26%.
Società Semplice! Oneri deducibili
Nella dichiarazione dei redditi della società semplice possono essere riportati gli oneri e le spese, sostenuti direttamente dalla società, deducibili dal reddito complessivo dei singoli soci, nella medesima proporzione prevista per gli utili.
Ai sensi dell’art. 10 co 3 del TUIR, si tratta:

delle somme corrisposte ai dipendenti chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali (lett. f);

dei contributi, delle donazioni e delle oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative (lett. g);

delle indennità per perdita di avviamento corrisposte per legge al conduttore in caso di cessazione della locazione degli immobili urbani adibiti ad usi diversi da quelli di abitazione (lett. h).
Oneri detraibili
Secondo l’art. 15 co. 3 del TUIR, in relazione ad alcuni oneri previsti dal medesimo articolo e sostenuti dalle società semplici, la relativa detrazione d’imposta del 19% spetta ai singoli soci nella stessa proporzione prevista nell’art. 5 del TUIR ai fini dell’imputazione del reddito.
La tabella riporta gli oneri, previsti dal co. 1 del medesimo art. 15 del TUIR, per i quali si applica la suddetta disciplina.
Art. 15 co. 1 del TUIR

Società Semplice! Spesa detraibile Lett.:

a) Interessi pagati su prestiti o mutui agrari
g) Spese sostenute per il restauro o la manutenzione dei beni vincolati
h) e h-bis) Erogazioni liberali in denaro e le cessioni gratuite di beni a favore degli enti che operano nel settore culturale e artistico
i) Erogazioni liberali in denaro a favore degli enti che operano nel settore dello spettacolo
i-bis Le quote associative alle società di mutuo soccorso
Come indicato dalle istruzioni alla compilazione del modello REDDITI SP, per gli oneri di cui alle lett. h) e i) vanno escluse le erogazioni che danno diritto al credito d’imposta di cui all’art. 1 del DL 31.5.2014 n. 83, conv. L. 29.7.2014 n. 106 (c.d. Art bonus).
Ulteriori detrazioni dall’imposta, inoltre, sono disciplinate da altre disposizioni normative, di seguito elencate.

Società Semplice! Spesa detraibile

Art. 16-bis del TUIR e art. 16 del DL 63/2013
Spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e quelle relative ad interventi antisismici.Art. 1 co. 344 – 349 della L. 27.12.2006 n. 296 e art. 14 del DL 63/2013.

Spese relative ad interventi di riqualificazione energetica.
Art. 14 co. 2-quater.1 del DL 63/2013
Lavori antisismici combinati con quelli di riqualificazione energetica sulle parti comuni degli edifici condominiali.
Art. 1 co. 12-15 della L. 27.12.2017 n. 205
Spese riguardanti gli interventi di “sistemazione a verde” (c.d. “bonus verde”)
Art. 25 del DLgs. 29.6.96 n. 367.

Erogazioni liberali

In denaro a favore degli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale, per i quali è prevista la trasformazione in fondazioni di diritto privato
Art. 1 della L. 18.2.99 n. 28
Erogazioni liberali a favore della Società di cultura “La Biennale di Venezia”.
Art. 138 co. 14 della L. 23.12.2000 n. 388
Erogazioni liberali a favore delle popolazioni colpite da calamità pubbliche o eventi straordinari.
Art. 1 co. 4 del DL 31.12.96 n. 669 (conv. L. 30/97) e DM 22.3.97
Interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione per mutui stipulati nel 1997 per l’effettuazione di interventi di manutenzione, restauro e ristrutturazione degli edifici.
Art. 16 co. 2 del DL 4.6.2013 n. 63 (conv. L. 90/2013)
Spese per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, con determinate caratteristiche, finalizzati all’arredo “dell’immobile oggetto di ristrutturazione” (c.d. “bonus mobili”).
Art. 29 del DL 18.10.2012 n. 179 (conv. L. 17.12.2012)
Somme investite in imprese start up innovative.

Imputazione del reddito della società semplice ai soci

Il reddito prodotto dalla società semplice è ripartito in modo automatico, secondo i criteri della “trasparenza fiscale”, tra i soci che risultano tali alla chiusura del periodo d’imposta:

Nello stesso periodo di produzione del reddito;

In proporzione alle quote di partecipazione agli utili;

Indipendentemente dalla effettiva percezione.
Tale principio interessa, inoltre, le perdite, le ritenute subite ed i crediti d’imposta, i quali vengono attribuiti secondo il medesimo criterio, cioè in proporzione alle quote di partecipazione agli utili (cfr. Miele L., Russo V., Saccaro M., Scappini L., Vial E., Vio R. “Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi”, Euroconference, Verona, 2013, p. 36).
Tali elementi devono risultare da un apposito prospetto di riparto ed attribuzione che la società semplice deve rilasciare a ciascun socio.
Riattribuzione alla società semplice delle ritenute IRPEF da parte dei soci
Anche con riferimento alle società semplici, è ammessa la possibilità di re attribuire le ritenute che residuano dopo il loro scomputo, dall’IRPEF dovuta dai soci o associati, in analogia a quanto previsto per le associazioni tra professionisti.

LEGGE BILANCIO 2022: novità

LEGGE BILANCIO 2022: novità fiscali; lavoro casa bonus edilizia incentivi per le imprese 2022

LEGGE BILANCIO 2022: novità fiscali.

Per ricordare il contenuto di quella del 2021 basta seguire Legge di Bilancio 2021. La Legge di bilancio 2022, ha dato avvio alla mini riforma fiscale con la riduzione delle aliquote Irpef passate da cinque a quattro scaglioni. Ha rafforzato le detrazioni dei lavoratori dipendenti, dei pensionati e degli autonomi.

Ha però fermato per altri 12 mesi le Plastic e Sugar Tax. Rafforzando il fondo di garanzia per le PMI sono stati prolungati i bonus legati a Transizione 4.0.

Sono queste alcune delle importanti novità contenute nella legge di bilancio 2022.

Inoltre, con il provvedimento è stata rifinanziata  per euro 900 milioni, fino al 2027. La “Nuova Sabatini”, ripristinata l’erogazione in più quote, con la possibilità di ricevere l’intero importo in un’unica tranche:

Con il fine di favorire la liquidità delle aziende.
Il credito d’imposta per i beni tecnologici 4.0 (l’ex “iperammortamento”). Viene prorogato al 2025. Nella misura del 20% per la quota di spesa fino a euro 2,5 milioni. Del 10% tra euro 2,5 e 10 milioni e del 5% oltre euro 10 milioni. Comunque fino a euro 20 milioni.

Il 2022 sarà, dunque, l’ultimo anno utile per usufruire del credito d’imposta per i beni strumentali tradizionali (l’ex “superammortamento”), con aliquota al 6%.

Abbiamo a cuore la evolvenda materia fiscale, con l’ausilio dei collaboratori di studio. Impiegati per argomenti (pari opportunità, Diritto amministrativo, fisco, lavoro, incentivi imprese, casa e bonus edilizia). Operiamo una attenta selezione, dei quesiti posti da internet. I quali con l’analisi di tutte le novità di interesse professionale, ed i riferimenti legislativi normativi possono essere gratuitamente risolti. Semplicemente compilando la form che segue.

LEGGE BILANCIO 2022: novità fiscali.

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Bonus fiscali: da grande occasione a bufala

Bonus fiscali: da grande occasione a grande bufala è un'attimo

Bonus fiscali: da grande occasione a grande bufala è un’attimo.

Molti istituti di credito si erano proposti e si propongono quali cessionari dei crediti d’imposta spettanti per gli interventi in edilizia. Ma oggi che le imprese stanno offrendo in concreto la cessione dei crediti scontati nelle fatture o comunque ceduti.

Molti istituti rallentano le procedure, altri le hanno fermate e tutti non erogano somme.

Con la consolidata scusa “Mancano i fondi“.

Anche Repubblica pone l’accento sull’orientamento dell’Agenzia delle Entrate su dove reperire i fondi da rimborsare ai cittadini… li cedano ai fornitori o comunque alle aziende collegate ai lavori.

Resta inteso che

Diversamente da quanto proclamano alcuni imprenditori spregiudicati nel ricercare la clientela.

I lavori NON SONO GRATUITI oppure ci si può LUCRARE il 10% sopra.

Semplicemente il costo delle opere di ciascun cittadino se giudicato “conforme” è convertito in un credito d’imposta nei confronti dell’erario.

Il cittadino contribuente, potrà utilizzare il credito maturato direttamente nei successivi periodi d’imposta (cinque nel caso del superbonus 110%, dieci per il bonus facciate).

Oppure il medesimo credito potrà essere ceduto ad un terzo. Ad esempio i fornitori, all’impresa che ha effettuato i lavori attraverso lo “sconto in fattura”. Questi ultimi cessionari (che accettano il credito) potranno a loro volta dedurre il credito in compensazione nelle rispettive dichiarazioni dei redditi.

Oppure nuovamente potranno cederlo a soggetti terzi, ivi compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari abilitati.

Bonus fiscali: da grande occasione a grande bufala è un’attimo; I sintomi della bufala

Il rischio principe per il contribuente è proprio che l’Agenzia delle Entrate. A seguito di un controllo (non si dichiara nemmeno a quale livello). Possa disconoscere il credito d’imposta eventualmente ceduto al terzo o all’impresa che ha effettuato i lavori. Non ritenendo sussistente uno o più requisiti per la fruibilità del bonus fiscale.

Va tenuto bene a mente che i tempi per il disconoscimento del beneficio fiscale sono piuttosto lunghi. Considerando che l’Agenzia delle Entrate può notificare l’accertamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Con la quale si fruisce del beneficio fiscale e, nel caso di cessione del credito. L’atto di recupero dello stesso potrà avvenire entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo irregolare. Dunque, poiché il credito d’imposta è usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali. Con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. L’accertamento potrà avvenire sino all’ottavo anno dall’ultimo utilizzo di crediti inesistenti portati in compensazione (cinque nel caso di superbonus, dieci per il bonus facciate).

A quel punto.

L’art 121 del d.l. 34/2020 e s.m.i. prevede che, ove sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, l’Agenzia delle Entrate provvederà al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del soggetto che ha esercitato l’opzione, maggiorato degli interessi e delle sanzioni dal 100 al 200%. Inoltre, c’informa la circolare n. 24/E/2020 dell’Agenzia delle Entrate, il fornitore che acquisisce il credito in buona fede non perde il diritto a utilizzare il credito d’imposta, che sarà recuperato nei confronti del beneficiario originario.

Quindi, lo stesso art. 121 del decreto Rilancio specifica bene che l’Ufficio si rivolgerà direttamente al cittadino che ha richiesto il beneficio, mentre la responsabilità dei fornitori e dei terzi cessionari sarà solamente residuale, ovverosia nelle ipotesi in cui abbiano utilizzato il credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto.

Bonus fiscali: da grande occasione a grande bufala è un’attimo; Il ruolo tecnico politico dei Comuni

Se si considera che il perimetro applicativo delle norme tecniche relative ai bonus fiscali, e in particolare quello del superbonus, sono tutt’altro che definiti.

Inoltre dal punto di vista della politica locale possono essere molte le ingerenze capaci di modificare anche le norme urbanistiche che incidono sul beneficio fiscale.

I presupposti previsti, a pena di disconoscimento del beneficio, sono infatti previsti in una normativa molto complessa, tecnica e stratificata, complicata da specifiche in un’imponente prassi rappresentata da circolari e interpelli dell’Agenzia delle Entrate quella del Territorio.

A titolo di esempio, conviene ricordare che ai sensi dell’art. 49 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. n. 380/2001), gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici.

Per altro, la legge pare ridurre i tempi di accertamento quando, prevede espressamente un obbligo per i Comuni di segnalare all’amministrazione finanziaria, entro tre mesi dall’ultimazione dei lavori o dalla segnalazione certificata, ovvero dall’annullamento del titolo edilizio, ogni inosservanza comportante la decadenza dal beneficio fiscale, proprio al fine di agevolarne il recupero.

Dunque, i Comuni potrebbero essere i primi segnalatori di eventuali difformità.

Bonus fiscali: da grande occasione a grande bufala è un’attimo; I rischi per i falsi beneficiari dei bonus

A livello penale, i comportamenti truffaldini posti in essere dai beneficiari dei benefici fiscali potrebbero determinare a seconda della condotta posta in essere una responsabilità per reati quali la truffa aggravata ai danni dello stato (art 640 c.2 c.p.) oppure la truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art 640 bis c.p.), non da ultima la falsità ideologica in certificati (art 481 c.p.c) in concorso con i tecnici abilitati.

Il cittadino dovrà altresì guardarsi bene da comportamenti poco corretti anche da parte delle ditte che promettono lavori “gratis”, salvo poi proporre preventivi sproporzionati.

Infatti, fatturare lavori inesistenti o più semplicemente per importi gonfiati, può comportare pesanti conseguenze penali sia per la l’impresa che esegue i lavori, sia per i beneficiari.

In particolare, nelle ipotesi in cui i lavori siano completamente fittizi, o quantomeno i costi siano illecitamente aumentati al fine di ottenere un maggiore beneficio fiscale, possono venire in rilievo illeciti tributari quali quelli previsti per le operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, nonché l’indebita compensazione.

In particolare.

L’impresa che effettua i lavori ed emette le fatture potrebbe rispondere del reato di cui all’art 8 D.Lgs. n. 74/2000 qualora i lavori non vengano effettivamente svolti, oppure se abbiano riguardato interventi non agevolati e, infine, anche nel caso di sovrafatturazione.

Ai sensi dell’art. 1 della Legge sui reati tributari, infatti, per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si intendono le fatture emesse “… a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.

Bonus fiscali: da grande occasione a bufala.A livello sanzionatorio, l’art. 8 del D.Lgs n. 74/2000 prevede la pena della reclusione da quattro a otto anni; se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture per singolo periodo d’imposta, è superiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni sino alla soglia dei centomila euro.

I beneficiari dei lavori, consapevoli dell’illecito.

Potrebbero rispondere in concorso con l’impresa laddove non abbiano indicato la fattura nella dichiarazione, ma cedano il credito; se, invece, hanno portato la fattura in detrazione, potrebbero rispondere del reato di cui all’art. 2, D.Lgs. n. 74/2000, ovverosia “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.

Tale fattispecie punisce “… con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi”. La pena è diminuita, da un anno e sei mesi a sei anni “… se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila”.

Occorre, infine, ricordare che l’art. 10 del D.Lgs. n. 74/200 punisce la condotta dell’indebita compensazione, che si realizza ove il contribuente utilizzi il credito in compensazione, consapevole dell’inesistenza del medesimo credito.

Va aggiunto che la Suprema Corte, sezione Penale n. 36916/2020, ha ritenuto di confermare il suo consolidato orientamento in tema di concorso tra reato di frode fiscale mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e truffa aggravata ai danni dello Stato, ribadendo che è possibile il concorso tra i predetti reati, laddove la condotta di frode fiscale sia finalizzata, oltre al conseguimento del profitto derivante dall’evasione fiscale, anche all’ottenimento di erogazioni pubbliche in assenza dei requisiti necessari – trattandosi di profitto diverso e ulteriore rispetto al primo.

Bonus fiscali: da grande occasione a grande bufala è un’attimo; I rischi per i professionisti abilitati

I professionisti abilitati che partecipano alla procedura, anch’essi non sono esenti da eventuali pesanti responsabilità.

Questi ultimi sono chiamati a redigere attestazioni/certificazioni che tengono luogo del controllo dello Stato nella procedura amministrativa, e si interfacciano con la pubblica amministrazione per conto del cliente, durante tutto il percorso.

I medesimi professionisti, iscritti in appositi albi, sono quindi pacificamente inquadrabili nella categoria delle persone esercenti un servizio di pubblica utilità ai sensi dell’art 359 c.p. (Cass. Pen. Sent. 9821/1986, Cass. Pen. Sent. 8303/2006).

Conseguentemente.

l falso ideologico commesso dal professionista nella redazione di certificati o attestazioni che assolvano la funzione di dare alla pubblica amministrazione un’esatta informazione circa lo stato dei luoghi, potrebbe ben configurare il reato di cui all’art. 481 c.p., punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 51,00 a 516,00 euro.

Ed infatti, secondo la giurisprudenza prevalente, integra il delitto di falsità ideologica in certificati di cui all’art. 481 c.p., la presentazione a corredo della richiesta del permesso di costruire di una planimetria falsamente descrittiva dello stato dei luoghi; peraltro, del reato ne rispondono sia il professionista, che ha redatto la planimetria, sia il committente che si avvale della documentazione infedele (Cass. Pen. Sent. 30401/2009; Cass. Pen. Sent. 15860/2006).

Inoltre, il D.M. 6 agosto 2020 (cd D.M. “Asseverazioni”) prevede espressamente che, relativamente alle asseverazioni richieste per gl’interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 119 del decreto Rilancio (con le quali il professionista attesta che gli interventi di cui ai commi 1, 2 sono conformi ai requisiti di cui all’allegato A del decreto requisiti ecobonus, nonché la congruità dei costi degli stessi interventi) la dichiarazione debba essere sottoscritta dal tecnico abilitato, ai sensi e per gli effetti degli articoli 47, 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Non di meno, anche l’A.P.E., ai sensi del D.Lgs. n. 192/2015, deve essere resa in forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’articolo 47, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Da ciò deriva

L’analisi dell’art 76 c. 3 del D.P.R. n. 445/2000: la detta norma, oltre a prevedere un aumento da un terzo alla metà delle pene per chiunque rilasci dichiarazioni mendaci, formi atti falsi o ne faccia uso nei casi previsti dal ridetto testo unico, dispone altresì che le dichiarazioni rese ai sensi degli artt. 46 e 47 debbano ritenersi come fatte a un pubblico ufficiale.

Ne consegue che, per questi atti, essendo il falso rivolto al pubblico ufficiale e relativo a fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, potrebbe risultare integrata la più grave falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico di cui all’art. 483 c.p., punita con la reclusione sino a 2 anni (al netto del succitato aumento).

Laddove, poi, non sussistano gli estremi dei reati sopra ricordati, ricordiamo che l’art. 119 d.l. 34/2020 al comma 14 prevede comunque, in via residuale, una sanzione amministrativa pecuniaria a carico dei soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni infedeli da euro 2.000,00 a euro 15.000,00 per ciascuna attestazione o asseverazione infedele resa.

Le falsità nei titoli abilitativi

Per quanto riguarda i titoli abilitativi, l’art. 19 della legge n. 241/1990 in materia di falsità nella SCIA prevede che, ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 del predetto articolo, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Nei casi di SCIA in materia edilizia l’art 6-bis richiama le responsabilità e le sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali, il quale prevede all’art. 29 che il progettista assuma la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità, con conseguente applicabilità della fattispecie di reato prevista e punita dall’art.481 c.p. Resta, poi, la responsabilità per le dichiarazioni rese ai sensi degli artt. 75 e 76 DPR n. 445/2000, sopra descritta.

Quanto alla CILA, invece.

Il Testo Unico D.P.R. 380/01 non prevede al suo interno una specifica sanzione penale relativa alla responsabilità del professionista.

Tuttavia, anche in questo caso, il tecnico assume la qualità di esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli articoli 359 e 481 c.p., e le sue dichiarazioni devono essere rese ai sensi e per gli effetti dagli articoli 75 e 76 del DPR n. 445/2000, con tutte le conseguenze sopra descritte.

Tornando alla normativa relativa al Superbonus 110%, conviene da ultimo ricordare che ai sensi dell’art. 119 D.L. Rilancio, la non veridicità delle attestazioni o asseverazioni comporta la decadenza dal beneficio.

A questo punto, quindi, i soggetti danneggiati potranno rivalersi nei confronti del professionista, il quale potrà a sua volta attivare l’assicurazione obbligatoria per i soggetti che rilasciano le attestazioni e le osservazioni.

Non sembra vero abbiamo trovato chi paga

L’Agenzia delle Entrate propone quindi di far assorbire il bonus fiscale ai fornitori od alle imprese, nel caso di costruzione maliziosa del credito, saranno i verificatori a rispondere con le loro assicurazioni obbligatorie.

Trovato che paga, ridotti i tempi di accertamento a soli tre mesi o quantomeno entro un anno dalla chiusura del lavoro grazie alla comunicazione di fine lavoro del Comune ove ubicato il lavoro all’Agenzia delle Entrate.

Perchè le banche non accreditano le somme, i banchieri e gli operatori della finanza certamente sanno qualcosa, di cui non svelano nulla.

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