Antiriciclaggio Regola Tecnica n 1 autovalutazione del rischio

Antiriciclaggio Regola Tecnica n 1 autovalutazione del rischio

Si parla sempre più spesso di antiriciclaggio e soprattutto di auto riciclaggio con proventi da fonti illecite.

La fonte maggiormente insidiosa è proprio l’evasione fiscale, perciò siamo tutti chiamati al rispetto delle regole nazionali ed europee, sulla equa contribuzione.

La vigenza del d.lgs. 231/2007 non per tutti i colleghi ha rappresentato un momento di presa di coscienza sulla funzione del commercialista, speriamo che le modifiche del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90, possano segnare il passo e fare la differenza tra i colleghi e non.

Ormai la difesa della categoria è affidata al singolo studio.

Spesso presso i nostri studi sono eseguite attività per conto di clienti, i quali tentano di attivare operazioni se pur lecite ma se celata o confusa la provenienza del danaro e l’effettivo beneficiario dell’operazione.

Il nostro studio Professionale è in seria difficoltà.

Vale la pena quindi di seguire come di consueto con meticolosa attenzione le nuove regole per non incorrere in sanzioni anche dal Consiglio di Disciplina; Tenuto conto che oltre le previsioni Penali, l’Ordine di appartenenza può certamente arrivare alla radiazione.

Il Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti Esperti Contabili, nella sua qualità tra l’altro esclusiva di Organismo di autoregolamentazione, della categoria ha approvato le regole tecniche successivamente indicate come “RT”.

Nella seduta del 16 gennaio 2019, sono state deliberate le regole e subito sottoposte a parere del neo Comitato di Sicurezza Finanziaria istituito in Commissione del 6 dicembre 2018.

Per l’apprendimento e la corretta applicazione delle regole tecniche il CNDCEC invita a tenersi aggiornati ovvero partecipare alle specifiche attività di e-learning.

Decorso il periodo formativo le regole tecniche saranno vincolanti per tutti gli iscritti”.

Quindi sino a tutto il primo semestre del 2019 l’applicazione delle regole tecniche non è vincolante per gli iscritti, i quali potranno continuare ad operare con i metodi sinora applicati relativamente all’adeguata verifica della clientela ed alla valutazione del rischio.

In attesa della disponibilità delle attività di formazione si intende comunque procedere ad un’analisi della Regola Tecnica n. 1.

in quanto è quella alla quale sono soggetti la maggiore parte dei colleghi .

Autovalutazione del rischio

L’articolo 15 del Dlgs. 231/2007 prevede espressamente che i soggetti obbligati adottino procedure oggettive e coerenti per l’analisi e la valutazione dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (di seguito fdt), tenendo conto di fattori di rischio associati alla tipologia della clientela, all’area di operatività, ai canali distributivi ed ai prodotti offerti;

La valutazione è documentata e periodicamente aggiornata

Sarà messa a disposizione delle autorità di vigilanza e degli organismi di autoregolamentazione.  Così come previsti dall’art. 11 c.2 del D.lgs. 231/2007  il quale testualmente recita e prevede, gli organismi di autoregolamentazione sono responsabili dell’elaborazione e aggiornamento di regole tecniche, adottate in attuazione del presente decreto previo parere del Comitato di sicurezza finanziaria, in materia di procedure e metodologie di analisi e valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo cui i professionisti sono esposti nell’esercizio della propria attività, di controlli interni, di adeguata verifica, anche semplificata della clientela e di conservazione e, anche attraverso le proprie articolazioni territoriali, garantiscono l’adozione di misure idonee a sanzionarne l’inosservanza e sono sentiti dalla UIF ai fini dell’adozione e dell’aggiornamento degli indicatori di anomalia di cui all’articolo 6, comma 4, lettera e) che li riguardino. I predetti organismi e le loro articolazioni territoriali sono altresì responsabili della formazione e dell’aggiornamento dei propri iscritti in materia di politiche e strumenti di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

La valutazione è un adempimento proprio dei professionisti obbligati e non è delegabile.

L’eventuale responsabile antiriciclaggio assiste il professionista nella gestione e nella mitigazione del rischio residuo.

Sinteticamente si perviene all’autovalutazione del rischio residuo come segue:

  • determinando il rischio inerente sulla base di singoli fattori;
  • determinando il rischio di vulnerabilità sulla base di singoli fattori;
  • applicando ai due valori di cui sopra una matrice di ponderazione;
  • confrontando i valori della matrice di cui sopra ad una scala graduata di “livello di rischio residuo”.

Valutazione del rischio inerente

Nella RT n. 2 si ha modo di leggere che per “rischio inerente si intende il rischio proprio delle attività svolte dal professionista, considerate per categorie omogenee, in termini oggettivi ed astratti”.

Le RT individuano il “rischio inerente” nei seguenti fattori:

  • tipologia della clientela,
  • area geografica di operatività,
  • canali distributivi, (riferito alle modalità di esplicazione della prestazione professionale, anche tramite collaborazioni esterne, corrispondenze, canali di pagamento ecc.)
  • servizi offerti.

Il professionista dovrà quindi individuare tali fattori in base alla generalità della tipologia complessiva della clientela di norma si attribuisce un maggior rischio ad attività esercitate in forma societaria rispetto a quelle esercitate in forma di impresa individuale, all’area geografica di operatività dello studio, alle modalità ed ai canali di esecuzione della prestazione professionale, ai servizi offerti nell’ambito della prestazione professionale.

Scala graduata per la valutazione del rischio inerente da applicare a ciascuno dei fattori

 

 

 

 

 

La media aritmetica dei punteggi dei singoli fattori determina il valore del rischio inerente.

Valutazione del rischio di vulnerabilità dello studio

Le RT indicano espressamente che “l’analisi dell’assetto organizzativo e dei presidi consente di individuare eventuali vulnerabilità ovvero le carenze che permettono che il rischio inerente si concretizzi in fenomeni di riciclaggio/fdt non rilevati”.

A monte quindi della determinazione del rischio di vulnerabilità dello studio dovrà esservi quindi l’analisi, sopra indicata.

Le RT individuano il “rischio di vulnerabilità” dello studio nei seguenti fattori:

  • formazione,
  • organizzazione degli adempimenti in materia di adeguata verifica clientela,
  • organizzazione degli adempimenti relativi alla conservazione dei documenti, dati e informazioni,
  • organizzazione in materia di segnalazione di operazioni sospette e comunicazione delle violazioni alle norme sull’uso del contante.

Scala graduata per la valutazione del rischio di vulnerabilità dello studio

 

 

 

 

 

La media aritmetica dei punteggi dei singoli fattori determina il valore del rischio di vulnerabilità.

Valutazione del rischio residuo Antiriciclaggio Regola Tecnica n 1 autovalutazione del rischio

In base alle medie aritmetiche del rischio inerente e di quello di vulnerabilità si determina il rischio residuo, assumendo al 40% i valori del rischio inerente ed al 60% i valori del rischio vulnerabilità muovendo dal presupposto che la componente di vulnerabilità abbia più rilevanza nella determinazione del rischio residuo.

Viene quindi riportata una tabella da applicare ai valori ponderati per la determinazione del rischio residuo.

 

 

 

 

 

 

stabilito il livello “tabellare” di rischio residuo, il professionista procederà ad attivare le azioni necessarie per la gestione/mitigazione del medesimo.

 

 

 

 

 

Precisa la RT che rilevano le dimensioni della struttura, il numero dei componenti dello studio (professionisti, collaboratori e dipendenti) ed il numero delle sedi in cui viene svolta l’attività e che:

  • per due o più professionisti (una sede o più) occorre introdurre la funzione antiriciclaggio e nominare il relativo responsabile,
  • per più di 30 professionisti e più di 30 collaboratori nello stesso studio (una sede o più) introdurre la funzione antiriciclaggio, nominare il responsabile antiriciclaggio e introdurre una funzione di revisore indipendente per la verifica dei presidi di controllo;
  • nell’ambito dei presidi rileva altresì la formazione del personale con carattere di programmazione e permanenza.

Come indicato nel paragrafo “Autovalutazione del rischio”

Si rende necessario, la redazione del documento interno di studio da non tenere nel fascicolo del cliente, nel quale descrivere l’organizzazione dello studio e le procedure adottate, le attività di formazione ed i correttivi adottati, al quale seguirà la valutazione “tabellare” dei rischi di cui sopra, il documento ed i suoi aggiornamenti saranno tenuti a disposizione insieme al documento sulla valutazione dei rischi in materia di tutela dei dati personali.

Altre particolarità riguardano i colleghi esposti in politica.

Possiamo collaborare con i colleghi per la corretta applicazione del disciplinare.


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Antiriciclaggio Regola Tecnica n 1 autovalutazione del rischio

Quando l’amministratore diventa il padrone del palazzo ?

Quando l'amministratore diventa il padrone del palazzo ?

Quando l’amministratore diventa il padrone del palazzo ?

Il titolo dell’articolo vuol rimarcare l’atteggiamento di molti amministratori di condominio, i quali di fatto adottano linee di condotta non proprio trasparenti o legali, le quali pongono un vero e proprio macigno dinanzi l’esercizio democratico dei propri diritti da parte dei singoli comproprietari.

Possiamo subito rispondere alla domanda posta nel titolo, in estrema sintesi l’amministratore crede di essere stato nominato proprietario esclusivo dell’intero fabbricato quando, all’interno del sodalizio serpeggia l’ignoranza supportata dalla fiducia verso questa specie di professionista “l’amministraTore di condominio”.

Lui l’amministratore non sa, o non dice le cose, l’assemblea fiduciosa approva.

Il momento magico per far valere i propri diritti in condominio è l’assemblea, infatti come tutti i sodalizi in regime democratico, per la gestione della “cosa comune” e per la gestione della coincidenza della proprietà privata, tutti i proprietari si riuniscono;

  1. nominano un amministratore della proprietà in comunione;
  2. gli attribuiscono un emolumento;
  3. stabiliscono la durata del suo mandato.

La legge poi spiega e dettaglia come lo stesso amministratore potrà e dovrà provvedere al suo ufficio.

L’amministratore del condominio secondo il nostro Codice con l’assunzione della carica deve anche assolvere alla funzione di informatore dei proprietari, vediamo bene ed in dettaglio di cosa dobbiamo essere informati e sopratutto con quale forma.

Assume pertanto una particolare funzione ed importanza il rendiconto dell’amministratore di condominio,  perché pur non conforme a quello previsto dagli amministratori delle società, non è neanche uno sterile elenco di numeri,  che per molti condomini proprietari rappresenta solo un documento da visionare ed approvare in fiducia. Sul quale meglio non fare domande per non fare la figura del fesso davanti a tutti gli altri condomini od in assemblea.

Il rendiconto condominiale

Vediamo cos’è il rendiconto, cosa deve contenere, gli obblighi e le sanzioni per l’amministratore.
Sappiamo che la riforma del condominio del 2012 ha imposto obblighi e procedure contabili nonché reso il rendiconto condominiale sicuramente più complesso.
Ma utile a chiunque per operare una trasparente verifica delle attività poste in essere dall’amministratore.
 

– cos’è

Prima che intervenisse la riforma, era sufficiente che l’amministratore “rendesse il conto della sua gestione”, senza precisare in che modo dovesse essere realizzato il rendiconto, mentre sul punto il Legislatore nel 2012 ha meglio articolato la norma.
Questa tiene conto della specialità dell’ambito condominiale, evitando qualunque richiamo alle regole dettate in ambito di bilancio di esercizio societario poiché questo si ritiene essere qualcosa di distinto e separato, concepito per attività differente e governato da una disciplina diversa.

– dopo la riforma del 2012

La riforma in parola, ha notevolmente inciso e implementato gli obblighi contabili che l’amministratore è tenuto a rispettare nei confronti dei proprietari (cfr. artt. 1129, 1130 e 1130-bis, c.c.): questi, ad esempio, deve :
1) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione
2) convocare l’assemblea per la relativa approvazione
3) eseguire gli adempimenti fiscali,
4) assicurare la tracciabilità delle operazioni di entrata ed uscita.
Infatti, l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; inoltre, ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, potrà chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.

– cosa contiene

Il rendiconto condominiale, precisa la legge, “contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente la situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica”.
Il rendiconto, prosegue la norma, si compone di :
1) un registro di contabilità,
2) un riepilogo finanziario,
3) una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.
All’assemblea condominiale sarà consentito, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio;
Oltre a stabilire che le scritture e i documenti giustificativi dovranno essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione, la riforma ha ufficializzato un diritto già in precedenza riconosciuto seppur nel silenzio della legge, quello dei condomini e dei titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari a prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e di estrarne copia a proprie spese.
La giurisprudenza in formazione dal 2012, con la sentenza torinese n. 3528/2017 ha rammentato che l’art. 1130-bis c.c. impone la redazione del rendiconto condominiale annuale e che lo stesso debba contenere una serie di specifiche voci contabili, indispensabili alla ricostruzione e al controllo della gestione dell’amministratore da parte di ogni condomino.
In particolare, gli elementi imprescindibili del rendiconto sono:
1) il registro di contabilità;
2) il riepilogo finanziario;
3) una nota di accompagnamento sintetica, esplicativa della gestione annuale.
Come già detto; La mancanza di uno solo di questi documenti, secondo la pronuncia del Tribunale piemontese, renderà invalida la delibera assembleare che approva il rendiconto nel caso, il Tribunale ha annullato la delibera che aveva approvato il rendiconto condominiale per mancanza della nota esplicativa.

– le sanzioni

Se l’art. 1129 espressamente prevede la revoca dell’amministratore che non usa (anche parzialmente) il conto corrente, molto spesso la giurisprudenza è già intervenuta ma non perde occasione per confermare come la situazione degli obblighi contabili post riforma sia particolarmente stringente.
Nessuno spazio è stato lasciato all’interpretazione.

Tracciabilità delle operazioni condominiali

Va detto che la norma che stabilisce l’obbligo ex lege di tracciare le operazioni contabili (in entrata e in uscita) alcun limite minimo o massimo di valore è stato posto, pertanto; Ogni movimentazione dovrà necessariamente transitare dal conto corrente condominiale.
L’adempimento di tale obbligo, inoltre, dovrà risultare in sede di redazione del rendiconto poiché andranno indicate specificamente, per ogni operazione di entrata e di uscita, le modalità attraverso le quali sono state effettuate (ad esempio tramite bonifico, pos, assegno, ecc.).
Dalle nuove regole e dai nuovi obblighi enucleati dalla riforma si comprende la necessaria complessità del rendiconto e della sua redazione,risultante dalla somma di diversi documenti i quali dovranno consentire la ricostruzione, la verifica o il riscontro immediato delle operazioni contabili dell’ente da parte dei condomini.

Revoca amministratore che ritarda il rendiconto

Molti tribunali come ad esempio il Tribunale di Taranto, con un decreto del 21 settembre 2015 hanno ritenuto legittima la revoca dell’amministratore di condominio il quale sottopone in ritardo all’assemblea per l’approvazione del conto dei suoi esercizi, anche se questi siano stati poi approvati dai condomini.
Ciò in quanto, non rendere il conto della gestione rileva di per sé ai sensi dell’art. 1129 c.c. grave irregolarità e, per il giudice, “deve al riguardo sottolinearsi che quando ci si trova di fronte a delibera assembleare che approvi rendiconti pluriennali, non osservandosi la regola della necessaria annualità del rendiconto, si ritiene che si configuri una forma di nullità e non di semplice annullabilità della delibera“.
La ratio, pertanto, è quella di “assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore” Il provvedimento di revoca dell’amministratore non è suscettibile di ricorso per cassazione.

Omissione rendiconto

Anche la Cassazione (sent. 28764/2017) ha sottolineato l’obbligo gravante sull’amministratore di condominio di redigere il rendiconto annuale che dovrà essere approvato dall’assemblea, appositamente convocata entro centottanta giorni.
Tale omissione potrà comportare la revoca giudiziale dell’amministratore, siccome espressamente ritenuta “grave irregolarità”; qualora penda un provvedimento giudiziale di revoca, le delibere di approvazione tardiva dei rendiconti, eventualmente adottate nelle more di detto procedimento, non varranno a sanare l’inadempimento dell’amministratore che ha tra i suoi precipui compiti, quello di rendere il conto della sua gestione (leggi: Condominio: il rendiconto approvato tardivamente non “salva” l’amministratore dalla revoca giudiziale).
 
Abbiamo visto quindi come l’amministratore del condominio dovrà predisporre i documenti utili al suo ufficio.
Se in assemblea condominiale non sono prodotti questi documenti dal vostro amministratore, poi non vi lamentate se fa il padrone con la vostra proprietà.
In pratica nessuno di noi manderebbe qualcuno ad eseguire delle commissioni dotandolo di autonomia economica, senza riceversi o attendersi una resa del conto di quanto commissionato e soprattutto gli esiti della commissione.

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Unita da diporto e business

Unita da diporto e business

Unita da diporto e business

Si siamo quasi, tra qualche settimana si va a mare i lavori in barca sono cominciati.

Ciascuno avrà il suo bel da fare per rendere l’imbarcazione affidabile e sicura per soddisfare tutti i bisogni estivi.

Ogni barca sarà rimessa a nuovo per destinarla alle attività estive. Gare sportive e non, regate e quant’altro offre l’intrattenimento e l’escursione nautica. A salerno grazie al fenomeno turistico. L’indotto annovera certamente quello nautico e lo sfruttamento dei natanti per le attività che nella nostra città sta catturando le attenzioni di moltissimi armatori. I quali hanno capito che la propria barca anche se ferma al pontile purché bella e confortevole. Può essere impiegata in attività economiche e produttive ad esempio. Il boat & breakfast.

Il trattamento fiscale delle attività da diporto a scopi economici e commerciali segue le caratteristiche fiscali dell’armatore a seconda se:

  1. è una persona fisica, tenuto conto se l’attività è occasionale o è parte di un’attività di impresa individuale;
  2. è una persona giuridica senza alcuna distinzione se l’attività è occasionale ovvero rientra in quella caratteristica della società stessa

Analizzare le circostanze non interessa il testo. Ma vogliamo solo anticipare che in tutte le circostanze, non sarà facile. Evitare sanzioni in caso di controlli se prima non si siano comunicate le attività sportive ed economiche in capitaneria.

Gran parte delle attenzioni in caso di accessi a bordo da parte degli organi verificatori. I quali spesso sono militari della Guardia di Finanza, sono concentrate su due locuzioni per la cessione temporanea della imbarcazione del natante o della nave. “Noleggio e Locazione”.

Le attività assimilabili a locazione e noleggio sono. L’addestramento per i praticanti di immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo. La scuola le esercitazioni e le escursioni in nautica a motore e di vela, lo sci nautico.

Rientrano nelle attività di noleggio anche. Il traino di piccoli gommoni piattaforme galleggianti e giochi d’acqua. Il volo ascensionale, le brevi gite turistiche in mare, lo sci nautico per conto terzi, unità di appoggio anche alle immersioni (diving). Altre di queste attività riguardano. I baby-jet, le brevi gite turistiche in mare, le visite alle bellezze naturali delle coste e in genere tutte quelle micro attività di carattere stagionale. Che si svolgono nelle zone turistiche con l’impiego dei natanti.
Dall’entrata in vigore del codice della nautica. I natanti possono essere impiegati anche come unità di appoggio ai subacquei in immersione a scopo sportivo e ricreativo.

Il Codice della Nautica (D.L. 18 luglio 2005 n.171) ed il Regolamento di attuazione al Codice della Nautica (D.M. 29 luglio 2008 n. 146) disciplinano rispettivamente. I due contratti quello di locazione e quello del noleggio. Nonché la materia della sicurezza della navigazione delle unità da diporto impiegate in attività di noleggio e di quelle utilizzate da supporto per le immersioni.

Per meglio comprendere la normativa a supporto e di riferimento è necessario definire meglio la locazione ed il noleggio.
 
Definizione della Locazione marittima
Si intende per locazione. Il contratto con cui una delle parti si obbliga. In cambio di un corrispettivo a far godere all’altra per un dato periodo di tempo l’unità da diporto. In tal caso l’unità passa in godimento autonomo del conduttore. Che non assumerà la qualifica di armatore, ma solo quella di comandante, il quale esercita con essa la navigazione e ne assume la responsabilità. Sia della unità a lui affidata che dei suoi ospiti trasportati o conviviali.
In tale regime l’unità è condotta con la patente nautica. Se prescritta per il tipo di imbarcazione, e può imbarcare il numero dei passeggeri indicati nella licenza di navigazione della barca stessa.
Il regolamento di attuazione non si occupa della sicurezza delle unità impiegate in attività di locazione. Per cui la materia resta disciplinata dalle regole previste per unità da diporto private e dal codice civile per il medesimo titolo.
 
Definizione di noleggio marittimo (charter)
Si intende per noleggio il contratto con cui una delle parti. Sempre a seguito di un pattuito corrispettivo, si obbliga a mettere a disposizione dell’altra parte. L’unità completa di comandante ed equipaggio, funzionante per un determinato periodo di tempo. Da trascorrere a scopo ricreativo in zone marine o acque interne come pattuite, da fermo o in navigazione, alle condizioni stabilite dallo stesso contratto.
L’unità noleggiata rimane nella disponibilità del noleggiante, alle cui dipendenze resta anche l’equipaggio. Ma non il comandante, il quale potrebbe anche coincidere con l’armatore del natante a noleggio.
Per comandare le unità impiegate nell’attività di noleggio la sola patente nautica non basta infatti, è necessario possedere un’apposita qualifica, di cui al decreto n. 121 del 10 maggio 2005 recante la disciplina dei titoli professionali del diporto, che stabilisce anche i requisiti necessari e le modalità per conseguirli.

Il Regolamento di attuazione al Codice della nautica. Stabilisce che le unità impiegate nell’attività di noleggio non possono imbarcare un numero superiore a 12 passeggeri. Sono sempre esclusi dall’imbarco i bambini di età inferiore ad un anno. L’equipaggio deve essere previsto e comunque ricompreso nel conteggio degli imbarcati.

Qualora tali unità trasportino più di 12 passeggeri. Queste sono considerate navi passeggeri ed assoggettate alle norme di sicurezza previste dalla Direttiva 98/18/CE (recepita in Italia con il D.L. 4 febbraio 2000 n. 45), o dalla Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS – Safety Of Life At Sea) se impiegate in navigazione internazionale.

Le unità da diporto possono essere impiegate anche in attività multiple

Tutte le attività ludiche alle quali si vuol destinare od impiegare l’unità anche simultaneamente, ma devono essere sempre indicate ed elencate sulla licenza di navigazione.

Non è consentito però a chi fa locazione e/o noleggio utilizzare l’unità per altri fini privati di diporto cui sono destinate le unità non commerciali.
Anche i natanti da diporto possono essere utilizzati, in attività di locazione o noleggio, per finalità ricreative connesse al turismo locale.

Norme di Sicurezza della Navigazione per le unità da diporto impiegate in attività di noleggio

Il Regolamento al Codice della Nautica (D.M. 29 luglio 2008 n. 146) disciplina dall’art. 78 all’art. 89 le norme di sicurezza specificatamente per le imbarcazioni e natanti da diporto impiegate in attività da noleggio. Tale decreto rappresenta il primo documento in assoluto che regola in modo organico la sicurezza della navigazione delle unità da diporto impiegate ai fini commerciali.

Il regolamento stabilisce un complesso di regole autonome da quelle sulla disciplina della navigazione da diporto puro (non commerciale). Che garantiscono l’idoneità delle unità impiegate nel noleggio, che in sintesi si possono assimilare a piccole navi passeggeri.

Iter di visita ai fini del certificato di noleggio

Per le unità da diporto impiegate nel charter sono previste tre tipi di visite di sicurezza:
  • Visita iniziale. Prima dell’impiego nell’attività di noleggio. Ad esclusione delle unità immesse per la prima volta in servizio, per le quali il certificato di idoneità è rilasciato sulla base. Della sola documentazione tecnica prevista ai fini dell’iscrizione nei registri;
  • Visita periodica ogni tre anni;
  • Visita occasionale ogni volta che se ne verifica la necessità o anche a richiesta dell’Autorità Marittima. Le visite sopra indicate sono effettuate dagli Organismi Tecnici Notificati e comprendono. Un’ispezione completa allo scafo, all’apparato motore, all’impianto elettrico, alla protezione contro gli incendi e ai mezzi di segnalazione, nonché un’ispezione a secco della carena.

Alle unità riconosciute idonee. Gli organismi tecnici rilasciano una dichiarazione di idoneità, che permette all’ufficio di iscrizione o, se si tratta di natante. All’ufficio del luogo ove lo stesso staziona abitualmente. Di rilasciare il “Certificato di idoneità al noleggio” avente la validità di 3 anni. Che sostituisce il certificato di sicurezza per le unità da diporto non impiegate ai fini commerciali.

Ai fini del rinnovo o della convalida del certificato di idoneità deve essere presentata all’autorità marittima ove si trova l’unità da parte dell’armatore. L’Autorità marittima provvede al rinnovo o convalida sul certificato.

La stessa autorità marittima trasmette poi copia del certificato di idoneità all’ufficio di iscrizione o. Se si tratta di natante, all’ufficio del luogo ove lo stesso staziona abitualmente. Per i natanti il documento deve essere allegato alla copia della domanda di impiego dell’unità nell’attività di noleggio.

Nelle unità da diporto puro o non commerciale. I mezzi di salvataggio e le dotazioni di sicurezza sono dipendenti dalla navigazione svolta ed al numero di persone presenti a bordo. Per le unità da diporto impiegate nel noleggio il regolamento ha stabilito invece. La quantità ed il numero delle dotazioni di sicurezza da tenere a bordo. Indipendentemente dalla traversata effettuata.

Limitazioni per i “charter minori”

Per venire incontro alle esigenze del cosiddetto charter minore. Esistono delle deroghe a quanto sopra scritto in relazione alla navigazione in ambito locale, preventivamente dichiarata dall’armatore, ed in particolare per:
  • navigazione in acque interne/entro 3 miglia dalla costa;
  • navigazione entro 6 miglia dalla costa;
  • navigazione entro 12 miglia dalla costa.

Si tratta dunque di una autolimitazione della navigazione dichiarata dall’armatore all’autorità marittima, che permette di essere esentati dall’imbarco di alcune dotazioni di sicurezza.

In ogni caso. Deve essere cura dell’armatore o proprietario compilare e firmare l’elenco delle dotazioni e mezzi di salvataggio imbarcate, ed allegarlo al certificato di idoneità al noleggio.

Fonti:

Marcatura CE Unità da diporto delegato ANS

Riferimenti normativi: Codice della Nautica (D.L. 18 luglio 2005 n.171) ed il Regolamento di attuazione al Codice della Nautica (D.M. 29 luglio 2008 n. 146)

https://nesw.it/2018/01/31/riforma-codice-nautica-diporto/

 


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Reddito di cittadinanza 2019

Reddito di cittadinanza 2019

La misura introdotta nella Legge di Bilancio 2019, è il sussidio in denaro per coloro che sono residenti in Italia da almeno 10 anni e questo a prescindere dal fatto che abbiano un reddito o meno.

La previsione normativa ha il duplice scopo di rilanciare l’economia con gli sgravi sul costo del lavoro per le imprese che assumono cittadini beneficiari del reddito di cittadinanza.

Il secondo grande obiettivo nel welfare, è quello di livellare il reddito medio della popolazione ad € 9.360,00 annui, per chi non ha immobili.

Il sito che risponde al seguente indirizzo: https://www.redditodicittadinanza.gov.it/ è disponibile per dare tutte le informazioni di supporto ai cittadini.

Sono grandi quindi le aspettative dalla importante innovazione.

Reddito di cittadinanza 2019: cos’è e come funziona

A differenza degli altri ammortizzatori sociali quali la disoccupazione, per i quali la condizione imprescindibile è quella di non avere un lavoro, il reddito di cittadinanza ha a che fare con la soglia di povertà certificata dall’ISEE.

Pertanto, anche chi ha un impiego o è già in pensione ma ha il reddito molto basso sotto i 780 euro mensili può richiedere il Reddito di Cittadinanza.

Ha infatti diritto al reddito di cittadinanza:

  • chi possiede un reddito al di sotto dei 780 mensili ed è da solo in famiglia quindi il nucleo familiare è composto da una sola persona.
  • chi è in una famiglia con un numero di componenti maggiore di uno, in questo caso il reddito di riferimento viene moltiplicato per la scala di equivalenza.
  • avere più di 18 anni quindi essere maggiorenne;
  • essere in possesso della cittadinanza italiana o di paesi dell’Unione Europea o suo familiare titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, o proveniente dai Paesi che hanno sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, o cittadini di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per lunghi periodi;
  • essere residenti in Italia da almeno 10 anni;
  • avere un reddito da lavoro inferiore a quanto previsto dalla soglia di povertà;
  • percepire una pensione al di sotto della soglia di povertà;
  • avere un patrimonio immobiliare, eccezione fatta per la prima casa, che non superi i 30mila euro;
  • non avere depositi in conto correnti, obbligazioni o azioni per un valore superiore ai 6mila euro. La somma é aumenta di 2 mila euro per ogni componente della famiglia, se tra essi vi fosse un disabile l’aumento arriva a 5mila euro.
  • se una famiglia abita in una casa locata, il reddito da cui poter partire, come nucleo familiare per la richiesta del reddito di cittadinanza è di 9.360 euro.

Il reddito comunque secondo l’indicatore ISEE non deve superare i 9.360,00 euro annui.

Che scende ad euro 7.560,00 nel caso di residenza in casa di proprietà.

Come fare domanda

Tra i documenti utili alla compilazione della domanda c’è il proprio ISEE il modello che scade a gennaio di ogni anno, bisogna accertarsi di essere in possesso di un conteggio ISEE valido ed aggiornato.

Le domande possono essere inoltrate, a partire dal 6 marzo 2019:

  • online attraverso il sito dedicato al Reddito di Cittadinanza;
  • tramite gli uffici postali;
  • tramite CAF;
  • tramite gli Studi Professionali dei Dottori Commercialisti che offrono il servizio gratis;
  • tramite gli Studi professionali dei Consulenti del Lavoro che offrono il servizio gratis.

Successivamente l’invio della domanda L’INPS verifica il possesso dei requisiti. Dopo l’accettazione, entro 30 giorni, il beneficiario verrà contattato dai Centri per l’impiego per individuare il percorso di formazione propedeutico al reinserimento lavorativo più congeniale e da attuare attraverso la figura di riferimento di ciascun richiedente del reddito di cittadinanza il tanto discusso Navigator.

Come viene erogato il reddito di cittadinanza

Luigi DI MAIO, ha presentato alla stampa la prima card, ed ha informato che da aprile saranno emesse le prime carte destinate alla distribuzione prepagate delle Poste, la card che abbiamo visto è simile a un bancomat ed è dotata di chip elettronico, già battezzata la Carta RdC.

Sarà utile per pagare bollette, affitti, mutuo e per acquistare beni di prima necessità.

Sarà possibile effettuare prelievi in contante per un massimo di 100,00 euro al mese per singola card, se per un nucleo familiare sarà moltiplicato per la scala di equivalenza.

Le movimentazioni sono disponibili grazie alle piattaforme informatiche dedicate proprio al reddito di cittadinanza del “Sistema informativo unitario dei servizi sociali”.

Entro 30 giorni dal riconoscimento del reddito è necessario spendere il reddito, pena il decurtamento del 20% sull’importo del mese successivo. Ad esempio il reddito di cittadinanza di aprile va speso entro maggio.

C’è anche chi non ha diritto

Oltre a chi non rispetta il mantenimento dei requisiti sopra, non hanno diritto al reddito di cittadinanza:

  • le persone che si trovano in carcere, dal momento di accesso e per tutta la durata della pena;
  • chi è ricoverato in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica;
  • i nuclei familiari in cui tra i componenti c’è una o più persone disoccupate a seguito di dimissioni volontarie nei 12 mesi successivi alla data delle dimissioni, eccezion fatta per le dimissioni per giusta causa.

A quanto ammonta il reddito di cittadinanza

sappiamo che il massimo previsto è di 780,00 euro al mese per chi non ha un lavoro ed è senza reddito.

Chi ha un reddito, invece, ma è comunque al di sotto della soglia di povertà, avrà diritto al reddito di cittadinanza, sino alla soglia dei 780,00 euro previsti.

Va tenuto conto però del nucleo familiare:

  • infatti se la famiglia in realtà è un solo componente: il massimo ottenibile, come integrazione, è pari a 6.000,00 euro l’anno, ossia 500,00 euro al mese, attenzione la quota varia per la pensione di cittadinanza;
  • se invece la famiglia ha più componenti: il massimo ottenibile è di 1.050,00 euro al mese ossia 12.600,00 euro all’anno.

Inoltre c’è una seconda componente del Reddito di Cittadinanza che varia tenendo conto della disponibilità della residenza abituale. Affitto da pagare o mutuo:

  • chi ha un affitto da pagare, può avere una integrazione per il solo canone di locazione che è di 360,00 euro al mese, ossia 3.720,00 euro anni;
  • tale quota si dimezza per chi ha una pensione di cittadinanza;
  • in caso di mutuo, il massimo previsto è di 150.00 euro al mese, ossia 1.800,00 euro all’anno,
  • se il contratto di mutuo o di locazione è a nome di uno dei componenti del nucleo familiare.

La durata

Se si hanno tutti i requisiti si può ottenere il reddito di cittadinanza per un massimo 18 mesi, con possibilità di rinnovo e, in tal caso, con sospensione per un mese.

Il reddito di cittadinanza è legato anche ai patti di inclusione e lavoro, pertanto se i centri per l’impiego, così come vorrebbe il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, saranno rafforzati, nel periodo in cui si ottiene il sussidio, potrebbero arrivare delle offerte di lavoro che possono essere rifiutate al massimo 2 volte.

La prima potrà essere indicata nell’ambito di 100 km la seconda 250 km dalla residenza del beneficiario.

Inoltre, qualsiasi variazione della condizione occupazionale di uno o più componenti della famiglia deve essere comunicata all’INPS entro 30 giorni, altrimenti il beneficio decade.

A buon intenditore

Chiunque presenti dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere oppure ometta informazioni dovute è punito con la reclusione da due a sei anni.

È prevista, la reclusione da uno a tre anni nei casi in cui si ometta la comunicazione all’ente erogatore delle variazioni di reddito o di patrimonio, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio.

In entrambi i casi, è prevista la decadenza dal beneficio con efficacia retroattiva e la restituzione di quanto indebitamente percepito.
Se l’interruzione della fruizione del Reddito di cittadinanza avviene per ragioni diverse dall’applicazione di sanzioni, il beneficio può essere richiesto nuovamente per una durata complessiva non superiore al periodo dei 18 mesi residuo e non goduto.

Nel caso l’interruzione sia motivata dal maggior reddito derivato da una modificata condizione occupazionale e sia decorso almeno un anno nella nuova condizione, l’eventuale successiva richiesta del beneficio equivale a prima richiesta.


Per qualsiasi dubbio o necessità, ricordiamo che la consulenza via internet è totalmente gratuita basta compilare la form che segue, anche per semplici informazioni.


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